La direttiva europea sulla filiera etica è legge: quali obblighi per le imprese italiane

La direttiva Csddd obbliga le aziende a dotarsi di piani di monitoraggio e correzione contro sfruttamento e inquinamento. Sono coinvolte anche le aziende in appalto e subappalto

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 7 Luglio 2024 10:47

Diventa legge la direttiva europea sulla sostenibilità delle filiere. La direttiva Csddd (Corporate sustainability due diligence directive) introduce nuovi obblighi per le aziende in materia di diritti umani e impatto ambientale. I nuovi paletti che vengono fissati a partire da luglio 2026 non verranno applicati a tutte le aziende, ma solo a quelle che rispondono a determinate condizioni.

Cosa impone la direttiva Csddd

La direttiva Csddd (chiamata anche Supply chain act o direttiva Ue 2024/1760 del 13 giugno 2024) è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale europea il 5 luglio 2024. Il testo sarà legge a partire dal ventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione.

Con la Csddd le imprese di ogni settore diventano responsabili per gli impatti negativi (reali o anche solo potenziali) sull’ambiente e sui diritti umani. La responsabilità non riguarda solo la propria attività, ma anche la scelta di fornitori e subfornitori.

Sono coinvolte:

  • le imprese dell’Ue con più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto globale superiore a 450 milioni;
  • i franchising che operano nell’Unione con un fatturato superiore a 80 milioni di euro, di cui almeno 22,5 derivanti da diritti di licenza di euro;
  • le società extra Ue che nel territorio comunitario hanno un fatturato netto di oltre 450 milioni nell’esercizio finanziario indipendentemente dal numero di dipendenti.

Le imprese dovranno introdurre una serie di misure per verificare il proprio operato, così come quello delle società con le quali hanno stipulato appalti, al fine di prevenire, correggere o minimizzare gli impatti negativi.

Tutte le piccole e medie imprese, così come le microimprese, con funzioni di appalto non sono coinvolte direttamente, ma subiranno le scelte dei grandi gruppi.

Le ricadute

La direttiva Ue 2024/1760 potrebbe rappresentare una mannaia per quelle realtà aziendali che operano in subappalto offrendo prezzi stracciati e facendo dumping. Tali società, qualora non rispettassero elevati standard in materia ambientale o nell’ambito dei diritti umani, vedrebbero l’impennata del proprio profilo di rischio. Di conseguenza, le aziende appaltanti sarebbero disincentivate a stringere legami commerciali.

I grandi gruppi dovranno attivarsi per limitare i rischi, puntando unicamente su quei fornitori che garantiscono alti standard di sostenibilità ambientale e sociale, fornendo adeguate certificazioni.

Un esempio concreto: da anni risulta chiaro il coinvolgimento delle aziende del Nord nel disastro ambientale della Terra dei Fuochi. Con l’introduzione della direttiva Csddd, gli imprenditori del Nord risponderanno in prima persona in caso di scelta di intermediari che non rispondono ad elevati standard ambientali.

Ma non solo: come detto, i contratti d’appalto e subappalto dovranno tenere conto del rispetto dei diritti dei lavoratori. Ciò sarà un argine al caporalato. Negli anni le inchieste hanno di tanto in tanto coinvolto anche brand noti come Gs, Ups e Armani.

Cosa cambia per le aziende

Per mettersi in regola con la direttiva Csddd, le aziende dovranno mettere in atto una serie di verifiche. Dovranno comprendere se le loro dimensioni e i loro fatturati le fanno ricadere nel perimetro degli obblighi comunitari e, se sì, formulare un piano di adeguamento alla direttiva Ue.

Quando entrerà in vigore la direttiva Csddd

Entro il 26 luglio 2026, gli Stati dell’Unione dovranno adottare le opportune disposizioni (legislative, regolamentari e amministrative) necessarie per conformarsi alla direttiva. In particolare:

  • dal 26 luglio 2027 dovranno essere in regola la società con più di 5.000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 1.500.000.000 euro;
  • dal 26 luglio 2028 dovranno essere in regola le società con più di 3.000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 900.000.000 euro;
  • dal 26 luglio 2029 dovranno essere in regola le società con più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 450.000.000 euro.