Dazi di Trump al 35%, l’Europa cerca una via di fuga

Trump rilancia lo scontro con Bruxelles mentre l’Europa negozia in bilico e i mercati reagiscono con crescente sfiducia dopo il licenziamenti di Erika McEntarfer

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

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Si parla ancora di dazi in questa estate, dopo il rinvio e il congelamento del primo agosto. Ora gli Stati Uniti tornano all’attacco, con i soliti toni duri ai quali siamo abituati. Donald Trump ha reso infatti noto, nel corso di un’intervista alla CNBC, che se l’Unione Europea non manterrà gli impegni presi nell’ambito dell’intesa commerciale con Washington, scatteranno nuove tariffe doganali. La misura proposta da Trump riguarda un’imposizione del 35% su determinati beni provenienti dal blocco europeo.

Durante l’intervista, alla domanda su come si prevede di garantire il rispetto dell’intesa da parte dell’Unione, Trump ha risposto inizialmente menzionando una somma di 650 miliardi di dollari, successivamente corretta a 600.

Il confronto con l’Ue continua fortunatamente non solo sul piano delle minacce ma anche su quello tecnico, con i negoziatori che lavorano su una bozza avanzata dell’intesa. Bruxelles, consapevole della natura privata di buona parte degli investimenti promessi, rimarca i limiti di una garanzia politica su volumi che, includendo anche l’energia, superano i mille miliardi di euro.

Nelle stesse ore, Trump ha licenziato Erika McEntarfer, responsabile dell’agenzia che elabora i dati sull’occupazione. Il gesto, arrivato subito dopo un report con cifre in calo, ha agitato i mercati.

Industria farmaceutica nel mirino: dazi fino al 250%

L’intenzione di rivedere i rapporti commerciali non si ferma ai soli scambi con l’Europa. Trump ha chiarito di voler applicare tariffe specifiche anche a un settore molto strategico come quello dei medicinali. Ha detto infatti:

Inizialmente applicheremo dazi ridotti sui prodotti farmaceutici, ma tra un anno, un anno e mezzo al massimo, saliranno al 150% e poi al 250% perché vogliamo che i prodotti farmaceutici siano prodotti nel nostro Paese.

Non è un mistero che il presidente Usa voglia riportare la produzione sul territorio statunitense, riducendo la dipendenza dall’estero anche in ambito sanitario.

L’Ue cerca l’accordo con gli Usa, via alle trattative

Nonostante le dichiarazioni dure da parte del presidente americano, l’Ue continua a puntare sulla diplomazia. Maros Sefcovic, incaricato europeo per il Commercio, ha confermato che il confronto con Washington prosegue:

Sono in contatto con il segretario Lutnick e l’ambasciatore Greer mentre lavoriamo per mettere in pratica l’accordo Ue-Usa di luglio, in tutti i suoi elementi.

Il patto transatlantico regge a fatica: cosa non funziona

L’intesa raggiunta tra Bruxelles e Washington è molto labile come possiamo vedere. Trump, come anticipato poc’anzi, ha dichiarato che gli impegni europei da 600 miliardi di dollari servono “per farci quello che vogliamo”, giustificando con questa motivazione la riduzione temporanea delle tariffe al 15%. Ma ha anche lanciato l’avvertimento che, in caso di inadempienza, potrebbero tornare dazi più pesanti, fino al 35% su prodotti europei.

Da parte sua, la Commissione europea ha definito l’attuale soglia del 15% come un meccanismo di garanzia applicabile a tutti i settori sensibili, ma ha chiarito che non accetterà ulteriori pressioni.

Ursula von der Leyen ha indicato quella percentuale come il limite oltre il quale scatteranno contromisure, pronte ma sospese per sei mesi, in attesa della ratifica formale da parte dei Ventisette.

Trump licenzia il capo dell’Ufficio di statistica del lavoro

A gettare benzina sul fuoco, arriva anche il licenziamento da parte di Trump di Erika McEntarfer, alla guida dell’Ufficio di statistica del lavoro, che produce i dati sull’occpuazione. Una mossa arrivata non a caso ma subito dopo un report che segnalava un rallentamento delle assunzioni.

Il presidente ha accusato l’ente di aver diffuso cifre manipolate e di non essere più imparziale. Accuse che hanno fatto scattare l’allarme tra economisti e mercati, già sensibili sul fronte della trasparenza statistica.

Il licenziamento, infatti, ha già avuto un primo effetto: il prezzo dell’oro è salito, segno che molti cercano rifugi più sicuri. Trump ha promesso un nuovo nome alla guida dell’agenzia, ma il timore è che si tratti di una scelta politica e di comodo.