C’è una scadenza che pesa come un macigno sulle spalle di Bialetti Industrie: il 30 aprile 2025, termine ultimo per trovare un accordo con i creditori e nuovi investitori. Nel frattempo, l’azienda simbolo del Made in Italy e produttrice della leggendaria Moka Express cerca di guadagnare tempo e fiducia, prorogando i prestiti obbligazionari e registrando segnali di crescita nei ricavi (+6,1% nei primi nove mesi del 2024).
Ma il tempo stringe e la posta in gioco è alta: salvare non solo un’azienda, ma un pezzo di storia italiana che dal 1933 accompagna il rito quotidiano del caffè per milioni di persone.
Bialetti: il peso del debito e il caffè della resistenza
Bialetti Industrie, simbolo del caffè italiano per eccellenza, non naviga certo in acque tranquille, ma resta salda sulla sua moka. Con un indebitamento finanziario netto di 92,3 milioni di euro al 31 ottobre 2024 di Bialetti Industrie S.p.A (la società capogruppo), l’azienda sta affrontando una complessa ristrutturazione economica senza però compromettere l’operatività. È un a partita tutta da giocare, e il finale non è scritto.
Il report diffuso il 28 novembre è emblematico: i debiti ci sono, ma l’azienda non si ferma. La liquidità della società ammonta a 21,7 milioni di euro, garantendo il funzionamento quotidiano. Per quanto riguarda i debiti scaduti di natura commerciale, 11,9 milioni di euro al 31 ottobre, la situazione appare sotto controllo: nessuna azione giudiziaria pendente, nessuna sospensione delle forniture. Un segnale che i creditori sembrano voler collaborare, forse consapevoli del valore del marchio.
Una ristrutturazione ancora in corso
Dal 2021, Bialetti è impegnata in un Nuovo Accordo di Ristrutturazione, approvato dal Tribunale di Brescia. Questo piano punta a rimettere in sesto i conti e a gestire i prestiti obbligazionari legati a investitori strategici come Sculptor Ristretto Investments e Illimity Bank.
I numeri, pur pesanti, mostrano qualche progresso: rispetto a settembre 2024, l’indebitamento netto è sceso leggermente, segnale di una gestione attenta nel breve termine.
Governance e partecipazioni: chi regge il timone
La famiglia Ranzoni e il suo gruppo di holding restano i principali protagonisti dietro le quinte. Bialetti Holding S.r.l.controlla la maggioranza del capitale, mentre Sculptor Ristretto Investments detiene quasi il 20%. Questa configurazione garantisce una governance stabile e accordi chiave per la continuità dell’azienda.
Il Gruppo Bialetti nel complesso mostra una fotografia più ampia del problema. Con un indebitamento netto di 123,3 milioni di euro, le sfide economiche non mancano, ma la rete di società controllate mantiene viva l’attività. Dalla torrefazione di Coccaglio ai punti vendita sparsi in tutto il mondo, il Gruppo cerca di bilanciare il peso dei debiti con un’operatività che non si è mai fermata.
Storyline della crisi del marchio Bialetti
La crisi di Bialetti Industrie S.p.A., celebre per la Moka Express, ha radici profonde che risalgono alla fine degli anni 2000. Dopo la quotazione in borsa nel 2007, l’azienda ha intrapreso una serie di acquisizioni e investimenti, tra cui l’espansione con negozi monomarca e l’ingresso nel mercato delle capsule di caffè. Tuttavia, la crisi economica globale del 2008 ha colpito duramente il settore dei beni di consumo, causando un calo delle vendite e un aumento dell’indebitamento.
Nel 2015, Bialetti ha ceduto il marchio Girmi per affrontare le difficoltà finanziarie. Nonostante gli sforzi, nel 2018 l’azienda ha registrato una perdita di oltre 15 milioni di euro nel primo semestre, con un indebitamento finanziario netto di 78,2 milioni di euro.
La crescente popolarità delle macchine per caffè a capsule, dominate da grandi multinazionali, ha ulteriormente eroso la quota di mercato di Bialetti. Le strategie di ristrutturazione del debito e i tentativi di rilancio, inclusi nuovi piani industriali e accordi con creditori, non sono stati sufficienti a invertire la tendenza negativa.
Come se non bastasse, la pandemia ha aggravato la situazione, con la chiusura dei punti vendita e interruzioni nella catena di approvvigionamento. Nonostante l’aumento del consumo domestico di caffè, Bialetti ha faticato a capitalizzare su questa tendenza, schiacciata da nuove tecnologie “più comode”, da crisi globali e dalla pandemia.