Cina risponde ai dazi di Trump, tariffe fino al 15% su energia e veicoli

Pechino impone dazi fino al 15% su energia e auto Usa e limita l’export di metalli strategici. Il Dragone non subisce, risponde colpo su colpo

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 4 Febbraio 2025 08:30

Pechino alza la posta nella guerra commerciale, colpendo gli Stati Uniti proprio dove fa più male: energia e industria. Il carbone e il gas naturale liquefatto (Gnl) made in Usa saranno tassati al 15%, mentre petrolio, attrezzature agricole e alcuni modelli di auto subiranno un rincaro del 10%.

La decisione, annunciata dal Ministero delle Finanze cinese, entrerà in vigore il 10 febbraio ed è una risposta mirata alle mosse di Washington. Pechino non solo ribatte colpo su colpo, ma lascia intendere che la sua strategia potrebbe non fermarsi qui.

Stretta sull’export di tungsteno e altri minerali

Pechino blinda il suo arsenale di metalli strategici. Il Ministero del Commercio e l’Amministrazione generale delle dogane cinesi hanno annunciato un giro di vite sulle esportazioni di tungsteno, tellurio, bismuto, molibdeno e indio.

Le nuove restrizioni, operative da subito, non sono solo una questione di sicurezza nazionale, ma un messaggio chiaro a chi dipende dalle forniture cinesi per la tecnologia e la difesa. “Al fine di salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali e di adempiere agli obblighi internazionali come la non proliferazione”, affermano le autorità di Pechino in una nota ufficiale. Il Dragone non intende cedere il controllo delle risorse chiave su cui poggia la corsa globale all’innovazione.

Indagine su Google per presunta violazione delle leggi antitrust

La Cina poi punta il dito contro il colosso di Mountain View, aprendo un’indagine per presunte violazioni delle normative antitrust. “Di fronte ai sospetti che Google abbia violato la legge antitrust della Repubblica popolare cinese, l’Amministrazione statale per la regolamentazione dei mercati ha avviato un’indagine su Google in conformità alla legge“, si legge. Questa mossa non è solo un affondo burocratico, ma un tassello della più ampia partita geopolitica tra Cina e Stati Uniti. Pechino non si limita più a rispondere, ora gioca d’attacco per blindare il suo ecosistema tecnologico e non lasciare campo libero alle big tech americane.

Trump congela i dazi per Messico e Canada

Il nuovo fronte commerciale aperto da Donald Trump ha gettato nel caos mercati e alleati, con una strategia che oscilla tra minacce e aperture improvvise. Alla vigilia dell’entrata in vigore delle nuove tariffe, il presidente degli Stati Uniti ha improvvisamente sospeso i dazi previsti del 25% su Messico e Canada, concedendo una tregua a tempo. Un passo indietro? Tutt’altro: una mossa calcolata, dopo un dialogo serrato con i leader dei due Paesi.

La presidente messicana Claudia Sheinbaum ha accettato di dispiegare 10.000 soldati lungo il confine per frenare migranti e fentanyl, dimostrando quanto la leva commerciale possa diventare uno strumento di pressione geopolitica.

La strategia di Trump su Ue e Cina

Trump è pronto anche a sfoderare l’arma dei dazi contro l’Unione Europea, valutando una tariffa del 10% su tutte le importazioni dal Vecchio Continente, riservando però un trattamento di favore alla Gran Bretagna.

Il tycoon ha rilanciato il dossier sul Canale di Panama, accusando Pechino di avere ormai un controllo occulto sulla rotta strategica. La pressione statunitense ha già sortito un effetto: il presidente panamense José Raúl Mulino, dopo un incontro con il senatore Marco Rubio, ha annunciato che il Paese non rinnoverà l’accordo con la Cina sulla Via della Seta, aprendo invece le porte agli investimenti americani.

La risposta del Canada e il braccio di ferro su Kiev

Il Canada non si limita a incassare i colpi di Washington e risponde con il portafoglio e con le leve geopolitiche. Justin Trudeau (che nel frattempo si è anche dovuto dimettere) ha tirato fuori un pacchetto da 1,3 miliardi di dollari per potenziare i controlli di frontiera e frenare il traffico di fentanyl, ma la partita è molto più ampia.

Ottawa ha messo nel mirino i prodotti degli Stati americani a guida repubblicana, minacciando contromisure economiche, e ha mandato un segnale forte a Elon Musk, cancellando un contratto miliardario con Starlink.

Intanto, Trump alza la posta anche su Kiev: gli Stati Uniti vogliono le terre rare ucraine in cambio del loro sostegno militare. Un baratto geopolitico che lascia intendere quanto la guerra commerciale e le relazioni internazionali siano intrecciate in un gioco di pressioni e ricatti.