Si è discusso molto nei giorni scorsi del progetto del governo di procedere a una differente assegnazione di PagoPA, con il 51% alla Zecca dello Stato e il restante 49% a Poste Italiane. Una linea di condotta che si scontra con quella che è la valutazione dell’Antitrust. In una nota ufficiale si spiega come tale idea vanti delle “criticità concorrenziali”.
Nello specifico la lente d’ingrandimento è posta sulle modalità grazie alle quali l’esecutivo mira a procedere. L’assegnazione del 49% a Poste si concretizzerebbe con un decreto già approvato in Consiglio dei ministri, in Parlamento per la sua conversione in legge. L’Antitrust tuona e pretende “condizioni minimali di trasparenza e non discriminazione a garanzia del mercato”.
Individuare il giusto operatore
Ciò che l’Antitrust chiede al governo di Giorgia Meloni è l’attuazione di un’asta competitiva per la cessione di PagoPA. Non si tratta dell’unica modalità, certo, ma occorre ad ogni modo garantire una forma equa di individuazione dell’operatore più qualificato. È necessario garantire la possibilità di “confronto di più manifestazioni di interesse”.
Naturali e quasi scontate le proteste dinanzi a quella che molti hanno definito una scorciatoia governativa. La procedura paventata fino a oggi è per l’Antitrust “in conflitto con le regole”. Si fa riferimento al necessario rispetto di principi ordinari del sistema, così come all’aderenza a quelli che sono dei principi costituzionali ed euro-unitari.
La stima di PagoPA
Nel decreto citato, il governo intende accertare quello che è il valore effettivo di PagoPA, ottenendo una stima giurata. Anche sotto questo aspetto, però, l’Antitrust intende vederci chiaro. Per quanto la stima giurata non sollevi dubbi di alcun tipo, occorre precisare come la cifra indicata rappresenti poi la base di un’asta aperta. Tutti gli operatori interessati dovranno avere la chance di partecipare.
In nessun caso, dunque, a Poste dovrà essere garantita una via preferenziale e del tutto priva di ostacoli rappresentati da offerte altrui. Che si tratti di Poste, suoi concorrenti diretti o di istituti bancari, l’Antitrust non ha alcunché da dire in merito. Ciò che conta è la garanzia di regole chiare e un processo decisionale a norma.
Vantaggio non replicabile
Si raggiunge poi il grande nodo della vicenda, che ha spinto numerosi operatori a sollevare proteste particolarmente accese. Di fatto PagoPA “gode di un significativo e non replicabile vantaggio rispetto a qualunque altra piattaforma, venisse costituita dai privati”. Ciò perché vanta un ruolo decisivo sul fronte dei pagamenti digitale alle pubbliche amministrazioni.
PagoPA nasce neutrale, sottolinea la nota, con la chiara intenzione di agire come mero tramite per i pagamenti dei cittadini. Cedere il 49% potrebbe però minare questo carattere specifico, dal momento che Poste “opera anche nel mercato a valle, in concorrenza con gli altri soggetti che si avvalgono della piattaforma”.
L’Ad di Poste, Matteo Del Fante, è stato sentito in audizione alla Camera lo scorso 13 marzo. In quest’occasione ha spiegato come non ci sia alcun interesse a minimizzare la portata del circuito. Di fatto ha spiegato come in nessun caso si avvierebbe una sorta di “lotta” tra operatori, al fine di garantirsi vantaggi o esclusive.
“Lavoriamo con le banche da più di 20 anni. Per legge, noi non possiamo fare credito né concedere prestiti. Ma distribuiamo prestiti di istituzioni finanziarie. Quando un nostro cliente vuole un prestito al consumo, analizziamo il caso e lo passiamo alla banca. Abbiamo fatto 48 miliardi di operazioni”.