Indagine su Campari, ipotesi evasione fiscale per oltre 1 miliardo da parte della holding Lagfin

Il leader mondiale delle bevande è finito al centro di un'inchiesta della procura di Milano con l'accusa di aver sottratto all'erario oltre un miliardo di tasse: ipotesi respinta dal gruppo

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Una presunta maxi evasione da oltre un miliardo di euro di tasse a una delle società del gruppo Campari. È l’accusa avanzata dalla procura di Milano nei confronti della finanziaria Lagfin Italian Branch, la filiale italiana della holding lussemburghese attraverso la quale la famiglia Garavoglia controlla il colosso mondiale del settore degli alimentari e delle bevande alcoliche e analcoliche. I pm Enrico Pavone e Bianca Baj Macario, guidati dal procuratore capo Marcello Viola, hanno aperto un fascicolo per omessa dichiarazione dei redditi e omesso versamento delle imposte, nel quale sono iscritti al momento, tra legali rappresentanti e responsabili, due indagati.

L’indagine per evasione fiscale

Secondo quanto appreso da Ansa, il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf ha inviato all’Agenzia delle Entrate gli esiti di una lunga attività di verifica fiscale iniziata nel 2019, per la presunta sottrazione all’erario di circa 1 miliardo di tasse, su una base imponibile di 5 miliardi di euro.

Al centro degli accertamenti sulla holding del gruppo Campari, proprietario dei più importanti marchi di bevande per aperitivi, tra cui Bitter, Aperol e Crodino, che rimane comunque estraneo alle indagini, sono gli anni compresi tra il 2018 e il 2020.

Stando alle contestazioni dei pm, nel 2018 il pacchetto di controllo di Campari sarebbe stato trasferito dall’Italia al Lussemburgo senza pagare la “exit tax“, attraverso un’operazione di fusione transfrontaliera tra Alicros, la precedente holding del gruppo fondato nel 1860, e Lagfin, che controlla il 51,3% delle azioni e il 38,8% dei diritti di voto della olandese Davide Campari Milano NV, alla quale è stata affiancata la filiale italiana, con sede nel capoluogo lombardo, per mantenere una “stabile organizzazione” nel nostro Paese.

Con la trasmissione del “processo verbale di constatazione” a Roma, i legali della società della famiglia Garavoglia avranno 60 giorni di tempo per le loro controdeduzioni, prima del via alle contestazioni con accertamento. In parallelo al fronte tributario, andranno avanti gli accertamenti sul profilo penale che, come già avvenuto in tanti precedenti, terrà conto di un’eventuale transazione con il Fisco.

In seguito alla notizia dell’indagine, nella giornata di mercoledì 26 giugno, il valore in Borsa delle azioni del Gruppo Campari ha perso l’1,08% a 9,3 euro, pari a una capitalizzazione di 11,4 miliardi.

La risposta di Lagfin e del Gruppo Campari

In relazione alle notizie di stampa relative a presunti inadempimenti, Lagfin ha dichiarato “la propria assoluta serenità rispetto a ogni eventuale contestazione, allo stato solo potenziale, in quanto nessun avviso di accertamento è stato emesso e ciò anche in ragione della totale assenza dei presupposti di fatto e di diritto per la sua eventuale emissione”.

Lagfin, prosegue la nota, “ha sempre adempiuto con il massimo scrupolo ai propri obblighi tributari in tutte le giurisdizioni in cui opera e ritiene ogni potenziale rilievo destituito di ogni fondamento”.

“Riteniamo e confidiamo che le nostre inoppugnabili ragioni saranno riconosciute al più presto in tutte le sedi competenti” conclude la holding, mentre il Campari Group ha precisato che “né Davide Campari-Milano N.V. né alcuna delle sue società controllate sono oggetto di indagine da parte delle autorità. Non è di conseguenza previsto alcun impatto per Davide Campari-Milano N.V. né per alcuna delle sue società”.