Bankitalia attesta la timida crescita economica dell’Italia, in linea con il resto dell’Eurozona, e pone l’accento sull’impatto dei dazi Usa in arrivo. Nell’ultimo bollettino economico trimestrale di Palazzo Koch vengono confermati i dati sul Pil diffusi a dicembre, con un +0,5% nel 2024 e un prodotto interno lordo fragile anche nel quarto trimestre dello scorso anno. Il procedere a rilento è dovuto soprattutto alla debolezza sia della manifattura, sia dei servizi, e a un nuovo calo dei consumi. Ma il quadro rischia di essere aggravato dai contraccolpi sulle aziende esportatrici italiane delle politiche protezionistiche degli Stati Uniti a guida Trump.
I numeri di Bankitalia sulla crescita
All’interno del bollettino la Banca d’Italia ha sottolineato più volte l’attuale debolezza dell’attività economia nel nostro Paese, così come nel resto dei Paesi dell’area Euro. Fatica in particolare la manifattura di quella che sembra non essere più la locomotiva del continente, la Germania, e gli esperti dell’Eurosistema rivedono al ribasso le previsioni di crescita nel triennio 2025-27, poco sopra l’1%.
Stabile invece l’inflazione, che si attesterebbe attorno al 2%, come da obiettivi della Bce. Il prezzo dei beni al consumo in Italia, invece, si dovrebbe aggirare attorno all’1,5% nel biennio 2025-26.
Nel quadro fornito dall’Istituto centrale si prevede una ripresa del Pil italiano all’1,1% nel 2026, con un nuovo calo allo 0,9% nel 2027, numeri che potrebbero però risentire dell'”incertezza elevata” dovuta alle incognite dello scenario internazionale e soprattutto dai dazi attesi con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.
I dazi Usa
Proprio gli effetti sulle aziende italiane delle politiche protezionistiche Usa, minacciate dalla nuova amministrazione, preoccupano gli esperti di via Nazionale, dato che “il nostro Paese è significativamente esposto verso gli Stati Uniti, che rappresentano la seconda destinazione, dopo la Germania, delle vendite estere di beni dell’Italia”, per esportazioni raddoppiate nell’ultimo decennio fino a raggiungere nel 2023 l’11% del totale, per un valore di 63 miliardi di euro.
Cifre che permettono all’Italia di avere un surplus rilevante negli scambi di beni con gli Usa, pari al 2% del Pil, a fronte di 20 miliardi di importazioni, posizionando il nostro Paese al terzo posto tra gli avanzi con l’America nell’Eurozona.
Come sottolineato da Bankitalia, l’inasprimento dei dazi “avrebbe effetti significativi sulle aziende italiane che esportano verso il mercato statunitense, soprattutto le piccole e le medie”.
Gli Stati Uniti rappresentano, infatti, la meta di quasi un terzo delle aziende esportatrici italiane, ma se poco più della metà delle vendite è realizzata da grandi imprese, con un’esposizione media pari al 5% del fatturato e al 15% del proprio export, per le pmi il mercato americano costituisce il 27% delle esportazioni per fatturati in media di circa il 7%.
Nel suo intervento all’incontro “Economia e pace: un’alleanza possibile”, organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice a Bologna, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha sottolineato che la priorità a livello globale “deve essere preservare un’economia mondiale aperta agli scambi internazionali”.
Per il numero uno di Palazzo Koch “le attuali tensioni commerciali e geopolitiche sono segnali di un sistema che non è riuscito a rispondere appieno alle aspettative e ai bisogni della popolazione mondiale” nate con l’affermarsi della globalizzazione.