Mercato Unico Europeo: ecco cosa chiedono le imprese

Un framework normativo sovrabbondante genera costi che rendono il mercato meno accessibile. Inefficienze e vuoti normativi ne limitano il potere come acceleratore economico

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Redazione

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A distanza di 30anni dalla sua creazione, se da un lato il Mercato Unico ha convinto all’unanimità la comunità delle grandi imprese dei benefici apportati e, oggi, chiedono all’Europa “più mercato”, dall’altro permane un persistente scollamento fra le PMI e il Mercato Unico di cui colgono maggiormente gli aspetti legati alle complicazioni amministrative e all’aumento dei costi di compliance. Oltre alle differenze di percezione, il Mercato Unico si muove a velocità diverse a seconda del settore. In alcuni settori di primaria importanza per il futuro dell’Europa, come l’energia, i trasporti e il settore finanziario, non esiste ancora un vero Mercato Unico Europeo. D’altro canto, la sovrabbondanza di norme, la tendenza all’avversione al rischio e le difficoltà di attuazione contribuiscono ad aumentare i costi di conformità e a creare barriere. Un nuovo sviluppo del Mercato Unico dovrebbe essere la priorità della prossima Commissione Europea, semplificando il quadro normativo, creando nuove opportunità per finanziare attraverso il mercato i grandi progetti di interesse pubblico europeo, e bilanciando la prevenzione dei rischi con la spinta all’innovazione e la competitività. L’evoluzione del Mercato Unico sarà fondamentale per garantire la sostenibilità dell’economia europea nell’attuale contesto di crisi globali sovrapposte, concorrenza economica e tensioni geopolitiche. Queste le principali evidenze emerse dalla presentazione del rapporto “Il futuro del Mercato Unico Europeo”, avvenuta nel contesto della 35esima edizione del workshop “Lo Scenario dell’Economia e della Finanza” organizzato da The European House – Ambrosetti.

Pur riconoscendo il valore del Mercato Unico per l’integrazione economica europea, persistono disparità tra l’impegno delle grandi imprese e quello delle PMI, facendo emergere la necessità di nuove iniziative per migliorarne l’accessibilità. Il Rapporto identifica due questioni fondamentali che le imprese europee si trovano ad affrontare: gli oneri normativi e amministrativi (tra cui la mancanza di armonizzazione e l’assenza di norme in alcuni settori, nonché la sovrabbondanza di norme spesso avverse al rischio in altri) e la necessità di maggiori investimenti nella produttività dell’Unione Europea per affrontare efficacemente i principali progetti sistemici nonché per migliorare la sicurezza economica regionale e la competitività su scala globale.

Quadro normativo eccessivo e costoso

Il quadro normativo del Mercato Unico esprime una sovrabbondanza di norme, un approccio risk-adverse e un’insufficiente armonizzazione delle norme nazionali. Questa situazione – rileva il rapporto – contribuisce in modo significativo ad aumentare i costi di conformità per le imprese, rendendo l’attività in Europa comparativamente più costosa rispetto ad altri mercati e spesso agendo come barriere che impediscono al mercato unico di realizzare pienamente il suo potenziale. Già all’inizio degli anni 2000, un rapporto della Commissione Europea ha rilevato che le imprese europee spendono circa 600 miliardi di euro all’anno per conformarsi alle normative comunitarie, pari a circa il 4% del PIL dell’UE.  Questi costi normativi, insieme alla complessità di navigare tra le diverse normative nazionali all’interno del mercato, creano un ambiente oneroso per le imprese e scoraggiano gli investimenti soffocando l’innovazione. Per superare queste sfide, la Commissione Europea dovrebbe valutare in che misura il suo approccio normativo è allineato con la politica industriale europea e promuove la competitività, soprattutto nei settori critici per la sicurezza nazionale. La Commissione dovrebbe anche riconsiderare i regolamenti esistenti ed esplorare le opportunità di revisione e miglioramento prima o durante l’introduzione di nuovi regolamenti.

Frammentazione e inefficienze sul mercato dei capitali

La frammentazione delle norme in alcune aree del mercato o la loro inefficiente applicazione pongono ostacoli rilevanti per la crescita economica, il benessere dei consumatori e lo sviluppo sostenibile delle imprese. In questo contesto la sfida principale è data dall’incompleta libertà dei capitali. Sebbene siano stati compiuti progressi sostanziali nell’affrontare alcune questioni strutturali come quelle degli strumenti di prestito e gli elementi fondanti di un’unione bancaria, il mercato manca di una politica fiscale comune che comprenda anche la condivisione dei rischi fiscali per preservare l’integrazione e la stabilità finanziaria ed economica. Senza un certo grado di unione fiscale, bancaria e dei regimi di insolvenza, permarranno rischi esistenziali per l’intero sistema: si tratta di concretizzare processi lunghi che sono tuttavia indispensabili per liberare il pieno potenziale del Mercato Unico.

L’unione bancaria non si vede

L’assenza di un efficiente meccanismo di backstop per il sistema bancario intensifica il rischio di contagio finanziario e di instabilità economica in tutta l’Eurozona e il quadro normativo frammentato impediscono la competitività delle imprese. Si rileva quindi l’urgente necessità di un’unione bancaria per affrontare i rischi sistemici e promuovere l’integrazione e la stabilità finanziaria: i meccanismi (il Single Supervisory Mechanism – SSM – e Single Resolution Mechanism – SRM) istituiti per fronteggiare la sfida bancaria del 2011 hanno avuto un impatto positivo sul mercato. I fattori che impediscono il loro pieno funzionamento sono legati alla riluttanza degli Stati a condividere il rischio finanziario e a preoccupazioni relative alla sovranità nazionale.

Le priorità per il futuro: competitività e sicurezza

L’economia globale sta subendo cambiamenti guidati dall’emergere di nuove tecnologie e dal fatto che gli obiettivi di sostenibilità e di clima stanno diventando di primaria importanza: fattori che condizionano il Mercato Unico e che richiedono investimenti per finanziare i grandi progetti di interesse pubblico per realizzare la transizione digitale e la transizione ecologica. Tuttavia, l’attuale tendenza ad aumentare la spesa per gli aiuti di Stato a livello nazionale crea squilibri ed è problematica per l’esistenza stessa del mercato. Inoltre, l’eccessiva dipendenza del settore creditizio privato dalle banche come strumento finanziario primario ha ridotto la disponibilità di flussi di capitale per quelle imprese a forte crescita che tendono a essere leader nell’innovazione e nella creazione di posti di lavoro. Sebbene i progressi raggiunti, è necessario che la prossima Commissione Europea consideri prioritaria una maggiore integrazione verso altre forme di mercato di capitali, alternative alle banche, come i mercati azionari e obbligazionari, insurance-based lending e asset manager, venture capital e crowdfunding. Le imprese europee sono concordi nel ritenere che l’attuale sistema di finanziamento incentrato sulle banche non consente di mobilitare i capitali esistenti nell’area dell’UE alla velocità e al livello di produttività che le sfide economiche odierne richiedono. In relazione alla protezione e al rafforzamento della competitività europea, molte delle imprese hanno sottolineato il loro sostegno a una riforma dell’Unione doganale e hanno raccomandato di concentrarsi sulla digitalizzazione e sull’armonizzazione dei sistemi tra gli Stati membri. È ritenuto di cruciale importanza, infine, garantire un maggiore coordinamento e interoperabilità a livello europeo su questioni strategiche come gli approvvigionamenti energetico, le supply chain e le infrastrutture.