Il prossimo 24 febbraio sarà trascorso esattamente un anno da quella drammatica notte in cui le forze dell’esercito russo invasero il territorio nazionale ucraino, bombardando la capitale Kiev e prendendo di mira diversi altri centri abitati più o meno popolati. Un attacco perpetrato dopo un’escalation militare e diplomatica durata mesi: un periodo in cui il presidente russo Vladimir Putin aveva consultato a più riprese tutti i più alti funzionari del proprio Paese, sviluppando la convinzione che l’operazione militare speciale (secondo la dizione di Mosca) potesse durare lo spazio di poche settimane, il tempo necessario per costringere Volodymyr Zelensky e il suo popolo a soccombere.
Oggi tutti sappiamo che le cose non sono andate come auspicato dal leader di Mosca. Le sanzioni economiche e commerciali promosse dagli Stati Uniti e dall’Unione europea (con Bruxelles che proprio in questi giorni ha posto le basi per l’approvazione del decimo decreto in materia) hanno messo la Russia in grande difficoltà. Le entrate statali dell’Orso sono crollate, moltissime multinazionali hanno spostato le proprie sedi altrove e decine di magnati e oligarchi hanno assistito impotenti al sequestro dei propri beni in tutto il mondo.
Invio di armi all’Ucraina, gli aiuti militari garantiti dall’Italia a Kiev
Ma le molte criticità con cui è stata portata avanti l’invasione voluta da Putin si sono viste in maniera evidente anche sul piano strettamente militare. In molte aree dell’Ucraina le truppe del Cremlino non sono riuscite a sfondare la resistenza dell’esercito di Kiev, rimediando anche sonore sconfitte e vedendosi costrette alla ritirata, in particolare con l’arrivo dei mesi più freddi dell’anno. Secondo le ultime stime sono decine di migliaia i militari russi morti in guerra, anche se gli esperti temono che il dato possa essere abbondantemente sottostimato.
Se ciò è avvenuto è anche (e soprattutto) grazie all’aiuto della Nato e di tutto il blocco occidentale. L’invio di armi e sistemi di difesa all’Ucraina è stato forse il tema più caldo su cui hanno discusso i governi e le opinioni pubbliche, tanto in Europa quanto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Però, come spesso capita in queste circostanze, i singoli parlamenti nazionali hanno ritenuto di non divulgare i dettagli delle forniture, come accaduto anche in Italia, dove i pacchetti di aiuti varati dall’esecutivo sin dall’inizio del conflitto sono stati coperti dal segreto di Stato.
Satelliti italiani Sky-CosmoMed, quanto costano e come li utilizza l’Ucraina
Quello che sappiamo al momento è che il costo complessivo sostenuto dal nostro Paese è pari ad un miliardo di euro, mentre il fulcro principale delle forniture è costituito dal sistema di sorveglianza denominato Sky-CosmoMed. Si tratta di una classe di satelliti prodotti in Italia che utilizzano i radar per monitorare ogni chilometro del territorio ucraino, in particolare quello a ridosso del confine con la Russia. Grazie alle loro operazioni durante gli scorsi mesi, l’apparato di difesa ucraino ha potuto non solo controllare gli spostamenti degli avversari (adottando le rispettive contromisure), ma anche prendere informazioni dettagliate sui loro dispositivi schierati in campo.
I satelliti Sky-CosmoMed, realizzati dalla multinazionale Thales Alenia Space (che vede al suo interno una quota significativa del 33% intestata alla nostra azienda statale Leonardo), sono gestiti dall’Agenzia spaziale italiana in collaborazione con il ministero della Difesa. Prima dello scoppio della guerra erano già stati venduti dallo Stato italiano a decine di Paesi esteri che li hanno utilizzato per incamerare dati ed effettuare rilevazioni di carattere climatico e ambientale. La loro capacità di “bucare le nuvole” non è nuova ed è stata utilizzata anche da Mosca (con l’ausilio della Cina) per individuare gli obiettivi degli attacchi e dei bombardamenti.