Russia, chi sono i “riservisti” di Putin e quanto guadagnano

Con la mobilitazione parziale annunciata dal Cremlino, la guerra ha fatto irruzione nella vita dei cittadini russi. I primi a essere chiamati potrebbero essere soldati e comandanti sotto i 35 anni

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Travolto dalla controffensiva ucraina e pressato dal “partito della guerra” in patria, l’esercito russo sta vivendo forse il suo momento di maggior difficoltà dai primi giorni dell’invasione. Le ingenti perdite subite, l’uccisione dei generali, il grande numero di disertori e il disperato bisogno di nuovi soldati da mandare al fronte (ne abbiamo parlato qui) hanno spinto Vladimir Putin a decidere per la mobilitazione parziale (di cui abbiamo parlato invece qui).

Con questa mossa, il presidente russo richiama alle armi i cosiddetti “riservisti”, che possono essere coinvolti in tutte le attività militari operative e di combattimento (riserva attiva). Parliamo di 300mila cittadini russi, chiamati a difendere le sorti di un’operazione militare speciale lanciata il 24 febbraio e che finora non è andata come previsto.

Chi sono i riservisti russi

I primi a imbracciare di nuovo il fucile potrebbero essere soldati e comandanti sotto i 35 anni e sottufficiali e ufficiali sotto i 45. Parliamo, dunque, di gente che ha già avuto esperienze militari. La mobilitazione, ha spiegato Putin, significa che i cittadini che sono attualmente nella riserva possono essere convocati e quelli con esperienza militare sarebbero soggetti alla coscrizione. Questi individui verranno sottoposti a “un addestramento militare aggiuntivo, tenendo conto dell’esperienza maturata finora sul campo”.

I riservisti interessati dal decreto “non sono persone che non hanno mai sentito parlare dell’esercito. Parliamo di persone che hanno prestato servizio e che hanno avuto esperienza militare”, ha sottolineato il ministro della Difesa Sergei Shoigu. Gli uomini coinvolti nella mobilitazione parziale verranno addestrati da ufficiali con esperienza di combattimento in operazioni militari speciali in territorio russo, prima di essere inviati nelle regioni ucraine occupate (o “liberate”, se si adotta l’ottica di Mosca). La decisione di mobilitare esattamente 300mila riservisti è stata calcolata “per il periodo di completamento degli obiettivi che verranno fissati”.

Nel decreto non sono tuttavia specificati i parametri di scelta “parziale” né coordinate geografiche. Come osserva Ekaterina Schulmann, politologa russa, stando al testo “chiunque può essere arruolato, ad eccezione dei lavoratori del complesso militare-industriale”. E in molti temono che a pagare il prezzo più alto saranno le minoranze etniche e gli abitanti delle regioni più remote del Paese. “Non è una mobilitazione parziale, è una mobilitazione al 100%”, afferma invece Alexandra Garmazhapova, presidente della Free Buryatia Foundation. Secondo l’organizzazione, a 24 ore dall’annuncio di Putin, nella regione centro-meridionale della Siberia sono state consegnate più di tremila povestka (cartoline di reclutamento).

Cos’è la mobilitazione parziale

Era dalla Seconda Guerra Mondiale che una grande potenza non richiamava in massa i propri cittadini al fronte (gas, petrolio, grano, armi: quanto valgono gli assi nella manica di Putin). Segno dei tempi, resi ancor più preoccupanti da precedenti terribili in terra russa come la mobilitazione parziale presto trasformata in “generale” dallo zar Nicola II nel 1914 contro l’Austria-Ungheria. La decisione del Cremlino tradisce un’urgenza e un malcontento crescente sul fronte interno nei confronti dell’operato del presidente, incluso il cosiddetto “partito della guerra”.

La mobilitazione parziale disposta tramite decreto del Cremlino riguarda poco più dell’1% della risorsa totale di mobilitazione (25 milioni). La mobilitazione parziale si differenzia di molto da quella generale, che invece interesserebbe la totalità degli uomini in età militare, fra i 18 e i 65 anni, che di colpo diventerebbero arruolabili per combattere in terra ucraina. Questa via è stata invece percorsa dall’Ucraina, che già il giorno dopo l’invasione (il 25 febbraio) aveva emanato un decreto per la mobilitazione generale: tutti i cittadini in età da combattimento, tra i 18 e i 60 anni, non potevano più lasciare il Paese e dovevano mettersi a disposizione per combattere.

A quanto ammonta la “paga” dei riservisti

Secondo quanto riporta l’agenzia Tass, ai riservisti verranno erogati 50mila rubli (circa 830 euro) extra mensili. A stabilirlo è un decreto del sindaco di Mosca, Sergei Sobjanin. In caso di ferite gravi, verrà pagato un milione di rubli, mentre in caso di morte le famiglie riceveranno un risarcimento da tre milioni di rubli.

Come cambia la guerra

Secondo la maggior parte degli osservatori, nonostante la propaganda del Cremlino, la mobilitazione non dovrebbe avere ripercussioni immediate sul conflitto in Ucraina per una serie di problemi logistici, di reclutamento e addestramento da risolvere prima di poter usufruire dei nuovi effettivi.

La Russia è inoltre invischiata con le sempre più vibranti proteste contro la decisione di Putin, che ha già portato a migliaia di arresti (la Russia si ribella a Putin: cosa succede e cosa rischiamo). Arresti che, in molti casi, hanno offerto al Cremlino un altro piccolo bacino di arruolamento: diversi giovani che manifestavano nelle piazze russe sarebbero finiti direttamente all’ufficio reclutamento. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, non ha smentito, sottolineando anzi che ciò “non è contro la legge”.

La struttura dell’esercito russo

L’esercito russo presenta una struttura ibrida, che combina un tradizionale sistema di reclutamento di quadri e riserva e un sistema professionale a contratto. Nonostante diverse riforme per inquadrare professionalmente gli effettivi, le Forze armate russe restano dipendenti dai coscritti, sia per la sua forza in servizio attivo sia per le forze di riserva in caso di mobilitazione generale. La maggior parte delle unità combattenti deve essere rimpinguata da coscritti o riservisti mobilitati per essere impiegati sul campo. I soldati a contratto sono invece concentrati nei quadri e nelle unità d’élite, in particolare in quelle aviotrasportate.

Le riserve delle Forze armate russe sono mantenute con un numero limitato di regolari e coscritti, con l’aspettativa che sarebbero stati equipaggiati con riservisti in caso di mobilitazione. Mosca ha già utilizzato molte unità dei quadri e delle riserve in Ucraina, subendo però pesanti perdite.

Nel dettaglio, l’esercito russo prevede reclutamento a cadenza semestrale, con la leva autunnale che va dal 1° ottobre al 31 dicembre e la leva primaverile che va dal 1° aprile al 15 luglio. I coscritti russi restano in servizio solitamente un anno, con un bacino annuale di coscrizione di tutti gli uomini russi in età militare che sfiora 1,2 milioni di persone, anche se solo circa la metà è obbligata a presentarsi al commissariato militare locale (voenkomat).

I nuovi coscritti ricevono un addestramento di base da uno a due mesi, seguito da tre a sei mesi di addestramento avanzato prima di essere dislocati nelle unità assegnate. La legge russa vieta ai coscritti di schierarsi in combattimento con meno di quattro mesi di addestramento.

La grande riforma militare di Putin

Nel 2008 Putin ha dato vita a una riforma militare, la “Novyj Oblik” (“New Look”), definita da molti esperti come “la più grande dell’ultimo secolo”. L’esercito russo subisce una profonda trasformazione per rispondere nella maniera più rapida alle minacce che Putin avverte come “imminenti”: snellisce la catena di comando (saltando divisione e reggimento e passando da 4 a 3: distretto militare, armata, brigata) e i distretti militari (passati da 6 a 4: centrale, meridionale, occidentale e orientale). Taglia unità ed effettivi (-90% per le unità di terra, passate da 1.890 a 172) e riduce drasticamente il numero di ufficiali, dai generali (-21%) ai maggiori (-75%) con l’unica eccezione dei tenenti, che invece sono aumentati da 50mila a 60mila. Ma, soprattutto, rivoluziona l’addestramento dei soldati. Meno uomini imparano meglio e sono meglio equipaggiati.

Non è solo una questione di sostenibilità economica: la precedente mobilitazione di massa dedicava meno attenzioni al singolo soldato, che così non stava al passo con i tempi e non era in grado di usare armamenti sempre più avanzati. E per imparare non c’è modo migliore che scendere sul campo di battaglia. Da qui le numerose e nefaste esercitazioni e operazioni militari speciali che hanno destabilizzato il mondo e rivelato al mondo una verità spesso sottovalutata: i soldati russi sono soldati e basta.