Mentre scriviamo i carri armati russi si stanno avvicinando alle porte di Kiev. All’alba di questa mattina sono suonate le sirene degli allarmi antiaerei nella capitale e anche a Leopoli, nell’ovest dell’Ucraina. La capitale è stata colpita da un attacco con missili cruise o balistici, ha detto il consigliere del ministero dell’Interno Anton Gerashchenko. Già decine i feriti e le vittime, anche civili: diversi i medici che hanno perso la vita.
Kiev è stata colpita da “un orribile attacco missilistico“, ha denunciato in un tweet il ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba: “L’ultima volta che la nostra capitale ha sperimentato qualcosa del genere è stato nel 1941, quando è stata attaccata dalla Germania nazista. L’Ucraina sconfisse il male e lo sconfiggeremo anche questa volta. Fermare Putin. Isolare la Russia, tagliare tutti i rapporti”.
Rischiamo la Terza Guerra Mondiale?
La memoria non può non tornare a quella guerra, e lo scenario più terribile, quello di una Terza Guerra Mondiale, non è più da escludere, anche se sembra rimanere l’extrema ratio che nessuno vuole davvero. L’escalation di terrore, misto a una strategia lucida e ferma, indica che Putin è disposto, ancora una volta, a portare il mondo sull’orlo di una crisi geopolitica spaventosa. Ottenere la sua vittoria lampo, politica ed economica, simbolica e materiale, per poi, probabilmente, dire stop.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, come sappiamo i Paesi dell’Europa orientale, tra cui Estonia, Polonia e Repubblica Ceca, si sono allontanati dalla sfera di influenza russa e si sono uniti alla NATO. La forza della NATO è che un attacco a uno qualunque dei Paesi membri equivale a un attacco a tutta l’Alleanza atlantica: e questo a Putin dà alla testa.
Mentre l’influenza della NATO si diffondeva in tutta l’Europa orientale, la Russia si trovava in una posizione geopolitica sempre più precaria. “Ci avevate promesso negli anni ’90 che la NATO non si sarebbe spostata di un centimetro a est. Ci avete ingannato spudoratamente” ha detto Putin (delle cause della crisi e dei possibili scenari abbiamo parlato qui).
Dopo aver sopportato per così tanto tempo questa “provocazione”, ora vuole che la NATO faccia un passo indietro: rimuovere i missili e i sistemi di difesa di stanza nei Paesi dell’Europa orientale e fermare l’espansione. In particolare, non può concepire che un Paese confinante come l’Ucraina entri nell’Alleanza. La NATO nel frattempo non vuole cedere a queste richieste, facendo leva sul fatto che ogni Paese sovrano ha il diritto di decidere il proprio destino.
Cosa sta facendo l’Occidente
I leader occidentali hanno condannato le azioni di Putin, hanno già avviato le prime sanzioni, ma non sono disposti a inviare truppe per combattere a fianco dell’Ucraina. Proprio il presidente ucraino Zelensky, che si è definito “obiettivo numero uno, la mia famiglia secondo” degli attacchi russi, ha lamentato di essere stato “lasciato solo”. “Chi è pronto a combattere con noi? Io non vedo nessuno”, ha detto in un video diffuso questa notte. “Chi è pronto a dare all’Ucraina la garanzia di un’adesione alla Nato? Tutti hanno paura”.
“Difendiamo la nostra libertà, la nostra terra. Abbiamo bisogno di assistenza internazionale concreta”, ha scritto su Twitter, aggiungendo di averne parlato con il presidente polacco Andrzej Duda e avanzando una richiesta ai “Nove di Bucarest” per aiuti alla difesa, sanzioni e pressioni sull’aggressore. “Insieme – conclude – dobbiamo mettere la Russia a tavolo dei negoziati. Abbiamo bisogno di una coalizione contro la guerra”. Poi, in un nuovo messaggio video, si è rivolto ancora agli alleati, Usa per primi. “Questa mattina stiamo difendendo da soli il nostro Paese. Proprio come ieri, il Paese più potente al mondo guardava da lontano”.
Intanto, il presidente ucraino ha firmato un nuovo ordine di mobilitazione generale “per la difesa dello Stato”, in cui si afferma che “è vietato ai cittadini maschi tra i 16 ed i 60 anni di uscire dai confini dell’Ucraina“, misura che rimarrà in vigore per il periodo in cui sarà vigente la legge marziale.
Quanto sono costate le ultime guerre
Molti analisti ritengono che Putin possa aver posto le basi per un’invasione su vasta scala dell’Ucraina orientale. Potrebbe anche scegliere di invadere l’intero Paese, ma considerando i costi umani ed economici coinvolti, questa opzione al momento sembra meno probabile. Una guerra ha dei costi sovrumani, sotto molti punti di vista.
Limitandoci all’aspetto economico, per fare un esempio recente, la guerra al terrorismo degli Stati Uniti ha impegnato quasi 6 trilioni di dollari dall’11 settembre. In questa cifra rientra tutto il denaro speso per mobilitare risorse in Iraq, Siria, Afghanistan e tutti gli obblighi derivanti da questi sforzi bellici, compresi i costi per gli interessi sul denaro preso in prestito e l’assistenza postbellica ai veterani.
La guerra in Iraq è costata più di 3 trilioni di dollari, quella in Afghanistan 2,3. La guerra in Ucraina ci costerà molto meno perché è improbabile che verranno impegnate truppe.
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Gli effetti della guerra sull’economia mondiale
Ma un giorno dopo appena l’inizio del conflitto, i futures sul petrolio si sono già pericolosamente avvicinati ai 100 dollari al barile, dato più alto dal 2014, e si prevede che saliranno a 125 o 150.
I prezzi del petrolio erano già aumentati nell’ultimo anno, dopo essere crollati durante i primi mesi della pandemia. Spesso negli ambienti finanziari internazionale si dice che la Russia si avvicini allo scontro armato quando il Brent diventa troppo costoso. I prezzi del petrolio stavano aumentando alla fine del 2013 prima che la Russia invadesse la Crimea nel marzo 2014, e stavano impazzendo prima che la Russia invadesse la Georgia nell’agosto 2008. Anche l’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979, sarebbe coincisa con la crisi energetica.
Ma attenzione: va detto però che l’economia russa era già in declino prima di questi interventi. Il Paese ha vissuto una Grande Recessione molto peggiore dell’Unione Europea e una ripresa più traballante. Ma tutto sommato adesso non va male: nel 2021 la crescita del Pil ha sfiorato il 4,7%.
Gli effetti della guerra per la Russia di Putin
I costi di una guerra per Putin potrebbero essere insostenibili, soprattutto sul lungo periodo. E poi la stessa Russia dovrebbe fare i conti con le sanzioni. Restrizioni finanziarie imposte a Mosca e a tutti coloro che operano fuori dalla Russia, come sta già avvenendo in queste ore.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti potrebbero imporre nuove pesanti restrizioni alla capacità della Russia di ottenere prestiti dagli investitori in Europa. Senza denaro preso in prestito, diventerebbe estremamente difficile condurre una prolungata campagna militare.
Come già ha fatto Londra con Abramovich e altri oligarchi, l’Europa tutta e anche gli Stati Uniti potrebbero bandire i principali uomini d’affari russi dai propri Paesi, congelando le loro risorse e prendendo di mira le attività in Russia, rendendo loro impossibile portare avanti operazioni in tutto il mondo.
Gli effetti della guerra per l’Europa e gli Usa
Per quanto riguarda l’Occidente, il grande problema è il gas. Ma non c’è solo questo. I danni collaterali nell’Unione Europea e negli Stati Uniti potrebbero essere devastanti.
La Germania ha sospeso l’approvazione per la messa in funzione del Nord Stream 2, il più grande gasdotto del mondo che scorre sotto il Mar Baltico e che dovrebbe trasportare gas naturale dalla Russia alla Germania (ne abbiamo parlato qui). Gazprom ha investito circa 5 miliardi di euro e i colossi del petrolio e del gas, come Shell ed ENGIE, hanno fatto il resto. Se Berlino non dà l’ok, l’Europa dovrà rifornirsi di gas altrove, il che probabilmente farà aumentare ancora i prezzi del petrolio, per tutti.
Poi c’è il petrolio. Un improvviso aumento dei prezzi del petrolio potrebbe interessare più settori. I prezzi potrebbero salire e l’inflazione potrebbe subire una nuova brusca accelerata, non solo in Russia, negli Stati Uniti e nell’Ue, ma ovunque (qui il ruolo dell’Italia nella guerra dopo il discorso di Draghi).
Mentre i mercati finanziari sono già impazziti, uno degli effetti più immediati è il rialzo dei prezzi della benzina, il cui costo medio annuale negli ultimi vent’anni il prezzo è aumentato in rapporto ad oggi di quasi il 60%. L’ulteriore aumento rilevato nelle ultime settimane ha portato il costo del carburante sopra quello degli anni della crisi del debito, quando aveva raggiunto i 1786,61 euro ogni 1000 litri. E ora è destinato a salire ancora (degli aumenti della benzina abbiamo parlato approfonditamente qui).
Alcuni analisti ricordano ad esempio le sanzioni imposte dagli Usa nel 2018 a Rusal, gigante russo dell’alluminio. Dopo solo pochi mesi, il governo americano è stato costretto a revocarle a causa delle inaspettate ricadute sul mercato dell’alluminio. Le sanzioni statunitensi nei confronti di Rusal hanno creato gravi disagi per le aziende dei settori dei trasporti, delle costruzioni e dell’imballaggio. La conseguente corsa all’alluminio ha visto i prezzi aumentare del 30% in pochi giorni.
Il parallelismo con la situazione di oggi è d’obbligo. E non possiamo non pensare ai rincari su pasta e pane (ne abbiamo parlato qui). Qui trovate ulteriori info sui rapporti commerciali tra Russia e Unione europea, per capire quanto davvero dipendiamo gli uni dagli altri.