La Corte dei Conti ha reso note le motivazioni per le quali il Ponte sullo Stretto è stato bocciato. Secondo i giudici, questo viola due direttive europee, una sugli habitat naturali e l’altra in materia di appalti. In aggiunta, manca il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti sul piano tariffario. La bocciatura era arrivata lo scorso 29 ottobre, segnalando punti critici generici, e si è dovuto attendere fino al 27 novembre per la pubblicazione delle motivazioni.
Il ministero delle Infrastrutture ha preso atto delle motivazioni della Corte dei Conti e fa sapere che tecnici e giuristi sono al lavoro per superare tutti i rilievi, dando all’Italia un ponte “unico al mondo per sicurezza, sostenibilità, modernità e utilità”.
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Stop al ponte sullo Stretto della Corte dei Conti
Sono state depositate e pubblicate le motivazioni del no al Ponte sullo Stretto. Si tratta di 33 pagine, consegnate giovedì 27 novembre, dalle quali emergono una valutazione ambientale negativa della procedura Iropi e la violazione di un articolo in materia di appalti.
Le motivazioni ambientali
Nel dettaglio, l’aspetto della violazione della direttiva Habitat riguarda lo strumento utilizzato dal Governo per superare il parere negativo sulla valutazione della Commissione tecnica VIA-VAS. Questa, nel 2024, aveva rilevato criticità per tre siti Natura 2000. Il governo aveva infatti deciso di ricorrere alla procedura Iropi (Imperative Reasons of Overriding Public Interest).
Questo strumento permette di superare le valutazioni ambientali negative, se ci sono imperativi e motivazioni di rilevante interesse pubblico che giustificano un progetto. Per la Corte, l’uso della deroga non è motivato né accompagnato da un’istruttoria tecnica conforme ai criteri europei. La relazione Iropi, approvata dal Consiglio dei Ministri il 9 aprile 2025, sarebbe priva di firma, data e una valutazione autonoma da parte delle amministrazioni competenti. Per esempio, non dimostra l’assenza di soluzioni alternative, che la direttiva Habitat impone di analizzare “alla luce degli effetti sugli habitat e sulle specie”.
Viene contestato anche il far rientrare il ponte nello strumento di deroga per “motivi imperativi di interesse pubblico”. Il governo infatti ha fondato le sue motivazioni sulle ricadute economiche del ponte, sull’aumento dell’accessibilità e sull’integrazione territoriale fra Calabria e Sicilia, ma per l’Unione Europea queste motivazioni non consentono il superamento dei limiti ambientali.
Per “motivi imperativi di interesse pubblico” si intendono salute pubblica, sicurezza o impatti ambientali di primaria importanza, e queste ragioni non sono state dimostrate. Bruxelles aveva chiesto chiarimenti, ma il ministero dell’Ambiente, amministrazione competente che doveva rispondere, non ha fornito una risposta adeguata. Così la motivazione ufficiale è: “Non risulta coerente con il riparto delle competenze e con i criteri stringenti della direttiva”.
Violazione in materia di appalti
La seconda riguarda i contratti affidati negli anni 2000 e messi in liquidazione. Il decreto-legge 35 del 2023 riattivava la concessione e il ripristino degli accordi con i soggetti aggiudicatari per la progettazione, l’esecuzione e la realizzazione dell’opera. Per la Corte, però, questa operazione non rispetta l’articolo 72 della direttiva Appalti, che consente modifiche contrattuali senza una gara solo in casi circoscritti, come quando tali modifiche non avrebbero potuto attrarre nuovi concorrenti.
Nel caso del ponte sullo Stretto, però, è diverso, perché l’opera non è più finanziata come previsto nel 2003-2006, con la partecipazione di soggetti privati, ma interamente con fondi pubblici, come stabilito dalle leggi di bilancio 2024 e 2025, e che continueremo a pagare per i prossimi 30 anni. Questo rende obbligatoria una nuova procedura competitiva.
C’è anche la questione dell’aumento del costo. Secondo la Corte dei Conti non esiste un’analisi che dimostri come gli aumenti siano dovuti a inflazione o a revisioni tecniche. Per questo l’operazione è ritenuta incompatibile con il diritto Ue.
Il piano tariffario
C’è anche un terzo punto critico, ed è quello del piano tariffario. La delibera Cipess ha escluso la possibilità di acquisire il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Il motivo sarebbe che il ponte è assimilabile a una strada extraurbana di categoria B, quindi fuori dalle competenze dell’Autorità. Ma la Corte dei Conti non concorda e ricorda che l’articolo 37 del decreto 201 del 2011 attribuisce all’Autorità un ruolo trasversale nella definizione dei criteri tariffari su tutte le infrastrutture soggette a pedaggio, al di là della classificazione stradale.
Secondo i giudici, escludendo l’Autorità, l’istruttoria del piano risulta indebolita. Inoltre, le tariffe sono provvisorie e costruite su stime di traffico non consolidate.
La risposta del Governo
Il ministero dei Trasporti fa sapere di aver preso atto delle motivazioni della Corte dei Conti e di voler proseguire l’iter per la realizzazione del ponte. In una nota si legge:
Tecnici e giuristi sono già al lavoro per superare tutti i rilievi e dare finalmente all’Italia un ponte unico al mondo per sicurezza, sostenibilità, modernità e utilità.
Da Palazzo Chigi arriva la volontà di approfondire le motivazioni con le amministrazioni coinvolte. Il Governo è infatti convinto che si tratti di profili con un ampio margine di chiarimento davanti alla stessa Corte, in un confronto che, come si legge, si intende essere
costruttivo e teso a garantire all’Italia un’infrastruttura strategica attesa da decenni.
Anche l’amministratore delegato della società Stretto di Messina S.p.A., Pietro Ciucci, ha risposto in merito alle motivazioni pubblicate dalla Corte dei Conti e si dice:
fiducioso di poter individuare le opportune iniziative conseguenti alle motivazioni della Corte dei Conti, anche sulla scorta dell’impegno profuso per riavviare la realizzazione del ponte secondo le modalità previste dalla legge speciale approvata dal Parlamento, che ha altresì definito l’opera strategica e di preminente interesse nazionale.