La Sicilia corre ai ripari contro la siccità. A Palazzo Chigi è stato approvato il piano che prevede la costruzione di tre dissalatori mobili e un nuovo impianto fisso a Porto Empedocle. Il problema però coinvolge anche la Sardegna: l’allarme scattato anche nel nord-ovest dell’isola mette a rischio la prossima stagione irrigua agricola e il futuro di centinaia di aziende.
Il Piano contro la siccità in Sicilia
La Sicilia si prepara dunque ad affrontare il problema della siccità. Approvato a Palazzo Chigi il nuovo Piano dissalatori. È stato predisposto dal commissario nazionale Nicola Dell’Acqua, al termine di un lungo confronto con l’amministrazione regionale guidata da Renato Schifani e con la società Siciliacque. Prevede tre dissalatori mobili entro giugno 2025 e, nel medio periodo, un nuovo impianto fisso a Porto Empedocle.
I tre impianti saranno installati a Gela, Trapani e Porto Empedocle. Saranno in grado di produrre fino a 100 litri d’acqua al secondo ciascuno. A Porto Empedocle sono state siglate intese con la centrale termoelettrica Enel Green Power, garantendo un apporto immediato di 7 litri al secondo. L’investimento servirà a recuperare fino a 1.000 litri/secondo e costerà 50 milioni di euro, finanziati interamente dalla Regione.
Parallelamente, nei pressi di Porto Empedocle, si procederà alla realizzazione di un impianto fisso di desalinizzazione con tecnologia a osmosi inversa. Qui insisterà il desalinizzatore mobile, con una capacità da 2-300 litri per secondo, fino a 400. Per questo tipo di impianto serviranno almeno 15 mesi.
Cosa succede in Sardegna
Anche la Sardegna vive un’emergenza siccità. Inizialmente concentrata nelle aree di Baronia, Medio Campidano e Chilivani-Ozieri, si estende ora anche al Nord Ovest dell’isola. Il Consorzio di bonifica della Nurra, in collaborazione con le associazioni di categoria, ha lanciato un appello agli agricoltori, invitandoli a valutare attentamente ogni investimento in assenza di certezze sulla disponibilità idrica.
In pericolo ci sarebbero centinaia di aziende agricole: “Se anche dovesse piovere, le condotte non potrebbero garantire contestualmente l’approvvigionamento del potabilizzatore e dei campi perché, a causa dei lavori, in questo momento sono le stesse”, ha spiegato Gavino Zirattu, presidente di Anbi Sardegna.
La scarsità d’acqua nei bacini Temo e Cuga, che trattengono rispettivamente il 17% ed il 31% della capacità, rappresenta una grave minaccia per l’agricoltura sarda. Per via dei lavori in corso sugli acquedotti Coghinas 1 e Coghinas 2, i bacini sono costretti a dirottare l’acqua verso il potabilizzatore di Truncu Reale. La conseguente chiusura della diga da parte della Regione ha reso impossibile programmare la stagione irrigua 2025.
“È sempre più urgente mettere in campo politiche di adattamento. È necessaria la manutenzione del territorio, dei canali, dei reticoli secondari, delle zone montane, per evitare che quando l’acqua cada faccia danno”, osserva Massimo Gargano, direttore generale di Anbi.
“È necessaria l’infrastrutturazione: raccogliamo l’11% dell’acqua che cade, va portata a 50% stoccandola in vasche di laminazione, in invasi – abbiamo presentato il piano per farne 10mila a terra entro il 2030. È necessaria l’innovazione, con gli agricoltori stiamo facendo esperimenti di digitalizzazione, e cultura: l’emergenza alla fine costa di più della prevenzione”.
A tutto ciò si aggiunge il problema legato alle acque reflue dal moderno depuratore di Sassari. Nonostante i lavori di ammodernamento siano stati conclusi nel 2015, manca un piano di gestione che ne valorizzi la capacità produttiva, stimata in almeno 500 litri al secondo.