Inchiesta Liguria, ora Toti chiede ai Pm di essere interrogato: “Voglio chiarire”

Giovanni Toti si trova ancora agli arresti domiciliari, e dopo aver esercitato la facoltà di non rispondere, chiede di essere ascoltato. Ma i Pm ora si prendono tempo per esaminare tutte le carte

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, è attualmente agli arresti domiciliari dallo scorso 7 maggio con l’accusa di corruzione. La Procura di Genova sostiene che Toti abbia accettato e ricevuto poco più di 74mila euro dagli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli, come finanziamenti al suo Comitato, in cambio di favori per il Gruppo Spinelli, operante nel settore della logistica portuale.

Dopo aver esercitato il diritto di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari (Gip) nella sua residenza di Ameglia, in provincia di La Spezia, Toti è in attesa di essere convocato dai pubblici ministeri genovesi. Il presidente della Liguria intende chiarire la sua posizione e replicare alle accuse mosse dagli Spinelli.

L’inchiesta sulla presunta corruzione che coinvolge il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti si estende per novemila pagine e conta al momento 35 indagati.

La strategia difensiva di Toti

Negli ultimi giorni, l’avvocato difensore di Giovanni Toti, Stefano Savi, si reca ogni mattina al nono piano del Palazzo di Giustizia di Genova, nel tentativo di fissare un interrogatorio per il suo assistito. “Prima di ogni altra cosa, attendiamo l’interrogatorio. Per ora niente riesame”, ha dichiarato Savi, come riporta l’Ansa. Tuttavia, non è stata ancora fissata una data per l’incontro con i pubblici ministeri, nonostante l’urgenza percepita.

Corruzione nel settore portuale

L’accusa principale è quella di corruzione, con finanziamenti forniti dagli imprenditori ai funzionari pubblici per ottenere favori nell’area portuale di Genova. Tra i principali accusati ci sono Giovanni Toti, l’imprenditore Aldo Spinelli e l’ex presidente dell’Autorità Portuale Paolo Signorini. Secondo la Procura, un finanziamento di 74mila euro al Comitato “Cambiamo con Toti” sarebbe in realtà una tangente mascherata per favorire la privatizzazione della spiaggia “Punta dell’Olmo”, il prolungamento della concessione del Terminal Rinfuse per altri 30 anni e l’assegnazione di spazi portuali strategici.

Nonostante i finanziamenti ricevuti da Toti risultino formalmente legittimi e tracciati, la tempistica di alcuni pagamenti, come i 40mila euro elargiti subito dopo il rinnovo della concessione del Terminal Rinfuse, solleva sospetti. Rimane da chiarire se la corruzione sia effettivamente avvenuta o se si tratti di un tentativo fallito, considerando che alcuni progetti non sono ancora stati realizzati.

Coinvolgimenti e scambi di favori

Spinelli avrebbe chiesto aiuto a Signorini, ottenendo in cambio il prolungamento della concessione del Terminal Rinfuse e vari altri favori, come vacanze e regali. Un altro filone dell’inchiesta riguarda la società Santa Barbara srl, che cercava subappalti per il tunnel autostradale in costruzione da parte di Autostrade per l’Italia. Signorini avrebbe facilitato incontri tra i vertici della società autostradale e Mauro Vianello, ma resta da verificare se questi incontri abbiano avuto esiti concreti.

Accuse di voto di scambio e metodo mafioso

Tra le accuse più gravi c’è quella di voto di scambio, con un ipotetico sistema mafioso volto a ottenere voti in cambio di posti di lavoro. Il capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, è coinvolto in queste accuse. Si ipotizza che i fratelli Testa mantengano rapporti con Venanzio Maurici, ex presidente dell’associazione Amici di Riesi, legato alla cosca Maurici e ai Cammarata. La Procura sottolinea che non è necessaria la presenza di una compagine mafiosa specifica, ma basta che l’obiettivo sia contribuire all’attività di un’associazione di matrice mafiosa. L’associazione Amici di Riesi continua ad essere attiva con numerosi iscritti e una pagina Facebook.

L’inchiesta sui rifiuti e sulle mascherine

L’inchiesta tocca anche l’imprenditore del settore dei rifiuti Pietro Colucci, accusato di aver versato 195mila euro al comitato elettorale di Toti tramite una rete di società. Questo episodio, risalente al periodo 2016-2019, potrebbe configurarsi come finanziamento illecito ai partiti, dato che i soldi non sono stati dichiarati in bilancio.

Infine, c’è un capitolo dedicato al Covid, con indagini su possibili truffe riguardanti i numeri dei vaccini e le forniture di mascherine, anche se su queste questioni potrebbe intervenire la prescrizione.

Giuseppe Santalucia sulla tempistica delle indagini

Sulla tempistica dell’inchiesta di Genova, è intervenuto anche Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm). Intervistato da Sky TG24, Santalucia ha sottolineato che “i tempi delle indagini e dei provvedimenti cautelari non possono essere dettati da quelli delle competizioni politiche”. Ha inoltre evidenziato che il giudice ha ricevuto un fascicolo molto voluminoso e si è preso il tempo necessario per valutare le misure cautelari.

Santalucia ha espresso sorpresa per la necessità percepita che la giustizia debba tener conto delle tempistiche elettorali, affermando che “sarebbe una forma di condizionamento della giustizia alla politica”. Ha aggiunto che nell’inchiesta di Genova, che ha travolto il governatore Toti, “c’è un complesso indiziario importante, poi valuteranno i giudici”. Santalucia ha inoltre sottolineato come la corruzione si basi su un patto di omertà tra corruttore e corrotto, rendendo difficili le indagini e l’importanza delle intercettazioni sul campo come strumento efficace.