Etichette prodotti alimentari ingannevoli: come smascherarle e casi più clamorosi

Ecco come leggere le etichette dei prodotti alimentari per evitare quelle ingannevoli, riconoscere le truffe e fare scelte consapevoli

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Pubblicato: 21 Luglio 2024 12:37

Quante persone leggono le liste degli ingredienti prima di acquistare un qualsiasi alimento? Il problema delle etichette dei prodotti alimentari è che molto spesso sono ingannevoli, grazie a immagini o slogan che si trovano abitualmente in caratteri cubitali sulle stesse confezioni. L’unico modo per difendersi da queste forme ingannevoli di marketing è perdere qualche minuto nella lettura della lista degli ingredienti e delle dichiarazioni nutrizionali. All’inizio può sembrare un’enorme perdita di tempo, soprattutto quando si fa la spesa settimanale e si acquistano innumerevoli prodotti, ma difendersi da questa particolare forma di pubblicità può essere davvero importante per la salute. In questo articolo, faremo il punto della situazione, cercheremo di spiegare quali sono le forme di inganno più diffuse, parleremo di una normativa europea in arrivo e di una sorta di boicottaggio lanciata dal Codacons.

Come leggere le etichette dei prodotti alimentari, ingannevoli e non

Il primo suggerimento per smascherare le etichette ingannevoli sui prodotti alimentari è quello di non farsi attrarre da immagini e slogano fuorvianti. Un esempio classico è quello di una confezione che mostra prati in fiore, splendidi paesaggi montani e bicchieri di latte in un ambente bucolico: ebbene, quando andiamo a leggere la lista degli ingredienti scopriamo che il latte utilizzato è in polvere. La prima regola dunque è sapere che molto spesso non c’è alcun legame tra le immagini o gli slogan e i valori nutrizionali del prodotto alimentare. L’unica forma di difesa è leggere attentamente le informazioni nutrizionali, perché è l’unica abitudine davvero sana da mettere in campo per fare la spesa in modo consapevole.

La lista degli ingredienti si trova solitamente sul retro delle confezioni ed è spesso scritta in caratteri molto minuti. Si trovano elencati, solitamente in ordine decrescente, tutti gli ingredienti che sono stati utilizzati e il valore nutrizionale che posseggono. È possibile dunque conoscere la composizione degli alimenti, e devono essere indicati anche additivi, come coloranti o conservanti, e aromi.

Oltre agli ingredienti, è fondamentale la tabella con le dichiarazioni nutrizionali, che si trova anch’essa, solitamente, sul retro delle confezioni. Grazie a queste informazioni, è possibile conoscere quali sono i nutrienti principali e solitamente è composta da sette voci: energia, carboidrati, zuccheri, proteine, grassi, grassi saturi e sale. A queste si aggiungono poi spesso altre indicazioni su fibre, vitamine, sali minerali, etc.

Fare la spesa in modo consapevole e salutare significa soprattutto perdere un po’ di tempo nel confrontare queste tabelle, al di là degli slogan più o meno ingannevoli che si ritrovano sulle confezioni.

Il caso dei prodotti integrali e dolcificati con il miele

Ma torniamo alle etichette ingannevoli sui prodotti alimentari. Il mercato industriale sa benissimo come le persone siano sempre più attente a una più sana alimentazione e dunque tendono, attraverso slogan e immagini fuorvianti, a spingere all’acquisto nonostante le cose non stiano esattamente come vengono presentate. È chiaro come il problema sia in realtà “politico”, perché dovrebbero essere i governi a emanare precise direttive a difesa del consumatore. Ma questa è un’altra storia.

Ma facciamo qualche esempio: la dicitura “integrale e l’utilizzazione del miele come dolcificante più sano rispetto allo zucchero.

Se analizziamo con cura la lista ingredienti della maggior parte dei prodotti “integrali” scopriamo che questa tipologia di farina è presente ma in misura inferiore rispetto alle farine raffinate. Dunque, non sonno prodotti interamente integrali, ma solo parzialmente. La pubblicità sul prodotto lascerebbe invece intendere altro.

I prodotti dichiarati come dolcificati con il miele, nella maggior parte dei casi, contengono in proporzioni spesso maggiori anche lo sciroppo di glucosio-fruttosio.

Il caso dello slogan “senza zuccheri aggiunti”

Lo “zucchero” che è tra i prodotti più rincarati del 2023 non gode di buona fama ultimamente. Le raccomandazioni dell’OMS invitano a ridurre al 5% la quota di calorie assunte tramite zuccheri semplici, se si vogliono evitare patologie come il diabete o se si intende ridurre il rischio di obesità. E così, il marketing pubblicitario fa sempre più uso di espressioni come “senza zuccheri aggiunti”, e i consumatori tendono ad acquistare questi prodotti pensando che siano più sani rispetto ad altri. Ma è davvero sempre così? La prima cosa a cui fare attenzione è che questa dicitura non significa che il prodotto non sia dolcificato o che contenga meno calorie. Nel regolamento europeo 1924 del 2006, si trovano le norme che le aziende produttrici devono rispettare per l’utilizzazione di un determinato slogan. Il problema è che il claim “senza zuccheri aggiunti” è particolarmente ambiguo, significherebbe che, nel processo industriale di preparazione dell’alimento, non sono stati aggiunti altri ingredienti dolcificanti come ad esempio il succo d’uva.

In realtà, però, è data la facoltà ai produttori di aggiungere comunque sostanze che conferiscano un sapore dolce, i cosiddetti edulcoranti. Il problema è che occorre compensare la mancanza del sapore “dolce” e rendere comunque appetibile il prodotto. Il “vantaggio” degli edulcoranti è che hanno un contenuto molto ridotto se non azzerato di calorie, ma sono oggetto costante di dibattito perché alcuni studi avrebbero dimostrato che possono provocare particolari danni alla salute: alcuni sono accusati addirittura di essere cancerogeni, come il ciclamato o la saccarina, altri di essere neurotossici, come l’aspartame.

Stop alle etichette ingannevoli sui prodotti della prima colazione: la nuova direttiva europea

L’Unione Europea, seppur a fatica, sta cercando di intervenire su questa materia particolarmente complessa e delicata: da un lato c’è la tutela della salute dei cittadini, dall’altro le spinte delle lobby di produttori alimentari. A partire dal 1° gennaio 2025, entrerà in vigore una nuova direttiva UE sui prodotti alimentari della prima colazione come ad esempio il miele e la marmellata, o i succhi di frutta. Si tratta di un insieme di norme che dovrebbero regolare una serie di aspetti, quali la composizione e la denominazione, l’etichettatura e l’imballaggio.

Partiamo dal miele. Si tratta di difendere la produzione europea contro la sempre più diffusa pratica di importare miele, spesso adulterato, da paesi extra UE. Dal 2025 non vi potranno più essere etichette ingannevoli, perché sarà obbligatorio segnalare il paese d’origine del prodotto, ma soprattutto sarà attivato un sistema che permetterà la tracciabilità del prodotto. Per quanto concerne i succhi di frutta, poi, le etichette dovranno specificare nel modo più chiaro possibile l contenuto di zuccheri, mentre per le marmellate, dovrà essere presente la dicitura sul contenuto minimo di frutta in percentuale.

L’Unione Europea sembra dunque iniziare a recepire le richieste dei consumatori per un mercato agroalimentare più sicuro e trasparente. Ma dovrebbe servire anche a “proteggere” le produzioni locali di alta qualità, contro l’invasione di alimenti extra UE, i cui processi produttivi rispondono a criteri molto meno stringenti rispetto a quelli giustamente presenti nel nostro continente. È su questa linea che si è posto il Codacons in Italia.

Il “boicottaggio” del Codacons contro i prodotti “ingannevoli”

Nel mese di giugno 2024 il Codacons ha dichiarato di voler lanciare la campagna del “bollino nero” contro i prodotti alimentari ingannevoli e pericolosi sia per la salute dei cittadini sia per il sistema produttivo italiano. Si tratta di una doppia battaglia: quella per la tutela dei consumatori, e della loro salute, e quella a favore del Made in Italy, e delle eccellenze agroalimentari che lo caratterizza.

Come si legge nel comunicato, “essersi piegati ad un “mercato” senza regole, permettendo di spacciare per prodotti italiani alimenti che non hanno nulla a che fare con le nostre produzioni, ha finito per accrescere i guadagni di pochi con costi enormi per tutti, sia in termini di qualità che di cure mediche derivanti da una errata alimentazione”.

Carlo Rienzi spiega come non si tratti di una “sciocca battaglia sovranista”, ma della volontà di garantire una corretta informazione e tutelare quella “dieta mediterranea”, tanto esaltata a parole ma mai difesa nei fatti. Si spiega nel comunicato Codacons come siano 2,7 milioni i decessi in Europa legati alla cattiva alimentazione, e come essa sia anche un fattore di maggiore spesa e carico per i servizi sanitari nazionali. Si sottolinea ad esempio il caso della pasta e dell’olio, due prodotti “tipici” italiani: ebbene, occorre sapere che molti produttori di pasta si riforniscono di grano proveniente da Paesi extra UE, o che l’olio deriva da olive di origine asiatica.

La campagna del “bollino nero” è accompagnata dalla costituzione di un Osservatorio Alimentare, formato da esperti del settore, che avrà il compito di “inchiodare i grandi gruppi industriali alle loro evidenti responsabilità ed invitare i consumatori a boicottare i prodotti non trasparenti o addirittura pericolosi”. Le decisioni prese dall’Osservatorio saranno rese pubbliche e sarà così apposto, seppur in modo virtuale, un “bollino nero” su prodotti che non rispettano il made in Italy.

Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach scrisse che l’uomo è ciò che mangia, e che mangia cibo per espellere pensiero. Ebbene, se seguiamo tutte queste indicazioni che abbiamo dato sulle etichette dei prodotti alimentari ingannevoli forse riusciremo anche a migliorare la nostra capacità di vivere e pensare in modo corretto e indipendente. Senza esagerare con le affermazioni, il nostro suggerimento è quello di analizzare sempre le etichette e di cercare i prodotti “meno” ingannevoli possibile: il mercato è una giungla e la politica è spesso troppo debole per difendere i cittadini. L’unica difesa da mettere in campo è quella dell’intelligenza e della consapevolezza dei consumatori.