Possibili guai in arrivo per l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema e per l’ex amministratore delegato di Leonardo Alessandro Profumo, entrambi finiti al centro di un’indagine partita 15 mesi fa dalla Procura del Centro direzionale di Napoli. Nella giornata di martedì 6 giugno 2023 si è arrivati anche alle perquisizioni che hanno visto protagonisti i due che sono accusati di aver venduto armi alla Colombia.
Le accuse a D’Alema e Profumo
Secondo quanto raccolto dai magistrati partenopei, infatti, D’Alema e Profumo sarebbero stati coinvolti nella compravendita di armi dalla Colombia. Nello specifico i pm ipotizzano che gli indagati si siano “adoperati come promotori dell’iniziativa economica commerciale di vendita al governo della Colombia di prodotti di aziende italiane a partecipazione pubblica”, tra cui anche Leonardo.
Tra gli aerei, navi e armi vendute, tra cui M346 di Leonardo e piccoli sommergibili Fincantieri, ci sarebbero in ballo oltre 4 miliardi di euro di forniture sulle quali si sono concentrate le indagini della Procura di Napoli. Gli indagati, che oltre a D’Alema e Profumo sono sei, si sarebbero “adoperati quali promotori dell’iniziativa al fine di favorire ed ottenere da parte delle Autorità colombiane, la conclusione degli accordi formali e definitivi aventi ad oggetto le descritte forniture”.
Oltre all’ex presidente del Consiglio e all’ex ad di Leonardo, sono indagati i due broker pugliesi Francesco Amato, 39 anni, ed Emanuele Caruso, 44 anni, l’ex responsabile della Divisione Navi militari di Fincantieri Giuseppe Giordo, 58 anni, il commercialista Gherardo Gardo, 52 anni, Giancarlo Mazzotta, 53 anni, e Umberto Claudio Bonavita, 50 anni.
Secondo l’ipotesi della Procura partenopea, l’ex premier si sarebbe adoperato per mettere in contatto due broker pugliesi, già precedentemente iscritti nel registro degli indagati, con Leonardo e Fincantieri.
Nel decreto di perquisizione si legge che Francesco Amato ed Emanuele Caruso “operavano quali consulenti per la cooperazione internazionale del Ministero degli Esteri della Colombia” e, “tramite Giancarlo Mazzotta, riuscivano ad avere contatti con Massimo D’Alema, il quale per il curriculum di incarichi anche di rilievo internazionale rivestiti nel tempo, si poneva quale mediatore informale nei rapporti con i vertici delle società italiane, ossia Alessandro Profumo quale amministratore delegato di Leonardo e Giuseppe Giordo quale direttore generale della Divisione Navi Militari di Fincantieri”.
Corruzione e non solo
L’accusa più grave mossa agli indagati è quella di corruzione internazionale aggravata, forma contestata in quanto il reato sarebbe stato commesso “con l’ausilio di un gruppo criminale organizzato attivo in diversi Stati, tra cui Italia, Usa, Colombia e anche in altri. Tra i fatti contestati, che risalgono ai primi mesi del 2022, ci sarebbe anche lo zampino di Marta Lucia Ramirez, già ministro degli Esteri e vice presidente della Colombia, a cui, secondo gli inquirenti, sarebbe dovuta essere corrisposta, in maniera occulta, una parte dei 40 milioni di euro promessi per presunte agevolazioni nel conseguimento di una commissione miliardaria.
E proprio miliardi, tanti, in ballo. Perché secondo l’accusa per giungere alla conclusione di accordi, venivano promessi soldi da ripartirsi tra “la parte colombiana” e la “parte italiana” attraverso il ricorso allo studio legale associato americano Robert Allen Law, segnalato e introdotto da D’Alema quale agente e formale intermediario.