Le Regioni più corrotte dell’Italia delle mazzette, 96 inchieste solo nel 2025

Il dossier “Italia sotto mazzetta” conta 96 inchieste per corruzione nel 2025 e mostra un sistema radicato che coinvolge Regioni e istituzioni

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Nella Giornata internazionale contro la corruzione, che cade il 9 dicembre, si fanno i conti con un’Italia percorsa da inchieste di corruzione. L’associazione fondata da Don Luigi Ciotti, Libera, ha censito le inchieste di corruzione di tutto il 2025, dal 1° gennaio al 1° dicembre. Si tratta di una ricerca che si basa sulle notizie trattate dai giornali, dalla quale emergono ben 96 inchieste per corruzione, il doppio rispetto al 2024.

Il dossier prende il nome di “Italia sotto mazzetta” e localizza i numeri più alti di corruzione nelle Regioni meridionali. La prima in classifica è la Campania, con 18 inchieste. Il quadro è quello di un’Italia dove la corruzione non è un’anomalia, ma un sistema che impiega diverse tecniche, anche le più sofisticate come i concorsi pilotati.

“Italia delle mazzette”, la corruzione nel 2025

Libera, l’associazione fondata da Don Luigi Ciotti, ha censito le inchieste per corruzione in Italia e ha denunciato l’allarmante numero di queste in alcune Regioni. Per la giornata internazionale contro la corruzione, la fotografia scattata da Libera è quella di un Paese sotto mazzette. È proprio questo il nome del dossier pubblicato, che racconta di 96 inchieste (il doppio rispetto al 2024), con il coinvolgimento di 49 procure in 15 Regioni e 1028 persone indagate (lo scorso anno erano 588).

Sono moltissime le figure di rilievo, dall’alto dirigente al politico, dall’imprenditore con contatti al boss mafioso. Nello specifico: 53 politici indagati, tra sindaci, consiglieri regionali, comunali e assessori. Questi rappresentano il 5,5% del totale delle persone indagate. Dei 53 politici, 24 sono sindaci di Campania e Puglia (con 13 nomi), di Sicilia (8 nomi indagati) e in Lombardia (altri 6 nomi).

italia delle mazzette

“Italia sotto mazzetta” inquadra l’avanzata sotterranea e senza freni della corruzione in Italia. Si trovano reati come corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, voto di scambio politico-mafioso, turbativa d’asta ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Si legge come da Milano a Torino, da Bari a Palermo e da Genova a Roma, passando anche per città di provincia come Latina, Prato e Avellino, nel corso del 2025 ci sia stata una vasta gamma di reati di corruzione che hanno coinvolto migliaia di amministratori, politici, funzionari, manager, imprenditori e professionisti, oltre che mafiosi.

Purtroppo non ci stupisce, basti pensare all’inchiesta che ha coinvolto anche Federica Mogherini in Europa.

Le Regioni più corrotte: la classifica senza lode

Una classifica senza lode, quella che vede le Regioni più corrotte. Primeggiano le Regioni meridionali e le isole, con 48 indagini in totale. Segue poi il centro Italia con 25 e il Nord con 23 inchieste.

Nella classifica troviamo:

  • al primo posto, la Campania con 18 inchieste;
  • al secondo posto il Lazio con 12 indagini;
  • al terzo posto la Sicilia con 11 inchieste;
  • al quarto posto la Lombardia con 10 inchieste.

Tra le Regioni del Nord primeggia la Lombardia per numero di inchieste aperte, mentre per persone indagate viene superata dalla Liguria con 82 nomi. A livello nazionale, però, primeggiare anche per quanto riguarda il numero delle persone indagate è la Campania, con 219 nomi, segue la Calabria con 141 persone indagate e la Puglia con 110.

Attenzione: sul numero delle persone indagate c’è molto margine, perché per tutti vale la presunzione di non colpevolezza.

The Italian job: non anomalia ma sistema

Il commento arriva dalla copresidente nazionale dell’associazione, Francesca Rispoli, che parla di un’Italia sotto mazzette, fortemente corrotta, non come frutto di un’anomalia, ma di un sistema che si manifesta in molte forme differenti e che si adatta ai contesti, di fatto riflettendo l’impiego di tecniche sempre più sofisticate.

Rispoli distingue e racconta quelle che sono le tecniche di corruzione più “classiche” come la mazzetta, l’appalto truccato, il concorso pilotato e quelle che sono invece le tecniche più complesse da scorgere, quasi del tutto legalizzate come leggi e regole scritte su misura per i potenti, conflitti di interesse tollerati, relazioni opache tra decisori pubblici e portatori di soverchianti interessi privati.

La questione va molto al di là delle singole responsabilità individuali. Sono all’opera meccanismi che, se non svelati e contrastati, rischiano di consolidare un sistema di potere sempre più irresponsabile. Non basta invocare pene più severe, o attendere l’ennesima inchiesta giudiziaria, spesso destinata ad arenarsi in un nulla di fatto: occorre rinnovare un patto forte e lungimirante tra istituzioni responsabili e cittadinanza attiva.

Per contrastare la corruzione sappiamo cosa fare, ma non lo facciamo. Da un lato quelli che dovrebbe mettere in campo la politica, per esempio consolidando presidi di prevenzione e adottando strumenti di contrasto più efficaci (come non sembra essere il certificato volontario per il settore della moda); dall’altro c’è la cittadinanza che dovrebbe far sentire la propria voce e investire una cultura della segnalazione, monitoraggio civico, impegno condiviso nel difendere i beni comuni e l’interesse pubblico.

Solo così, commenta Rispoli, si potranno scalfire abitudini radicate, convenienze consolidate e il disincanto diffuso. “La corruzione sistemica e la cattura dello Stato da parte delle cricche di corrotti non sono affatto un destino. Piuttosto, sono il risultato di scelte interessate, connivenze, omissioni – e aggiunge – È ancora possibile per istituzioni e cittadini scegliere di stare dalla stessa parte, investire a livello politico e culturale nell’affermazione dei valori alternativi di integrità, trasparenza e giustizia sociale”.