Autonomia differenziata, quali sono le sette disposizioni chiave non approvate

La Consulta dichiara illegittime parti della legge sull’autonomia differenziata: il governo dovrà rivederla per rispettare i principi costituzionali

Foto di Francesca Secci

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 15 Novembre 2024 08:02

La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno durante il comizio del centrodestra a Perugia. Mentre Giorgia Meloni arringa la platea, sui telefoni dei presenti rimbalza il comunicato della Corte Costituzionale: la legge sull’autonomia differenziata, fiore all’occhiello della Lega, non passa indenne al vaglio della Consulta. Non un rigetto totale, ma abbastanza per mandare in frantumi alcuni dei pilastri della riforma.

Capitoli fondamentali, come il trasferimento dei poteri dallo Stato alle Regioni e la definizione dei livelli essenziali di prestazione (Lep), dovranno essere rivisti. Non si tratta di dettagli. E per la Lega, abituata a sventolare la bandiera del federalismo, è una doccia fredda.

Le disposizioni contestate e la strategia attendista del governo

La Corte ha chiarito che il progetto di autonomia non è stato bocciato nella sua interezza ma ha dichiarato incostituzionali sette disposizioni, tra cui quelle che riguardano la suddivisione delle competenze regionali e la definizione dei livelli essenziali di prestazioni (Lep). In attesa delle motivazioni dettagliate della sentenza, Palazzo Chigi adotta una linea prudente, dichiarando che ogni valutazione politica definitiva avverrà solo dopo la pubblicazione completa della decisione.

La Corte ha ribadito che la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni non può essere un semplice riparto di potere politico, ma deve servire al bene comune e al rispetto dei diritti garantiti. Partendo dal principio di sussidiarietà, i giudici hanno stabilito che l’autonomia deve migliorare l’efficienza delle istituzioni e rispondere concretamente alle esigenze dei cittadini. In questo contesto, la possibilità di trasferire intere materie legislative è stata giudicata incostituzionale: solo specifiche funzioni possono essere delegate, previa giustificazione basata sul principio di sussidiarietà.

Un referendum in bilico

Il nodo centrale si sposta ora sul referendum che le opposizioni avevano messo in cantiere per marzo. La Consulta ha stabilito che il testo va emendato dal Parlamento, il che potrebbe rendere inutilizzabili i quesiti referendari già depositati. Per l’asse progressista, che aveva mobilitato centinaia di migliaia di firme contro la legge, il rischio di dover ricominciare da capo è concreto. E con un nuovo testo riformulato secondo le indicazioni della Corte, attaccarlo politicamente potrebbe diventare più complesso.

Risorse e vincoli: la Corte contro modifiche unilaterali

La sentenza ha inoltre dichiarato incostituzionale la possibilità di modificare le aliquote dei tributi erariali tramite decreti ministeriali. Questa previsione, secondo i giudici, avrebbe potuto premiare Regioni inefficienti, compromettendo il principio di equità e responsabilità. La Corte ha posto un freno anche alla facoltatività del concorso agli obiettivi di finanza pubblica per le Regioni beneficiarie dell’autonomia, evidenziando il rischio di indebolire i legami di solidarietà tra i territori.

Il rinvio al Parlamento e le prospettive future

Il Parlamento è ora chiamato a colmare i vuoti lasciati dai rilievi della Consulta, rispettando i principi costituzionali e garantendo che la legge possa funzionare senza contraddizioni. I giudici hanno chiarito che il processo di differenziazione non può essere un “prendere o lasciare”: le Camere devono poter intervenire con emendamenti e, se necessario, rinegoziare gli accordi tra Stato e Regioni.

La determinazione delle risorse da trasferire non dovrà più basarsi sulla spesa storica, ma su parametri di efficienza e fabbisogno standard, assicurando che lo Stato mantenga risorse sufficienti per le proprie competenze residue. Anche la clausola di invarianza finanziaria dovrà tener conto del quadro generale della finanza pubblica e degli obblighi europei.

Una legge sotto costante monitoraggio

Infine, la Corte si riserva il diritto di esaminare la costituzionalità di ogni futura legge di differenziazione, qualora venissero sollevati ricorsi. Questo significa che il cammino dell’autonomia differenziata resta un processo aperto e soggetto a verifiche, con un equilibrio da trovare tra le aspirazioni delle Regioni e i principi fondanti della Costituzione italiana.