Il grande ritorno del tasso variabile: ora sono più convenienti

Sul medio periodo il vantaggio del tasso fisso sembra essere destinato a diminuire, ecco quindi che i variabili tornano ad essere più convenienti

Pubblicato: 16 Settembre 2023 13:00

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

La Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato un ulteriore aumento dei tassi d’interesse, con un incremento del 0,25%, confermando la sua costante attenzione all’obiettivo di contenere l’inflazione. Questo incremento rappresenta un nuovo massimo. Christine Lagarde, presidente della BCE, ha dichiarato che il mantenimento di questi livelli di tassi per un periodo prolungato contribuirà al raggiungimento dell’obiettivo di controllo dell’inflazione.

Aumento dei tassi

Nonostante l’ennesimo aumento dei tassi, questa notizia può essere accolta con ottimismo da coloro che attualmente stanno ripagando un mutuo legato all’andamento dell’Euribor. Negli ultimi 13 mesi, le loro rate sono aumentate in modo significativo, con un incremento medio del 70% e addirittura picchi superiori al 100%. Tuttavia, sembra che si stia avvicinando il momento culminante di questi rialzi, nonostante l’Euribor sia previsto raggiungere il 4% stabilito dalla Banca Centrale Europea.

Non è un caso che i contratti future, che prevedono l’andamento dell’Euribor a 3 mesi nei prossimi anni, abbiano mostrato un miglioramento. Prima delle dichiarazioni di Lagarde, questi contratti proiettavano un tasso Euribor al 3% nel 2025, ma da ieri questa previsione è scesa al 2,8%.

Su i mutui a tasso fisso

Il 4% sembra rappresentare un livello massimo al momento, al di là del quale sembra difficile procedere ulteriormente. Un elemento importante da considerare è il prezzo del petrolio, che è salito a 90 dollari al barile, suscitando preoccupazione anche tra le istituzioni. Questo è significativo poiché le proiezioni sull’inflazione della BCE prevedono un prezzo del petrolio notevolmente più basso.

Nonostante questa situazione, l’obiettivo principale della BCE rimane invariato. Anche se non sembrano esserci ulteriori aumenti dei tassi in vista nel prossimo futuro (si pensa già all’autunno), la BCE dispone comunque di strumenti per limitare la domanda aggregata al fine di controllare le pressioni inflazionistiche. Questa notizia sarebbe un grande sollievo per coloro che hanno visto le loro rate di mutuo aumentare di 450 punti base in questi mesi.

Va notato che oltre all’Euribor, negli ultimi mesi sono aumentati anche gli Eurirs, che sono gli indici utilizzati per i mutui a tasso fisso. Di conseguenza, i costi dei mutui a tasso fisso e variabile potrebbero subire nuovi incrementi nei prossimi mesi. Per questo motivo, nell’immediato, la differenza tra i migliori tassi, che attualmente vede i tassi fissi vantaggiosi con un vantaggio iniziale dell’1% rispetto a quelli variabili, potrebbe rimanere invariata.

Le previsioni nel medio periodo

Questa situazione distorta sembra destinata a cambiare, soprattutto a partire dalla prima metà del 2024, quando si prevede che gli indici Euribor diminuiranno. Questo avverrà a parità di spread applicati dalle banche sulle loro offerte di mutuo, il che dovrebbe correggere la situazione attuale in cui i mutui a tasso fisso, che includono un’assicurazione, sono più convenienti dei mutui a tasso variabile.

Secondo Stefano Rossini, CEO di MutuiSupermarket.it, come riportato su Il Sole 24 Ore, è possibile che nei prossimi 12-24 mesi il mercato si adegui a questa anomalia e che i mutui a tasso variabile tornino a costare meno dei mutui a tasso fisso, con uno sconto compreso tra 40 e 100 punti base. Questo potrebbe riportare in vita la domanda di mutui a tasso variabile, che era praticamente scomparsa negli ultimi 4-5 mesi.

Tuttavia, affinché questo ribaltamento avvenga, è necessario che passi del tempo in modo da poter invertire questa tendenza. Questo processo dipenderà inoltre da un fattore critico: l’assenza di una nuova impennata dell’inflazione, simile a quanto accadde negli anni ’70 con una doppia ondata.

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