Prima di procedere, è essenziale ricordare che, al 2024, il sistema degli assegni familiari così come descritto non esiste più, essendo stato sostituito dall’assegno unico universale.
Gli assegni familiari esistevano nell’ordinamento italiano sin dal 1934. Era in quell’anno che, un accordo sindacale successivo alla riduzione dell’orario lavorativo nel settore industriale, introduceva uno strumento volto a sostenere il reddito dei lavoratori chiamati a lavorare meno ore. Poi, quello stesso strumento, veniva esteso ai lavoratori subordinati di ogni altro settore.
Seguivano decreti regi e normative varie, fino alla Legge n.153/1998: da quel momento si cominciava a parlare di assegno per il nucleo familiare (ANF). Un assegno che, nel 2022, è diventato un assegno unico universale destinato a tutte le famiglie con figli (non solo, dunque, ai lavoratori subordinati).
Indice
Come si richiedevano gli assegni familiari arretrati
Il vecchio assegno familiare, dall’1 gennaio 2022, è stato sostituito dall’assegno unico universale. Ecco dunque che, le regole in vigore per l’ANF, sono cambiate. Tuttavia, la legge italiana consentiva di richiedere gli arretrati per gli assegni familiari non goduti nei cinque anni precedenti. Poiché il cosiddetto “periodo di percezione” andava da luglio a giugno dell’anno successivo, era possibile richiedere gli assegni familiari arretrati per i periodi luglio 2016 – giugno 2017, luglio 2017 – giugno 2018, luglio 2018 – giugno 2019, luglio 2019 – giugno 2020, luglio 2021 – giugno 2021.
Chi pagava gli assegni familiari arretrati? Dipendeva da diverse variabili. Fondamentale era però sapere che gli assegni familiari erano un diritto del lavoratore. E che, nei termini previsti dalla legge, era possibile richiederli e riceverli. Solamente dopo cinque anni cadevano in prescrizione: prima non andavano persi. L’importante era soddisfare i requisiti previsti dalla legge: innanzitutto, il reddito del proprio nucleo familiare doveva derivare per il 70% almeno da lavoro dipendente o assimilato.
Inoltre, era necessario essere un lavoratore dipendente del settore privato, un dipendente agricolo, un lavoratore domestico o somministrato, un lavoratore iscritto alla gestione separata, un lavoratore dipendente di ditte cessate o fallite, oppure un pensionato a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti. La domanda per gli assegni familiari arretrati doveva essere inviata esclusivamente per via telematica, autonomamente o con l’aiuto di un patronato. Bisogna però sapere che non era possibile presentare un’unica domanda: ogni periodo di arretrato ne richiedeva una.
Chi pagava gli assegni familiari arretrati
Salvo eccezioni previste dalla legge, l’onere del pagamento degli assegni familiari arretrati era in capo al datore di lavoro presso cui il dipendente prestava servizio. Bisognava dunque riferirsi al proprio datore di lavoro attuale solo se si lavorava presso di lui già nel periodo a cui gli assegni si riferivano. Tuttavia, questa era la regola generale. A pagare gli assegni familiari arretrati era invece l’INPS per:
- i lavoratori domestici
- i lavoratori iscritti alla gestione separata
- i dipendenti agricoli con contratti a tempo determinato
- i lavoratori di ditte fallite (o che hanno cessato l’attività)
- i beneficiari di altre prestazioni previdenziali
In caso la ditta presso cui si prestava servizio fosse fallita, quando si avanzava la domanda per gli assegni familiari arretrati era necessario allegare anche la dichiarazione di fine attività della ditta, in caso di cessazione, oppure la dichiarazione del curatore fallimentare in caso di fallimento (il lavoratore non doveva inserire gli assegni familiari non percepiti nel passivo fallimentare).
A quanto ammontavano gli assegni familiari e come si richiedevano
Fermo restando la soddisfazione dei requisiti per gli assegni familiari, era bene sapere che il loro importo veniva calcolato sulla base di diversi parametri: tipologia di nucleo familiare, numero dei componenti, reddito complessivo. Dove, per reddito, non si intendeva solamente il reddito da lavoro ma tutti quelli assoggettabili all’IRPEF. Ogni anno, l’importo degli assegni familiari veniva ricalcolato. O meglio: fino ad ora era stato così, ma con l’introduzione dell’assegno unico a partire dall’1 gennaio 2022, tutto è cambiato. Gli assegni familiari arretrati spettavano dunque ai lavoratori di cui sopra, il cui nucleo familiare poteva essere composto da:
- richiedente (lavoratore dipendente o titolare di pensione)
- coniuge o convivente di fatto, non legalmente ed effettivamente separato
- figli di età inferiore ai 18 anni, anche se non conviventi
- figli maggiorenni con inabilità assoluta e permanente, non coniugati
- figli tra i 18 e i 21 anni, parte di nuclei familiari numerosi (e dunque con almeno quattro figli minori di 26 anni)
- fratelli, sorelle e nipoti del richiedente se orfani di entrambi i genitori, non coniugati e privi di diritto alla pensione ai superstiti (minorenni o inabili a proficuo lavoro)
- nipoti minori viventi a carico del richiedente
I lavoratori extracomunitari potevano richiedere gli assegni familiari solo per i familiari a carico che vivono in Italia, a meno che il loro Paese d’origine non abbia stipulato con l’Italia una convenzione sui trattamenti di famiglia. Se poligami nel Paese di provenienza, i lavoratori stranieri residenti in Italia potevano includere negli assegni solamente la prima moglie e i figli da lei avuti (purché residenti in Italia). Avevano invece diritto all’assegno familiare per i familiari residenti all’estero i rifugiati politici.
Ogni nucleo familiare poteva avere un solo richiedente
La domanda per gli assegni familiari arretrati doveva essere avanzata per ogni anno a cui si aveva diritto, considerando unicamente gli ultimi cinque anni. Per inoltrarla, era necessario accedere con lo SPID al sito dell’INPS e cercare il servizio dedicato. I dipendenti agricoli dovevano invece presentare la domanda in formato cartaceo, consegnando al datore di lavoro il modulo ANF/DIP. I tempi di lavorazione della domanda, salvo rari casi previsti dalla legge, non potevano eccedere i 30 giorni.
Cos’era l’assegno unico familiare
L’1 gennaio 2022 entrava in vigore l’assegno unico familiare, una misura a sostegno di tutte le famiglie con figli minori di 21 anni (non più dunque dei soli lavoratori dipendenti) che andava a sostituire i vecchi assegni familiari (ANF) ma anche:
- il Bonus mamma domani (o Premio alla nascita), riconosciuto nella misura di 800 euro per la nascita, l’adozione o l’affidamento preadottivo di un minore
- l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori, dall’importo massimo di 1.886,82 euro: tale assegno verrà riconosciuto nel 2022 prendendo in considerazione i soli mesi di gennaio e febbraio
- il Fondo di sostegno alla natalità, un prestito agevolato di massimo 10.000 euro rimborsabile in sette anni e concesso ai genitori di figli minori di tre anni o ai genitori di bambini adottati entro tre anni dall’adozione
Restavano invece in vigore gli altri bonus a sostegno della famiglia: i congedi parentali, i permessi per allattamento, i bonus nido. Sebbene le domande potessero essere inoltrate a partire dall’1 gennaio 2022, l’erogazione dell’assegno unico universale cominciò a marzo 2022. Dunque, era a partire da marzo 2022 che furono abrogati gli assegni al nucleo familiare (ANF) e gli altri bonus. Il motivo dello slittamento stava nella necessità, per ottenere l’assegno unico, di presentare un nuovo ISEE (e molte erano le famiglie che ancora non lo avevano fatto). Tuttavia, da luglio dello stesso anno entrò in vigore un “assegno ponte”, destinato alle famiglie con ISEE fino a 50.000 euro che non avevano diritto ai vecchi assegni familiari.
L’importo dell’assegno unico familiare
L’importo dell’assegno unico familiare era commisurato all’ISEE e al numero/età dei figli (il primo scaglione dell’ISEE era fino ai 15.000 euro, l’ultimo oltre i 40.000): i redditi più bassi avevano diritto a 175 euro al mese per il figlio minore di 18 anni, i redditi più alti a 50 euro al mese. Maggiorazioni erano previste per figli minori oltre il secondo, in caso a lavorare fossero entrambi i genitori, per le famiglie molto numerose e le madri minori di 21 anni. Il contributo, in forma ridotta, veniva riconosciuto anche per figli tra i 18 e i 21 anni (studenti o in servizio civile) e per i figli disabili maggiori di 21 anni.
La domanda per l’assegno unico familiare poteva essere avanzata dal 7° mese di gravidanza e fino al compimento del 21° anno (se il figlio era ancora a carico). Le domande dovevano essere inviate per via telematica, accedendo tramite SPID al sito dell’INPS (o facendosi aiutare da un patronato). Come nel caso dei vecchi assegni familiari, solamente un richiedente per nucleo familiare poteva avanzare la domanda. Il pagamento sarebbe cominciato il mese successivo a quello di presentazione della domanda, ed era retroattivo (le domande dovevano essere inviate entro il 30 giugno 2022).
Concludendo, è fondamentale sottolineare che le informazioni presentate qui si riferiscono a una situazione normativa che ora non è più attuale, poiché dal 2024, l’assegno unico universale ha sostituito completamente il sistema precedente degli assegni familiari.