Ricette mediche solo digitali dal 2025, come si otterranno i farmaci

Le ricette mediche rosse o bianche diventeranno un'eccezione erogata a discrezione del medico: dal 2025 la Manovra prevede che le ricette dematerializzate divengano la norma

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 26 Ottobre 2024 19:49

Le ricette mediche saranno solo digitali a partire dal 2025 per effetto delle norme previste in Manovra. Addio, dunque, alle ricette rosse rimborsate dal Ssn e a quelle bianche che i cittadini devono pagare di tasca propria. Ma alcuni farmaci potrebbero non essere erogati in maniera dematerializzata. Già previsti disagi per gli anziani.

Come cambiano le ricette mediche

È l’articolo 54 della Manovra 2025 a prevedere che dall’anno prossimo “tutte le prescrizioni a carico del Servizio sanitario nazionale e dei Servizi territoriali per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’Aviazione civile e a carico del cittadino” saranno “effettuate nel formato elettronico”.

La scelta è stata operata “al fine di potenziare il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva, nonché garantire la completa alimentazione del Fascicolo sanitario elettronico“.

Non si tratta di una novità: già in epoca Covid di necessità si fece virtù sperimentando le ricette dematerializzate. Negli anni successivi arrivarono diverse proroghe. Presto le ricette virtuali diverranno la norma. Ma, come spesso accade, c’è una scappatoia prevista dallo stesso articolo della Legge di Bilancio secondo il quale “le regioni, nell’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza e controllo, assicurano, per mezzo delle autorità competenti per territorio, l’attuazione” della misura. Traduzione: i medici potranno continuare a stampare le vecchie ricette rosse e bianche qualora lo ritenessero necessario.

Come funziona la ricetta digitale

Dopo la visita, il medico registra i dati del paziente e della prescrizione e poi rilascia un Nre (Numero di ricetta elettronica) e un promemoria cartaceo. Con questo, il cittadino può recarsi in farmacia per ritirare i farmaci.

Esclusi alcuni farmaci

“Non tutti i farmaci nelle ricette bianche sono dematerializzabili: a esempio non lo sono sonniferi e tranquillanti“, ha dichiarato Sergio Bartoletti, vicesegretario della Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale). La categoria dei dentisti resta esclusa dalle ricette dematerializzate. “Quello che chiediamo è che anche tutti gli altri medici specialisti, compresi i dentisti, facciano le ricette digitali e non obblighino noi a fare i tipografi contoterzisti facendo materialmente le prescrizioni al loro posto”, aggiunge Bartoletti.

Le critiche

“L’idea di dematerializzare tutte le ricette, come previsto dalla Manovra, è quanto meno prematura e potrebbe bloccare l’attività dei medici e impedire l’accesso dei pazienti a farmaci e prestazioni importanti. Come dimostrano le difficoltà che stiamo riscontrando in questi giorni, qualcuno sta vendendo come soluzioni ai problemi attuali le potenzialità digitali e informatiche che ci potrebbero essere in futuro”, dichiara il segretario della Fimmg, Silvestro Scotti. Per Scotti abolire le ricette cartacee sarebbe un grave errore: “I flussi informatici hanno semplificato il lavoro delle amministrazioni e dei farmacisti; tuttavia, la ricetta cartacea resta uno strumento indispensabile. A oggi la legge prevede che, con la ricetta in mano, il cittadino possa accedere ai farmaci e alle prestazioni che sono state prescritte dal suo medico”.

I rischi per gli anziani

La segretaria della Spi Cgil, Tania Sacchetti, che rappresenta i pensionati mette in guardia contro il rischio di esclusione sociale per chi, per ragioni anagrafiche, potrebbe avere difficoltà nel fruire delle ricette mediche dematerializzate: “La norma non prevede misure di accompagnamento come l’apertura di sportelli di aiuto o servizi per aiutare i più anziani o chi ha difficoltà con la digitalizzazione. Si rischia così di introdurre un fattore di esclusione sociale”, denuncia Sacchetti.