Piano piano, cominciano a diradarsi le nebbie “scientifiche” che accompagnano quella che è stata definita “malattia del Congo”. Un quadro sconosciuto, che necessita anche di trovare un possibile responsabile. Ma attenzione. Al momento non ci sono segnalazioni chiare che indichino l’identikit di un virus, di un batterio o di un parassita all’origine dei sintomi respiratori e dell’anemia.
Ed allora, in base ai primi dati, occorre affidarsi a quanto giunge dall’epicentro dell’infezione. In assenza di certezza sulle cause, dall’area di Panzi giunge un dato. Circa l’80% dei campioni di pazienti sarebbe positivo per malaria. E se è vero che questa patologia da parassita potrebbe contribuire a spiegare l’anemia caratteristiche di questa “malattia sconosciuta”, è altrettanto innegabile che la malaria non provoca sintomi respiratori. Quindi, ancora una volta, si affacciano altre ipotesi, legate anche alla possibile diffusione di un ceppo virale respiratorio che in qualche modo va a peggiorare una situazione di fragilità legata a malnutrizione, povertà sociale e scarso accesso a servizi sanitari idonei. Siamo sempre nel mondo delle ipotesi. Ma la diffusione della malaria è un dato di fatto. Ed allora, cerchiamo di capire di cosa si tratta.
Indice
Cos’è la malaria e cosa la provoca
La malaria è una malattia da parassita. Si trasmette in seguito alla puntura della femmina della zanzara del genere Anopheles, che inietta nell’essere umano il parassita responsabile della malattia. Esistono diversi tipi di plasmodi (così si chiamano questi ceppi), con quadri clinici più o meno seri. Più frequentemente responsabili della malattia sono il Plasmodium malariae e, soprattutto, il Plasmodium falciparum, responsabili delle forme più gravi. Il Plasmodium falciparum è il parassita maggiormente aggressivo ed è purtroppo diffuso nelle aree subsahariane. Viene trasmesso all’uomo prima di essersi sviluppato completamente attraverso una puntura della zanzara e poi riesce a nascondersi al sistema difensivo per concludere il suo processo di crescita. Una volta terminato il proprio sviluppo, il parassita comincia la sua attività, che si concentra soprattutto all’interno del fegato e dei globuli rossi. È in questa fase che compaiono i primi sintomi tipici della malattia, con quadri che ricordano inizialmente quelli di una brutta influenza.
Quali sono i sintomi della malaria
I sintomi seguono il ritmo delle “riaccensioni” del plasmodio, manifestandosi quindi a cadenze fisse, quando massima è la distribuzione del parassita. Brividi, febbre alta, sudorazione, anemia e ingrossamento della milza si ripetono con intervalli di 48-72 ore, proprio nel momento in cui i globuli rossi vengono distrutti in massa dai plasmodi pronti ad invaderne altri. Le continue febbri, se la malaria non viene riconosciuta, possono anche portare a morte il malato, in particolare quanto l’infezione è causata dal Plasmodium falciparum. Questo parassita infatti può dar luogo alla malaria cerebrale, fatale soprattutto nei bambini, o alla “febbre dell’acqua nera”, caratterizzata dalla perdita di grandi quantità di emoglobina, la sostanza che trasporta l’ossigeno nei globuli rossi, che rende scure le urine.
Perché la malaria provoca anemia
Una volta trascorse le fasi di passaggio necessarie per la completa maturazione del parassita, il plasmodio cerca e trova il suo obiettivo all’interno del corpo: il globulo rosso. Infatti, contemporaneamente, i parassiti invadono moltissimi globuli rossi riproducendosi in essi fino a distruggerli. Per questo nelle sue forme più gravi e rapide, la malaria può anche risultare mortale in quanto distrugge un numero elevato di globuli rossi, con conseguente fortissima anemia, oppure blocca l’afflusso di sangue al cervello o ad altri organi creando ischemie prolungate. In genere, i sintomi della malaria si presentano ciclicamente seguendo il ritmo stesso di riproduzione e moltiplicazione del parassita. In qualche caso, però, il Plasmodium falciparum, se non trattato, può far degenerare rapidamente la malattia senza dare i classici sintomi ciclici.