Intelligenza Artificiale in medicina, minaccia o formidabile opportunità?

Dal convegno di Fondazione Menarini a Roma emerge una visione chiara: l’AI non sostituirà i professionisti della salute, ma potenzierà diagnosi, formazione e rapporto con i pazienti, a patto di saperla governare.

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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Minaccia o formidabile opportunità? Quando si parla di Intelligenza Artificiale c’è il rischio di ondeggiare pericolosamente tra gli estremi, specie se la conoscenza non è ottimale. Di certo c’è che le trasformazioni sanitarie, sia in termini clinici e scientifici che sotto l’aspetto organizzativo, non potranno esulare da algoritmi e modelli intelligenti.
A confermarlo sono gli esperti presenti nei giorni scorsi a Roma per un convegno internazionale organizzato da Fondazione Menarini, in collaborazione con Gemelli Isola – Ospedale Isola Tiberina, University of Central Florida College of Medicine, Sovaris AI e The Foundation for Gender-specific Medicine.

Cosa propongono le ricerche

Dagli esperti, che hanno analizzato le innovazioni tecnologiche che stanno trasformando la pratica clinica e la ricerca sanitaria, giunge sostanzialmente una valutazione positiva. A patto, ovviamente, che lo sviluppo delle applicazioni dell’AI sia governato dai medici, e non viceversa. Insomma. Non dobbiamo vedere l’intelligenza artificiale come una minaccia che, in futuro, potrà arrivare a sostituire i medici stessi.

“Le ricerche suggeriscono il contrario: non sarà l’intelligenza artificiale a sostituire gli specialisti, ma saranno gli specialisti che sanno far uso delle potenzialità dell’intelligenza artificiale, a rimpiazzare chi non sarà in grado di sfruttare i vantaggi di questo strumento”

è il commento di Stefano Del Prato, Presidente di Fondazione Menarini.

Privilegiare l’aspetto umano

Il rapporto medico-paziente, in qualche modo, deve rimanere tale. Né si può pensare che di colpo una macchina, per quanto intelligente, possa sostituire l’essere umano. Questo è un punto fermo da ricordare.
Perché gli aspetti umani dell’assistenza, tra cui l’empatia, la compassione, il pensiero critico e il processo decisionale complesso, sono fondamentali per fornire una presa in carico olistica del paziente che va oltre la diagnosi e le decisioni terapeutiche e ciò non potrà essere sostituito dall’AI.

“L’intelligenza artificiale rafforzerà invece la pratica medica, consentendo agli specialisti di sfruttare la tecnologia per migliorare, non solo l’assistenza clinica, ma anche la formazione continua di medici e studenti, cambiando il modo in cui si insegna e si impara la professione sanitaria”

prosegue Del Prato.

“Non solo. Tra gli altri potenziali vantaggi dell’AI, anche la possibilità di rendere la medicina più sicura, riducendo ritardi nella diagnosi e possibili errori nella ricerca di una cura efficace. Inoltre, l’AI può alleggerire il carico di lavoro amministrativo dei medici, spesso citato come causa di burnout, lasciando più tempo per instaurare un dialogo più chiaro ed efficace con i pazienti”.

Cosa può offrire l’Intelligenza Artificiale oggi

Pensate solo al mondo delle immagini e della diagnostica. Non passa giorno che non si pubblichi una ricerca capace di spiegare quanto e come i sistemi di AI possano influire sul percorso del riconoscimento di un quadro patologico e sul trend futuro della malattia. I sistemi, già oggi, sono già in grado di analizzare nel dettaglio enormi quantità di immagini mediche: dall’ECG, alle radiografie, dalle tomografie computerizzate, alle risonanze magnetiche. Il tutto con una precisione paragonabile o superiore a quella dell’interpretazione umana, identificando sottili anomalie, che potrebbero sfuggire all’occhio anche del clinico più esperto, supportando così il medico in diagnosi più rapide e precise.

Inoltre, l’intelligenza artificiale fornisce le basi per una medicina personalizzata sfruttando algoritmi avanzati capaci di elaborare e integrare profilo genetico, biomarcatori, interazione con l’ambiente e storia clinica del singolo paziente per identificare trattamenti su misura, massimizzando l’efficacia terapeutica e minimizzando gli effetti collaterali.

“L’intelligenza artificiale non riguarda una sola specialità ma abbraccia tutte le branche della medicina, dalla cardiologia alla diabetologia, fino alla pneumologia. Ma si sta spingendo ancora più avanti, verso nuove frontiere: lo sviluppo dei gemelli digitali (digital twins), lo sviluppo di reti ad alta capacità potranno offrire l’integrazione delle varie specialità in una visione di precisione ma olistica oltre che permettere simulazioni di interventi complessi, di sistemi predittivi per la gestione di epidemie e pandemie e lo sviluppo di robot chirurgici autonomi”

sottolinea Del Prato.

Attenzione all’etica e alla privacy

Ovviamente, per comprendere quanto e come l’impiego e gli spazi futuri dell’AI potranno influire sui sistemi e sulla salute delle persone, occorre definire bene i contorni di problematiche etiche e regolatorie. Solo così il professionista della sanità che impiega queste innovazioni potrà fare dell’Intelligenza Artificiale un uso consapevole e responsabile.

“La privacy dei dati rappresenta una preoccupazione primaria: gli algoritmi di intelligenza artificiale richiedono enormi quantità di dati sanitari per essere efficaci, sollevando interrogativi sulla protezione delle informazioni personali dei pazienti”

commenta Del Prato.

“Un ulteriore elemento di riflessione riguarda l’autonomia decisionale e la responsabilità professionale. Quando un sistema di intelligenza artificiale suggerisce una diagnosi o un trattamento, chi è responsabile delle conseguenze? Quanta autonomia decisionale deve essere concessa a questi sistemi? Spesso percepiti come “scatole nere”, sono difficili da interpretare anche per gli stessi esperti. Questo rende complesso stabilire le responsabilità in caso di errore clinico e può minare la fiducia del paziente verso le tecnologie digitali. È quindi fondamentale che vengano sviluppati modelli spiegabili e comprensibili, capaci di rendere chiari i criteri che portano a una diagnosi o a una raccomandazione terapeutica”.

Formazione su misura

Dal convegno emerge una realtà ben precisa. L’adozione dell’intelligenza artificiale e la sua integrazione nei sistemi sanitari richiede, inoltre, un ripensamento profondo dei flussi di lavoro clinici e della formazione del personale sanitario. Servono strategie efficaci per integrare queste tecnologie nella pratica quotidiana superando resistenze organizzative e barriere culturali, con particolare attenzione alla qualità e validità delle banche dati su cui si basano gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, elemento fondamentale per garantire l’affidabilità delle conclusioni e delle raccomandazioni generate, ma anche per contrastare la disinformazione.
Insomma: parliamo di AI amica. Secondo gli esperti l’era dell’intelligenza artificiale non riduce il ruolo del medico, ma lo ridefinisce.

“Accanto alle tradizionali competenze cliniche, sarà sempre più importante la capacità di interpretare criticamente i risultati forniti dagli algoritmi, integrandoli in un quadro decisionale più ampio che tenga conto della storia, delle condizioni e delle esigenze individuali del paziente. Il professionista della salute dovrà sviluppare competenze digitali, etiche e comunicative che gli consentano di governare la tecnologia senza esserne dominato, riaffermando il suo ruolo di garante dell’equità, della responsabilità e dell’umanità della pratica medica. In altre parole, la stessa formazione medica dovrà essere ripensata per preparare quello che sarà il medico del futuro”

conclude Del Prato.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.