Febbre del Nilo occidentale, chi rischia di più come proteggersi dalla West Nile

Confermati alcuni casi registrati in varie zone del Paese con un cluster di casi autoctoni nella provincia di Latina, nel Lazio. Quali sono i sintomi, i rischi e come si affronta

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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Il West Nile o Febbre del Nilo occidentale, una malattia dal nome esotico che in passato era effettivamente considerata solo una delle tante malattie tropicali, oggi in Italia non è più solo un fenomeno importato occasionalmente, ma una malattia endemica. Complice il fatto che alcune specie di uccelli sono serbatoi del virus e in diversi casi si sono riscontrate infezioni anche in cavalli e cani. Lo confermano i molti casi registrati in diverse zone del Paese, con un cluster di casi autoctoni nella provincia di Latina, nel Lazio, e il decesso di una donna di 82 anni residente a Nerola (Roma) e ricoverata per febbre e stato confusionale all’ospedale San Giovanni di Dio di Fondi (Latina), che hanno destato particolare attenzione.

Il ruolo del clima

“Anche il cambiamento climatico gioca un ruolo centrale nell’aumentata circolazione di tale virus. L’innalzamento delle temperature e la “tropicalizzazione” delle città italiane creano condizioni favorevoli per la proliferazione delle zanzare vettore, estendendo così il rischio di infezione a nuove aree del Paese. Al momento, non parlerei di allarme ma è sicuramente una situazione che merita un’enorme attenzione sia da parte del personale sanitario, sia da parte delle istituzioni nonché dei cittadini”

segnala Fabrizio Pregliasco, virologo e docente di Igiene Generale e Applicata presso l’Università di Milano, Direttore scientifico di Osservatorio Virusrespiratori.it.

Chi rischia di più

Si tratta di malattia infettiva trasmessa all’uomo dalla puntura di zanzara (più frequentemente del tipo Culex) e non si trasmette da persona a persona. La maggior parte delle persone infette dal virus non manifesta sintomi o si ammala in maniera lieve: solo il 20% presenta disturbi leggeri come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Negli anziani e nelle persone immunodepresse però la sintomatologia può essere più grave e arrivare a colpire anche il sistema nervoso centrale con forme di meningite o encefalite, che possono risultare anche fatali.

“Al momento non esistono vaccini o medicinali che trattino in modo specifico il virus. L’unico modo per proteggersi dal West Nile è pertanto la prevenzione, ovvero ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. A tal proposito, fondamentali sono pertanto le misure di protezione individuale, come l’uso di repellenti e zanzariere, insieme alla disinfestazione delle aree verdi e alla rimozione dei ristagni d’acqua dove le zanzare si riproducono; anche perché le zanzare, possono trasmettere non solo il West Nile ma anche altri virus pericolosi come il Dengue, la Chikungunya, il Zika Virus, la Usutu virus, la Malaria e altre malattie a trasmissione vettoriale”

spiega Pregliasco.

Come si affronta l’infezione da West Nile Virus

La malattia nell’uomo ha un’incubazione media variabile da cinque giorni a due settimane e può avere manifestazioni molto diverse da caso a caso. Nella maggior parte dei casi decorre come una comunissima sindrome parainfluenzale, con febbre, mal di testa e dolori muscolari che tendono a passare da soli in pochi giorni. Abbastanza comune è anche l’interessamento delle ghiandole linfatiche, così come possono essere presenti arrossamenti localizzati della pelle. Solo in alcune persone, e si tratta soprattutto di anziani, l’infezione può determinare l’encefalite, che può risultare mortale o anche lasciare come “eredità” dell’avvenuto contatto con il virus problemi neurologici.

In questi casi il quadro clinico è molto diverso: possono infatti essere presenti un fortissimo mal di testa, la rigidità del collo simile a quella della meningite, debolezza muscolare e perdita di coscienza. La febbre è quasi sempre molto alta e si mantiene tale per diversi giorni. Si tratta comunque di un quadro globalmente poco comune, se si pensa che secondo alcune statistiche meno di una persona su cento tra quante vengono infettate sviluppa l’encefalite. Sul fronte delle cure, non esiste un trattamento antivirale specifico.

Il ricovero in ospedale è fondamentale nelle forme con encefalite, perché occorre sostenere la respirazione, assicurare un’adeguata nutrizione e prevenire infezioni secondarie, magari causate da batteri, potenzialmente mortali. In chiave preventiva, purtroppo non esiste ancora un vaccino specifico.

Le caratteristiche del virus

La malattia ha un’incubazione media variabile da cinque giorni a due settimane. Ed legata ad un virus della famiglia dei flavivirus. Tra le caratteristiche di questi ceppi ce n’è una che preoccupa particolarmente. Sono particolarmente portati ad aggredire il sistema nervoso centrale, ed in particolare l’encefalo. In particolare questo particolare genere di virus è a Rna a singolo filamento: è protetto da una sorta di “membrana” (capside) contornata a sua solta da una pericapside. Nella famiglia dei flavivirus rientrano diversi agenti causali di malattie, a partire dalla febbre gialla per arrivare alla dengue e a diversi tipi di encefalite, come l’encefalite giapponese.

Il ruolo delle zanzare

La trasmissione del virus vede le zanzare come vettori, visto che l’agente patologico passa all’uomo e ad altri animali come i cavalli attraverso la puntura della zanzara. Il “nemico” si può diffondere soprattutto attraverso gli uccelli migratori, che appunto vengono punti dagli insetti e albergano il virus al loro interno. Una volta punti dalla zanzara, questi animali possono poi rilasciare il virus che si trasmette ad un nuovo ospite. Le zanzare vengono infettate quando vengono in contatto con uccelli infetti che possono fare circolare il virus nel loro sangue per alcuni giorni. Le zanzare infettate possono quindi trasmettere il virus del Nilo occidentale agli esseri umani ed agli animali, che sono quindi ospiti terminali mentre pungono per prelevare il sangue. Il virus si trova nelle ghiandole salivari della zanzara. Mentre esse succhiano il sangue, il virus può essere iniettato nell’animale o nell’uomo, dove può moltiplicarsi, e quindi può causare la malattia. Il contagio da animale ad animale non avviene. Trasmissione interumane, in teoria, si potrebbero verificare solamente in pochissimi casi, come ad esempio dopo un trapianto d’organo.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.