Sul fronte economico e gestionale, probabilmente, non ci sono dubbi. L’AI può disporre di tanti e tanti di quei dati, stiamo parlando di milioni di informazioni, potenzialmente processabili in pochissimo tempo. Una “mission impossible” per la mente umana, specie se si parla di medicina di laboratorio, dove già da tempo si impiegano strumenti di “Machine Learning” anche perché spesso occorrono interconnessioni tra diversi test, per definire un profilo di rischio in base ad un algoritmo. Ma il medico rimane l’elemento chiave, fondamentale di un processo di progressivo sviluppo che vede l’intelligenza artificiale e i Big Data nel percorso di valutazione delle analisi del sangue, delle urine e di altre componenti biologiche.
Il futuro, insomma, è già iniziato. Ma ci vorrà tempo per uno sviluppo completo di questi strumenti, come confermano gli esperti riuniti qualche giorno fa a Bologna in occasione del convegno nazionale della SIBioC (Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica).
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Tecnologie in crescita
Secondo una ricerca condotta recentemente su oltre 200 iscritti dalla società scientifica, a fronte dello sviluppo turbinoso e apparentemente inarrestabile delle tecnologie di Machine Learning in campo medico, occorre creare conoscenza e competenza per un ottimale sfruttamento di queste risorse.
In Italia appena il 10% degli specialisti riferisce di avere competenze specifiche su queste nuove e complesse tecnologie. Ma anche l’infrastruttura informatica deve crescere.
In circa otto casi su dieci (stiamo parlando sempre dei risultati del sondaggio) nelle strutture sanitarie sarebbero assenti software, piattaforme e pc adeguati tanto che nel 16% dei casi si ricorre a fornitori esterni. La percezione che queste opportunità possano diventare davvero importanti per il laboratorio, in ogni caso, è particolarmente elevata. Oltre il 90% dei professionisti ritiene l’IA una preziosa risorsa che deve essere maggiormente sfruttata anche nel laboratorio medico. Attenzione però: solo il 2% però prevede che potrà sostituire totalmente l’intelligenza umana nelle analisi mediche.
Una rivoluzione già iniziata
“La rivoluzione digitale sta rivoluzionando il mondo della diagnostica, inclusa la Medicina di Laboratorio – segnala Marcello Ciaccio, Presidente Nazionale SIBIOC. Come emerge dalla nostra indagine è forte l’esigenza di una maggiore formazione per il personale medico-sanitario. L’intelligenza artificiale rappresenta una grande e interessante sfida e opportunità per i singoli professionisti e per l’intero sistema sanitario nazionale.
Nella Medicina di Laboratorio, l’IA è già una realtà concreta da alcuni anni per alcune malattie molto diffuse nella popolazione generale, come l’ipercolesterolemia, il diabete o le infezioni da Covid-19. Grazie a programmi informatici d’avanguardia possiamo avere a disposizione milioni di dati che vengono analizzati in pochissimo tempo. Si possono, quindi, dare risposte più precise ai quesiti medici ma resta sempre assolutamente necessario il lavoro del professionista. Al momento, perciò, l’intelligenza artificiale non è ancora in grado di superare quella del medico ma può essere utilissima nel supportare le sue decisioni”.
Alla fine, quindi deve esserci sempre la persona. Con la sua preparazione, in grado di selezionare le proposte degli algoritmi di Machine Learning. Anche per evitare potenziali giudizi non completamente propri, magari solo per quel singolo caso, legati all’algoritmo di valutazione.
Una ricerca apparsa recentemente su JAMA e redatta da esperti dell’Università del Michigan mostra proprio questo: il medico non deve diventare solo un semplice “portatore” di valutazione di un sistema di AI, per quanto questo sia ai massimi livelli di misurazione dei dati. Bisogna che il sanitario conosca l’algoritmo, lo valuti criticamente e soprattutto faccia proprie le informazioni che derivano dal suo giudizio. Per poi porgerle all’utente. Questo significa che l’AI deve avere un percorso trasparente comprensibile per la mente umana, in modo da consentire questo secondo passaggio fondamentale nel rapporto tra medico e malato.
Diagnosi su misura
“Il laboratorio clinico è parte fondamentale ed essenziale del sistema sanitario nazionale – prosegue Ciaccio -. Svolgiamo un ruolo cruciale in tutte le fasi e le tappe dell’assistenza medico-sanitaria, guidando e supportando il Clinico nella corretta gestione del Paziente, dallo screening alla diagnosi, monitoraggio di una patologia e della terapia”.
Ad esempio, la Medicina di Laboratorio consente la prevenzione delle malattie cerebro-cardio-vascolari che con oltre 220mila decessi ogni anno sono la prima causa di morte in Italia.
“Oggi, disponiamo di biomarcatori che consentono di “fotografare” in modo preciso e accurato lo stato di salute di un singolo individuo, identificando precocemente il rischio di sviluppare una patologia e consentendo così di intervenire tempestivamente, prima della comparsa della sintomatologia clinica- conclude Ciaccio -. Di grande rilevanza è anche il ruolo del laboratorio clinico in ambito oncologico. Il cancro non è una singola entità nosologica ma un gruppo di patologie molto eterogenee che comprende oltre 200 differenti tipi che differiscono in base all’organo o al tessuto colpito e che interessano complessivamente oltre 3 milioni di individui nel nostro Paese. Le tecnologie di ultima generazione consentono di ottenere in una singola analisi un profilo molecolare completo della neoplasia di ogni singolo paziente, permettendo di identificare i bersagli molecolari e di attuare strategie di trattamento mirate, attuando così una medicina di precisione al fine di garantire il migliore outcome (cioè l’esito) per il paziente con la minore tossicità”.
Grazie al laboratorio, insomma, si può arrivare sempre di più a una medicina di precisione e personalizzata, visto che esami sempre più mirati si può avere un quadro più completo e preciso del singolo paziente.