Pietro Verri e “Il Caffè” illuminista: un’armonia di cinque parole che evoca un legame storico simbiotico, mai dimenticato né superato, almeno da coloro che si sono avvicinati, con interesse o meno, allo studio della storia della letteratura.
Da un lato, Pietro Verri, e dall’altro, il suo Caffè illuminista, hanno rivoluzionato il concetto di cultura e divulgazione dell’informazione con uno stile brillante e poco convenzionale. L’informazione diffusa non è più riservata all’élite, ma è al servizio di tutti, in linea con l’ideale tipicamente illuminista di utilizzare la conoscenza in modo intelligente per il progresso sociale.
Il Caffè, una rivista che esce dagli schemi classici
“Il Caffè” fu una rivista letteraria che pubblicò 74 numeri, uno ogni dieci giorni, dall’estate del 1764 alla primavera del 1766. Questa rivista non fu solo il frutto della volontà di un individuo, ma di un gruppo intero con ambizioni e idee moderne. In breve tempo, “Il Caffè” divenne il punto centrale di ispirazione per i maggiori intellettuali dell’Illuminismo milanese, attirando firme prestigiose come quella del fratello di Pietro, Alessandro Verri, Cesare Beccaria, Pietro Secchi e Paolo Frisi. Sin dall’inizio, la rivista si distinse per temi e stile fuori dagli schemi tradizionali, lontani da ciò che era considerato classico.
Il nome stesso, “Il Caffè”, portava in sé un significato esplicativo: scelto con una chiave metaforica, anticipava i temi e le modalità di intrattenimento. Infatti, faceva riferimento ai luoghi di incontro diffusi durante l’Illuminismo, dove le discussioni sociali, culturali, economiche e politiche avvenivano liberamente e senza restrizioni. Tutti, indipendentemente dal possesso di titoli accademici, potevano partecipare e esprimere il proprio punto di vista. Questa tendenza trovò concretezza tra le pagine de “Il Caffè”, dove Pietro Verri e i suoi colleghi letterati proposero un nuovo modo di comunicare la cultura.
La redazione della rivista era interessata a coinvolgere nuovi interlocutori: non solo eruditi e letterati, ma anche persone comuni, piccoli professionisti, artigiani e donne, con cui poter comunicare senza filtri intermediari. L’atto rivoluzionario di Verri e dei suoi colleghi consisteva proprio nel concepire il sapere come qualcosa in continua evoluzione, liberato dalla torre d’avorio in cui era stato confinato per troppo tempo.
“Il Caffè” offriva a tutti la possibilità di confrontarsi su svariati temi, dall’economia all’agricoltura, dalla medicina alla politica, permettendo a persone comuni di diventare parte attiva di un dibattito su molteplici fronti. L’interesse per la cosa pubblica, che animava anche Pietro Verri nel suo impegno per il riformismo illuminato, coinvolgeva anche il pubblico più modesto. Questo nuovo approccio a vivere la società e a prestare attenzione ai suoi problemi cruciali era rivoluzionario e reso possibile grazie alle informazioni nuove e innovative presenti nel giornale. Il sapere e la conoscenza erano stati trasformati da beni di lusso a beni comuni, condivisi da tutti.
L’eredità del Caffè
Ancora oggi, l’essenza di “Il Caffè”, come concepito inizialmente da Pietro Verri e dai suoi colleghi letterati, non è scomparsa. In tutta Italia, si possono trovare numerosi salotti letterari, dove l’abitudine di riunirsi, leggere, discutere e confrontarsi su vari temi, sia attuali che non, è ancora molto viva.
Questi salotti letterari mantengono viva la tradizione di aprire spazi di discussione rivolti a tutti, come faceva “Il Caffè” originariamente. Persone di diverse estrazioni e interessi possono incontrarsi e condividere le proprie idee, creando un ambiente stimolante e arricchente. Così come la rivista di Pietro Verri è stata un luogo di ispirazione per gli intellettuali dell’Illuminismo milanese, questi salotti continuano a svolgere un ruolo importante nella vita culturale del paese, stimolando il pensiero critico e promuovendo la condivisione di conoscenza e idee.