La rivoluzione di Nigel Lawson, padre delle privatizzazioni

Ebbe un ruolo cruciale nel governo di Margaret Thatcher: creò un mercato laddove non esisteva, aprendo le porte di un futuro diverso

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Non a torto, Nigel Lawson è considerato il padre delle privatizzazioni inglesi, con riferimento al processo realizzatosi nel corso degli anni Ottanta. La sua eredità si caratterizza principalmente nella totale trasformazione tra Stato e mercato.

Nigel Lawson e Margareth Thatcher

Deceduto nel 2023 alla veneranda età di 91 anni, Nigel Lawson ha avuto un ruolo chiave durante il governo di Margaret Thatcher. È stato infatti l’architetto delle riforme più radicali della Iron Lady. Un segno, il suo, che è andato ben oltre i confini del Regno Unito, raggiungendo il resto d’Europa.

Sono svariati gli aspetti per i quali la sua operosità politica viene ricordata, a partire dal taglio delle tasse, tra aliquota marginale dell’imposta sul reddito a quella base, fino all’imposta sul reddito d’impresa. Tutto ciò portò a una grande espansione economica, nota come Lawson Boom.

Una personalità di grande competenza, con un carattere e una convinzione nelle proprie idee pari a quelli della Thatcher stessa. Alla fine, infatti, dovette fare un passo indietro dopo lo scontro sulla “poll tax” e il regime dei cambi.

L’eredità di Nigel Lawson

Prima dell’arrivo di Nigel Lawson al governo, le industrie erano organizzate come monopoli pubblici, soprattutto per quanto riguarda energia e telecomunicazioni. Suo il merito di un processo di riforma rivoluzionario, che ha poi investito il resto d’Europa e non solo.

La Iron Lady aveva già messo nel mirino l’inefficienza delle imprese pubbliche, ma soltanto l’allora segretario dell’energia riuscì a tracciare il disegno da seguire per raggiungere un nuovo domani, quello delle privatizzazioni e liberalizzazioni. Ebbe il coraggio nelle proprie convinzioni tale da fronteggiare l’International Association of Energy Economists, presentando qualcosa per allora “fuori dal mondo”.

“Il nostro obiettivo, come governo, dev’essere quello di stabilire una cornice all’interno della quale il mercato possa operare. Non dobbiamo plasmare il futuro della produzione o bilanciare domanda e offerta”. Su queste basi si poggia il processo di privatizzazione degli ex monopolisti. C’era però la certezza logica di non poter cedere tali colossi nella loro interezza. Ebbe così inizio un processo di scorporo delle attività, con la creazione di differenti autorità di regolazione indipendenti. Tutto ciò con l’obiettivo di disciplinare questa fetta di mercato.

Nella sua autobiografia, Lawson ha spiegato, poi, come la ragione ultima delle privatizzazioni non fosse pratica, ovvero al fine di generare gettito come è poi avvenuto in Italia. La motivazione scatenante fu politica, mirando alla creazione di un capitalismo popolare. Al tempo una delle critiche più roventi riguardò la concentrazione del governo sulla proprietà, ignorando di fatto il tema della concorrenza. Per questo motivo, ha avuto modo di spiegare Lawson, lui era certo della necessità di privatizzare il più possibile e soprattutto in tempi molto rapidi. Soltanto in questo modo ci sarebbe stata una pressione positiva sulla concorrenza, scatenando altri cambiamenti strutturali.

Un uomo solo, armato quasi esclusivamente della propria visione politica e societaria, ha di fatto creato un mercato laddove non esisteva minimamente. Una cesura storica, quella generata, considerando come ci sia un prima e un dopo Lawson, tanto nel Regno Unito quanto nel resto d’Europa e anche in alcuni Paesi oltre i confini del vecchio continente.