La proposta di accordo avanzata da Hamas compie ulteriori passi avanti. Al netto della fragilità e dell'incompatibilità delle posizioni, anche Israele sembra pronta a un cessate il fuoco. C'è da intendersi però sulla durata, che i fondamentalisti vorrebbero molto più ampia rispetto alle intenzioni del governo Netanyahu. E sulle modalità della liberazione degli ostaggi, divenuta improrogabile per lo Stato ebraico tra proteste e malcontento popolare.
Intanto la bozza dell'intesa, visionata da Reuters, ripropone il piano in tre fasi che avevamo già anticipato a fine gennaio. In totale Hamas propone 135 giorni di cessate il fuoco, suddivisi dunque in tre scaglioni da 45 giorni, in cui dovrà avvenire il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani in cambio di detenuti palestinesi. Le condizioni, però, non sono tutte gradite a Israele. Un nuovo round di colloqui sugli ostaggi israeliani a Gaza mediato da Egitto e Qatar si svolgerà l'8 febbraio al Cairo.
Cosa prevede il piano di Hamas per il cessate il fuoco
Il piano in tre fasi già svelato in precedenza è stato modificato dalla risposta di Hamas alla proposta di mediazione inviata la settimana scorsa da Qatar ed Egitto. I pilastri, oltre allo scambio di ostaggi, sono anche la ricostruzione della Striscia di Gaza e il completo ritiro delle truppe israeliane dai territori palestinesi. E già qui il "no" di Israele appare inamovibile. Ecco nel dettaglio la scansione del programma:
- la prima fase prevede la liberazione di donne, anziani, malati e maschi sotto i 19 anni in cambio di donne e minori palestinesi detenuti;
- la seconda fase lo scambio degli altri uomini con altri detenuti e il ritiro dei soldati israeliani da Gaza;
- la terza la restituzione dei corpi.
Le postille e gli asterischi apposti da Hamas sono però molteplici e tutti "scabrosi" dal punto di vista israeliano. Una su tutte: per garantire il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza nel quadro dell'accordo generale, i fondamentalisti chiedono il divieto d'ingresso agli ebrei sulla Spianata delle Moschee (il Monte del Tempio per l'ebraismo).
Hamas ha inoltre domandato la costruzione di decine di migliaia di prefabbricati nella Striscia, l'autorizzazione del ritorno degli sfollati palestinesi nel nord di Gaza e l'ingresso di 500 camion di aiuti al giorno oltre a combustibile ed energia elettrica in un territorio ormai ridotto a fame e macerie. Entro la fine della terza fase, infine, Hamas si aspetta che le parti abbiano raggiunto un accordo sul termine della guerra. Che, a questo punto, sembra davvero ancora lontano.
Le condizioni per lo scambio di ostaggi e prigionieri
In un addendum alla proposta, i miliziani appoggiati dall'Iran affermano anche di volere il rilascio di 1.500 detenuti palestinesi dalle carceri israeliane, un terzo dei quali (dunque 500) dovrà comprendere condannati all'ergastolo. Non solo: Hamas chiede a Israele il rilascio anche di "tutti i prigionieri palestinesi in Israele che sono più giovani di 19 anni o più anziani di 50, così come di quelli malati". A confermarlo è anche il quotidiano libanese Al-Akhbar, considerato vicino agli Hezbollah e alla stessa Hamas.
Secondo calcoli dei media internazionali, la platea di detenuti palestinesi da liberare triplicherebbe addirittura, arrivando a un totale compreso tra i 3mila e i 5mila prigionieri. In generale Hamas ha chiuso la porta a qualunque compromesso sulle condizioni presentate.
La controproposta di Hamas alla proposta israeliana per arrivare a un accordo per una tregua in cambio della liberazione di ostaggi "è più specifica" e "ha indicato delle scadenze", afferma Muhhamad Nazzal, membro dell'ufficio politico dei fondamentalisti. E aggiunge che nessuno di questi "dettagli può essere" modificato. "Desideriamo vedere il completo ritiro delle forze di occupazione israeliane dalla Striscia di Gaza. La nostra risposta è realistica e le nostre richieste sono ragionevoli. La macchina omicida israeliana deve essere fermata".
Hamas chiede garanzie e fornisce altri dettagli sul rilascio degli ostaggi
La questione della durata del cessate il fuoco è diventato l'ago della bilancia. Qualche ora dopo l'annuncio dell'accordo, prima di dare il via libera finale alla proposta, Hamas ha chiesto garanzie da Egitto e Qatar sulla stabilità del cessate il fuoco una volta rilasciati gli ostaggi israeliani. La direzione politica dei miliziani di Gaza ha confermato che l'offerta relativa alla tregua e alla liberazione degli ostaggi è stata trasmessa tramite i mediatori.
Secondo il documento, ora al vaglio del governo israeliano, in una prima fase di cinque giorni verrebbero liberati tutti gli ostaggi di sesso femminile, gli anziani e i minorenni, in cambio del rilascio delle donne e dei bambini palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e del ritiro delle forze dello Stato ebraico dalle zone abitate della Striscia. La messa in atto della seconda fase - che prevede la liberazione degli ostaggi rimanenti - sarebbe invece subordinata a colloqui preliminari sulla fine delle operazioni militari e al ritorno alla "calma" nell'enclave costiera.
La posizione di Israele tra apertura all'accordo e venti di guerra
E Israele? Cosa dice della proposta? Abbiamo già visto come la frangia più estremista del governo Netanyahu abbia chiuso del tutto alle condizioni di Hamas sulla liberazione dei territori palestinesi e di tutti i detenuti nelle carceri dello Stato ebraico. Eppure è lo stesso premier ad aprire un timido spiraglio, che con ogni probabilità non farà cessare alcuna tensione nella Striscia e in Cisgiordania, ma anzi le alimenterà una volta scaduta la tregua. Esattamente come è già accaduto con il breve intervallo di novembre quando, una volta terminata la tregua, le Idf sono tornate a colpire i siti in cui ritiene si nascondano i miliziani della Striscia, inclusa la zona sud che vedeva il deflusso di migliaia di civili palestinesi.
In ogni caso, alla vigilia della mediazione di fine gennaio a Parigi, Netanyahu avrebbe dato mandato al capo del Mossad David Barnea di concordare "un cessate il fuoco" transitorio di una settimana durante ognuna delle tre fasi di accordo proposte da Hamas. La decisione fu presa senza consultare il Gabinetto di guerra ed è stata discussa a Parigi durante la mediazione di Usa, Egitto e Qatar con lo Stato ebraico. Secondo l'emittente Channel 13, che cita un alto funzionario israeliano, Tel Aviv sarebbe anche pronta a intavolare negoziati per ammorbidire le richieste dei palestinesi.
L'intransigenza delle posizioni israeliane fatica tuttavia a restare sopita durante i negoziati. Dopo la timida apertura, sono tornati a soffiare i consueti tremendi venti di guerra. Se i negoziati sugli ostaggi dovessero fallire, Israele si è detto pronto ad attaccare le postazioni di Hamas a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, al confine con l'Egitto. Stando all'emittente israeliana Kan TV, il messaggio è stato inoltrato dallo Stato ebraico al Qatar. La risposta definitiva, seppur scontata, arriverà dopo la riunione programmata tra i vertici politici con Benjamin Netanyahu. "In quella sede verrà presa una decisione in merito", ha spiegato un funzionario. Altre fonti della Knesset e del Mossad hanno invece definito ancora una volta "impossibili" le condizioni poste da Hamas. E, difatti, qualche ora dopo Israele ha chiesto ai mediatori "di fare pressione su Hamas affinché presenti una nuova proposta", perché l'attuale controproposta avanzata dai fondamentalisti di Gaza "contiene molte questioni sulle quali non c'è alcuna possibilità che lo Stato ebraico sia d'accordo".
In Israele è però giunto il Segretario di Stato americano Antony Blinken, il quale da parte sua ha definito "essenziale" il raggiungimento di un'intesa sugli ostaggi. Anche il presidente Joe Biden ha parlato di "ragionamenti" in corso, sottolineando comunque che la proposta di Hamas sarebbe "un oltre il limite". Gli Stati Uniti desiderano raffreddare i fronti di guerra che li vedono coinvolti "per procura" (incluso il conflitto in Ucraina), invischiati come sono in una fase di stanchezza imperiale e in vista delle elezioni presidenziali di Usa 2024.
Blinken incontra Netanyahu e ribadisce la linea di uno Stato palestinese
Durante l'incontro con Netanyahu, Antony Blinken ha spiegato la visione degli Stati Uniti per una pace e una sicurezza durature nella regione e ha ribadito il sostegno americano alla creazione di uno Stato palestinese. Lo ha confermato il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, sottolineando anche "l'urgente necessità di allentare le tensioni in Cisgiordania e impedire l'espansione del conflitto".
In serata il primo ministro israeliano è però tornato a tuonare contro la soluzione a due Stati. "Siamo quasi vicini alla vittoria, che è la distruzione totale di Hamas. Se ci arrendiamo
non solo non arriveremo al rilascio degli ostaggi, ma anche a un secondo massacro. Il giorno dopo la guerra, sarà il giorno dopo Hamas. A Blinken ho detto che dobbiamo smilitarizzare completamente Gaza". Netanyahu ha poi annunciato di aver dato ordine all'esercito di avanzare verso Rafah e ha confermato che "solo la pressione militare agisce per la liberazione degli ostaggi. I nostri soldati non sono caduti invano".
Nel frattempo le proteste popolari nello Stato ebraico arriveranno ad assediare le abitazioni di ministri e parlamentari. La "Kaplan Force", movimento israeliano che ha guidato le agitazioni contro la riforma della Giustizia voluta da Netanyahu, ha annunciato nuovi cortei per giovedì sera in tutto il Paese, per la prima volta dal 7 ottobre. Al grido di: "È ora di svegliarsi: la nostra casa sta crollando", i dissidenti israeliani puteranno ancora una volta il dito contro "la condotta sconsiderata del primo ministro e dei suoi colleghi estremisti". Secondo gli organizzatori, "invece di parlare del giorno dopo la guerra, il governo sta danneggiando gli sforzi militari e impedendo all'esercito israeliano di trionfare. Invece di sostenere i riservisti e gli sfollati e riabilitare le comunità di confine di Gaza, sta saccheggiando fondi settoriali. Non è più un governo d'emergenza a gestire il Paese. È un governo Ben-Gvir, che rovina il nostro rapporto con gli Stati Uniti e abbandona gli ostaggi diffamandone le famiglie".