Ucraina, piano di pace cinese in 4 punti: cosa si sono detti Xi Jinping e Olaf Scholz

La proposta cinese per la pace in Ucraina non entra nel merito della vera materia del contendere: il destino dei territori ucraini oggi occupati dall'esercito russo

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping a Pechino. I due hanno discusso, fra le altre cose, anche della guerra in Ucraina. Xi ha indicato quelle che il governo cinese considera le quattro direttrici da tenere presenti per evitare l’escalation e per raggiungere la pace entro tempi brevi.

Le quattro vie della pace in Ucraina secondo Xi Jinping

Per il leader cinese occorre dare priorità al mantenimento di pace e stabilità rispetto a “guadagni egoistici”; bisogna poi perseguire il raffreddamento della situazione evitando di aggiungere benzina sul fuoco; occorre quindi puntare alla creazione di condizioni per ripristinare la pace e fermare l’inasprimento delle tensioni; e infine bisogna ridurre “l’impatto negativo sull’economia mondiale”.

Il nodo dell’integrità territoriale ucraina

Parole tanto condivisibili quanto generiche, che non entrano nel merito delle pretese concrete dei due belligeranti. Lo stallo è dovuto al fatto che Zelensky ha dichiarato che non accetterà alcuna pace che mutili l’integrità territoriale dell’Ucraina e Putin ha più volte ribadito che non rinuncerà in alcun modo alle conquiste territoriali, né alla Crimea presa nel 2014 né ai territori occupati nell’est del Paese a partire dal 2022.

Le road map cinesi per la pace in Ucraina del 2023

Così come avvenuto in occasione delle proposte cinesi del febbraio del 2023, anche in questo caso Xi Jinping non ha fatto alcun riferimento all’unità territoriale dell’Ucraina o a cosa dovrebbe fare la Russia con i territori occupati. In quell’occasione, la road map cinese consisteva in una de-escalation più che in un vero e proprio piano di pace e comprendeva il cessate il fuoco, il no all’uso delle armi nucleari e lo stop immediato agli attacchi alle centrali nucleari ucraine.

Il mese successivo, uscì un piano di pace in 12 punti. Il primo di essi riguardava la “sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi” che, veniva messo nero su bianco, “devono essere efficacemente sostenute”. Anche in quel caso, però, non veniva chiarito di quale integrità territoriale si parlasse: di quella dell’Ucraina che ha subito l’invasione russa? O di quella russa, che considera da sempre l’Ucraina parte integrante del proprio territorio?

“Tutti i Paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, – veniva scritto – sono membri uguali della comunità internazionale. Tutte le parti dovrebbero sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l’equità e la giustizia internazionali. Dovrebbe essere promossa un’applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti”.

In nessun caso, e neppure in occasione del recente incontro fra Xi Jinping e Olaf Scholz, la Cina è entrata nel merito dell’integrità territoriale dell’Ucraina, unica e vera materia del contendere fra Kiev e Mosca.

Putin punta sugli accordi del 2022

Intanto il Cremlino ha tirato fuori dai cassetti un progetto di accordo con l’Ucraina risalente al 2022, affermando che potrebbe servire come “punto di partenza” per futuri colloqui. Zelensky, però, l’aveva già rifiutato.