Russia, stop a benzina e diesel: cosa rischiamo

Lo stop alle esportazioni serve per fare calare i prezzi nel mercato interno russo, ma si teme l'impennata nel resto del mondo

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

La Russia chiude i rubinetti di benzina e diesel. Lo stop si applica a tutti i Paesi ad eccezione di quattro Stati dell’ex Unione sovietica: Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan. Previste anche eccezioni per le esportazioni regolate da accordi internazionali e aiuti umanitari.

Stop al petrolio russo

Come ha spiegato una nota del Cremlino, il blocco alle esportazioni è finalizzato a saturare il mercato interno alla Russia così da far calare i prezzi. Il rischio nel resto del mondo è inverso: quello di una minore offerta destinata a spingere alle stelle i prezzi alla pompa.

Lo stop è scattato giovedì 21 settembre. Il governo russo l’ha definito “temporaneo”, ma non ne ha specificato la data di scadenza. Il bando entrerà in funzione in maniera progressiva: garantita la consegna delle spedizioni già imbarcate e di quelle già contrattualizzate.

Oltre a dare ossigeno al mercato interno è possibile che Putin utilizzi il greggio come arma economica per fare leva sui governi occidentali e spingerli ad allargare le maglie delle sanzioni imposte alla Russia. Se la situazione dovesse perdurare, con l’inizio dei mesi freddi anche riscaldare casa costerà di più per le famiglie italiane.

La Russia ha sofferto un recente rialzo di benzina e diesel dovuto a minore disponibilità di prodotto. La crisi ha morso in particolare le regioni-granaio del Sud del Paese. Lì il carburante serve anche per raccogliere, trasportare e trasformare il raccolto. Il Servizio statistico federale russo riporta che i prezzi al dettaglio di benzina e diesel sono aumentati del +9,4% dall’inizio dell’anno a metà settembre. I prezzi al consumo nel loro complesso sono invece aumentati di meno della metà (+4%).

Dolori per automobilisti, famiglie e imprese

La Russia è il primo esportatore via mare di diesel. Dopo le sanzioni europee i principali acquirenti per la Russia sono diventati Turchia, Brasile, Tunisia e Arabia Saudita. Se Mosca chiude i rubinetti tutti gli acquirenti compreranno da altri fornitori entrando in competizione con l’Europa e spingendo al rialzo i prezzi. Ed è proprio il diesel il combustibile vitale per l’economia, ancora più della benzina, perché destinato non solo alle automobili ma anche agli impianti di riscaldamento, ai macchinari industriali e agricoli e ai mezzi pesanti che trasportano le merci. Ecco perché il rialzo del diesel rischia di far costare di più anche i prodotti sugli scaffali dei negozi.

La benzina costa di più

La stretta russa ha già avuto un effetto in Europa: dopo l’annuncio i prezzi del gasolio sono aumentati di quasi il 5% arrivando a quasi 1.000 euro a tonnellata. E i prezzi alla pompa, già alle stelle, sembrano voler segnare ulteriori tendenze al rialzo. Alla stretta russa si aggiunge anche quella dell’Arabia Saudita, fra i maggiori produttori all’interno dell’Opec+ (Paesi Esportatori di Petrolio e relativi alleati), che ha già tagliato la produzione spingendo a sua volta all’insù i prezzi.