Perché Angela Merkel disse “no” all’Ucraina nella Nato

Nelle sue memorie, l'ex cancelliera tedesca rivela le circostanze che la portarono nel 2008 a non voler scatenare la reazione della Russia. Osservando che, di fatto, il percorso di Kiev verso l'Alleanza non fu mai approfondito sul serio

Foto di Maurizio Perriello

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 22 Novembre 2024 15:12

La notizia del giorno sulle memorie di Angela Merkel ci offre l’occasione per comprendere meglio come il percorso dell’Ucraina nella Nato, e dunque nel blocco occidentale a guida statunitense, sia una linea rossa da non superare dal punto di vista della Russia.

Il settimanale tedesco Die Zeit ha pubblicato alcuni estratti dell’autobiografia dell’ex cancelliera, accendendo i riflettori sui passi che giustificano gli sforzi per ritardare la richiesta di adesione di Kiev all’Alleanza durante il suo mandato. Il perché principale è quello che tutti immaginiamo: il timore che Mosca potesse reagire a quella che da sempre percepisce come una minaccia esistenziale. Con tutte le conseguenze di inasprimento, anche nucleare, che ne derivano.

Cosa ha scritto Angela Merkel nelle sue memorie sull’Ucraina

Merkel, che ha guidato la Germania per 16 anni, ha descritto la sua esitazione nel sostenere il Membership Action Plan (Map) dell’Ucraina per l’adesione alla Nato nel vertice chiave organizzato a Bucarest nel 2008, durante il quale il percorso atlantista del Paese è stata infine sospesa. Nelle sue memorie, la politica ha affermato di ritenere all’epoca che il percorso di Kiev nell’Alleanza dovesse essere bilanciato con le preoccupazioni di sicurezza per la coalizione militare occidentale nel suo complesso. Ha scritto della sua preoccupazione per gli strettissimi e paranoici legami della Russia con l’Ucraina, a partire dalla presenza e dalla potenza della flotta russa del Mar Nero al largo della Crimea. Ancora prima che Mosca occupasse e annettesse unilateralmente la penisola nel 2014.

Angela Merkel definì con decisione un'”illusione” l’idea che lo status Map per l’Ucraina avrebbe protetto il Paese dalle mire dell’entourage di Vladimir Putin, e in generale della Russia a prescindere da chi la governi. L’allora cancelliera dimostrò la sua proverbiale consapevolezza geopolitica, affermando che il cammino atlantista di Kiev non avrebbe mai rappresentato un deterrente per il Cremlino. Anzi, avrebbe estremizzato la tensioni fino ad allora latenti fra la culla della civiltà Rus’ e un presidente “sempre pronto a infliggere punizioni” e disinteressato a costruire “strutture democratiche”.

Nel suo diario, l’ex cancelliera ha inoltre evidenziato che all’epoca solo una minoranza di cittadini ucraini sosteneva la spinta verso la Nato. Dati che la Merkel prese in seria considerazione prima di concludere di dirsi “convinta” a negare la pista atlantica per Kiev.

Una “dichiarazione di guerra” per la Russia

Del fatto che l’Ucraina rappresenti un cuscinetto strategico imprescindibile per la Russia, se n’è parlato e riparlato. Dandolo ormai per assodato – al pari del fatto che le guerre nel mondo non sono mai finite anche se in Occidente abbiamo vissuto in una bolla post-storica – possiamo passare oltre. E comprendere bene i pur discutibili “no” opposti da Angela Merkel alle aspirazioni europee e occidentali di Kiev. Nel 2008 i russi avevano invaso la Georgia per gli stessi motivi che oggi la spingono a proseguire una guerra di logoramento in Ucraina e minacciare un’escalation fatta di missili e minacce atomiche. Un segno evidente delle “buone ragioni” avanzate dalla leader tedesca.

Ciononostante, la Merkel ha evidenziato che non offrire all’Ucraina un chiaro Map verso la Nato avrebbe comportato un costo per le aspirazioni atlantiste del Paese. Almeno come una promessa più ampia di futura adesione avanzata al vertice del 2008 avrebbe rappresentato una provocazione per Putin. L’ex cancelliera ha scritto ha sottolineato nelle sue memorie come il leader russo l’abbia considerata una vera e propria “dichiarazione di guerra”. E ha rivelato come il presidente russo le avrebbe detto in un altro contesto: “Non sarai cancelliera per sempre. E poi loro (Ucraina e Georgia) diventeranno membri della Nato. E io voglio impedirlo”.

Risultato manifesto: nel 2022 la Russia ha lanciato un’invasione su vasta scala dell’Ucraina giustificandola come una reazione all’allargamento della Nato a Est. Messaggio esplicito: dell’Occidente non ci si può (più) fidare, come aveva già dimostrato il dirottamento dello sguardo e delle risorse del Cremlino verso Oriente, nel grande “cuore della Terra” che comprende Asia Centrale e Cina. Fino all’Iran in tempi recentissimi, nell’ambito di quella cooperazione tra imperi rivali ma uniti dall’obiettivo di insidiare l’egemonia degli Stati Uniti.

La promessa “leggera” della Nato all’Ucraina

Sebbene all’Ucraina fosse stata tecnicamente promessa la futura adesione alla Nato al summit di Bucarest del 2008, in realtà non è stato tracciato un percorso chiaro. Dopo l’invasione russa, il Paese invaso ha ribadito la sua richiesta di adesione all’Alleanza Atlantica nel settembre 2022. La coalizione occidentale ha replicato con la consueta retorica, affermando che il percorso di Kiev verso la Nato è irreversibile, ma ancora una volta senza stabilirne tempistiche né modalità.

Parallelamente, Merkel racconta come abbiamo affrontato dure critiche da parte di Kiev per l’approccio della Germania verso la Russia durante il suo mandato, anche per bocca di Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino ha accusato Berlino di essere “troppo amichevole” con Mosca, in particolare per la sua dipendenza dal gas russo a basso costo. Diradando un po’ il fumo della propaganda, possiamo vedere che il legame fra Germania e Russia rappresenta la maggiore preoccupazione strategica per gli Usa in Europa, che ha combattuto due guerre mondiali per annullare la potenza tedesca e staccarla dagli idrocarburi e dalle risorse russe. Lo stesso sabotaggio del gasdotto Nord Stream, di chiara fattura occidentale come avevamo anticipato mesi fa, ne è un evidente risvolto.

L’ex leader tedesca, che si è in gran parte ritirata dalla vita pubblica dopo aver lasciato l’incarico, ha dichiarato in un’intervista del 2022 che “non si sarebbe scusata” per le politiche della Germania nei confronti di Ucraina e Russia durante il suo mandato. E così è stato.

Il corollario su Donald Trump e Papa Francesco

L’autobiografia di Angela Merkel offre anche altri dettagli. La leader rivela di essersi rivolta anche a Papa Francesco per chiedere consiglio su come gestire i negoziati sull’Accordo di Parigi sul clima con Donald Trump, dopo la sua elezione a presidente degli Stati Uniti nel 2016 e la minaccia di ritiro dall’intesa. Merkel ha scritto di aver chiesto indirettamente al Pontefice, durante un’udienza privata, qual era il modo migliore per rapportarsi con Trump, che all’epoca minacciava di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo. “Piegate, ma fate attenzione a non romperlo”, risposte letteralmente Bergoglio alla cancelliera. Quest’ultima ha poi scritto che l’immagine la colpì al punto che la riciclò durante un incontro del G20 ad Amburgo.

Riflettendo su un incontro con Trump alla Casa Bianca nel marzo 2017, Merkel ha dichiarato che il tycoon “giudicava tutto dalla prospettiva dell’imprenditore immobiliare”. Trump parlava a un “livello emotivo” mentre lei era “una che vuole i fatti”, e sembrava affascinato da Putin e altri leader autoritari, ha raccontato infine l’ex capo di governo tedesco.