Quando Israele e l’intero Occidente davano ormai per morta la capacità militare di Hamas, ecco la sorpresa. Il movimento fondamentalista sembra aver ripreso vigore dopo l’anniversario del 7 ottobre in cui attaccò pesantemente lo Stato ebraico. Tanto fumo, certo, ma un po’ di arrosto c’è.
Il leader del partito-milizia di Gaza, Yahya Sinwar, ha ordinato ai leader del gruppo di riprendere gli attacchi suicidi in Israele, poco dopo aver sostituito Ismail Haniyeh alla guida del politburo islamista. E pensare che dovrebbe essere morto anche lui, stando alle dichiarazioni del governo Netanyahu. Come stanno le cose? Hamas è davvero tornato a minacciare Israele?
Sinwar ordina attacchi suicidi contro Israele: ma è ancora vivo?
Secondo il Wall Street Journal, che cita funzionari dell’intelligence araba, la mente del maxi attacco del 7 ottobre ha inviato questa direttiva ai suoi: “È il momento di rilanciare gli attentati”. Alcuni membri anziani di Hamas avrebbero tuttavia delle riserve su questa decisione, definendo addirittura il gran capo come un “megalomane”. Sembrano inoltre confermate indiscrezioni secondo cui Sinwar avrebbe recentemente ripreso i contatti con i mediatori sul cessate il fuoco e sul rilascio degli ostaggi. Sinwar avrebbe ordinato ai leader del gruppo in Cisgiordania di rinnovare gli attacchi suicidi in Israele, poco dopo aver sostituito l’assassinato Ismail Haniyeh. Parliamo dunque di agosto, e non di oggi.
Il che potrebbe voler dire che Sinwar è davvero stato eliminato, come sostengono le forze israeliane. L’ordine sarebbe stato impartito poco prima di un fallito attentato suicida a Tel Aviv. La pratica degli attacchi kamikaze era comune durante la sanguinosa Seconda Intifada nei primi Anni 2000, così come nei Novanta, ma è diventata rara da quando lo Stato ebraico ha costruito una barriera di sicurezza attorno alla Cisgiordania e ha potenziato i suoi metodi di raccolta di informazioni per sventare blitz di questo tipo.
Il Wall Street Journal afferma inoltre di avere visionato una lettera scritta a mano da Sinwar il mese scorso, in cui sostiene che Hamas sarebbe pronta per una guerra di logoramento prolungata per “spezzare la volontà di Israele” e spianare la strada alla fine dello stato ebraico. Niente che non sapessimo già, in fondo. La presentazione delle ferma volontà di Sinwar potrebbe essere parte di una tattica interna al fronte filo-iraniano per rilanciare la resistenza antisionista e la preminenza della causa palestinese, in un momento in cui a rubare la scena sembravano Hezbollah e il Libano. In un momento in cui, inoltre, Israele ha mostrato una schiacciante superiorità di intelligence nell’assassinare i leader nemici, per Hamas è molto importante far credere che Sinwar sia vivo e nascosto chissà dove a continuare a guidare i suoi.
Israele non ci sta e lancia volantini su Gaza (oltre alle bombe)
Nonostante l’operazione di terra nel sud del Libano, Israele non ha mai mollato la presa sulla Striscia di Gaza. I raid proseguono a cadenza quotidiana, aumentando la portata della già inaccettabile tragedia umana delle decine di migliaia di vittime civili. Ma da cielo non piovono soltanto bombe e morte. I media ebraici hanno riferito che nella Striscia sono comparsi volantini di monito e minaccia rivolti a Yahya Sinwar. Dicono che il suo destino sarà lo stesso del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e dei principali funzionari di Hamas assassinati.
“Nessun tunnel è troppo profondo, Sinwar, chiedi a Sayyed Hassan Nasrallah”, si legge su un volantino. Sui fogli è inoltre raffigurata una clessidra con il volto di Sinwar, a indicare che la sua fine si sta avvicinando. Nella parte inferiore del volantino si trovano invece i volti dei leader assassinati di Hamas: Ismail Haniyeh, Muhammad Deif e Saleh al-Arouri.
Fonti israeliane hanno poi smentito l’indiscrezione secondo cui il leader di Hamas avrebbe ripreso i contatti con i mediatori del Qatar, che da mesi cercano di favorire un accordo per Gaza. Diversi resoconti apparsi sui media internazionali avevano riferito che Sinwar aveva ripreso i contatti con i negoziatori del Golfo, dopo settimane di silenzio che avevano alimentato le speculazioni sulla sua possibile morte in un attacco israeliano.
Hamas è ancora forte? E cosa vuole?
Israele ha affermato di aver sventato un attacco pianificato da Hamas per l’anniversario del 7 ottobre. Lo stesso giorno, il gruppo palestinese ha rivendicato il lancio di razzi verso Tel Aviv. E ha rilanciato la propria “guerra di logoramento” fino alla distruzione dello Stato ebraico. Molta propaganda, come sempre, ma un messaggio chiaro al nemico confinante: noi siamo ancora qui. La rinnovata postura di Hamas evidenzia quello che era il fondato timore di molti analisti: l’intransigenza e l’estrema violenza della risposta di Israele porterà alla radicalizzazione e al revanscismo di un gran numero di comunità musulmane in Medio Oriente. Riportando in auge anche il consiglio d’oro che gli Stati Uniti avevano inoltrato a Benjamin Netanyahu: “Non fate il nostro stesso errore”, perché il terrorismo non si può combattere come fosse un soggetto statale geopolitico.
Il messaggio dell’operazione lanciata dal movimento palestinese contro Israele è che “nessuno al mondo sarà al sicuro finché non saranno rispettati i diritti del popolo palestinese”, ha affermato Basem Naim, membro dell’ufficio politico di Hamas nella Striscia. E ha aggiunto che l’attacco del 7 ottobre è stato “puramente palestinese” in termini di pianificazione e obiettivi. In altre parole: siamo cliente dell’Iran, ma abbiamo una nostra agenda e una nostra personale e strategica avversione a Israele. Il che complica le cose per Tel Aviv, che adesso dovrà trattenersi ancora di più dall’attaccare gli altri attori della Mezzaluna sciita, in primi il potente Hezbollah, e finanche l’Iran.
Hamas mobilita nuovi combattenti e vuole governare Gaza
Incrociando dati satellitari e report di analisti sul campo, sembra proprio che Hamas si stia rigenerando per continuare la sua battaglia nella Striscia di Gaza. Oltre a reclutare nuovi combattenti, il gruppo ha rilanciato le proprie rivendicazioni sul controllo del territorio anche dopo che la guerra sarà finita. Ed è disposto anche a trattare con uno storico nemico interno alla Striscia come il partito Fatah per raggiungere il suo scopo.
Le delegazioni delle due fazioni riunite al Cairo, hanno infatti discusso la proposta di formare un comitato per la gestione di Gaza. Il nucleo direttivo avrà il compito di gestire il Valico di Rafah, fornire assistenza alla popolazione, organizzare la vita civile quotidiana e supervisionare i lavori di ricostruzione. Il comitato sarà integrato nel sistema politico palestinese e sarà composto da figure esterne a Hamas e Fatah. L’organismo avrà competenze sulla gestione degli affari civili, compresa l’amministrazione della polizia.
Secondo il think tank del Consiglio europeo per le relazioni estere (Ecfr), il movimento fondamentalista avrebbe perso finora 6mila combattenti, ma ne sta mobilitando altrettanti 6mila dalle riserve. I nuovi miliziani non saranno certo pronti allo scontro come il gruppo iniziale, ma “sono comunque in grado di impugnare un’arma e sparare con i lanciarazzi contro i carri armati israeliani”, ha spiegato a Euronews l’analista Hugh Lovatt.