Francia al bivio dopo le elezioni: le scelte economiche tra Ucraina e Green Deal

Le scelte economiche della Francia potrebbero cambiare molto dopo le elezioni del 30 giugno

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Domenica 30 giugno la Francia voterà per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, la camera bassa del Parlamento, l’unica eletta a suffragio diretto. L’Assemblea è stata sciolta dal presidente Emmanuel Macron a seguito della vittoria alle elezioni europee del partito di estrema destra Rassemblemant National e della sconfitta del suo partito, Renaissance.

La campagna elettorale immediatamente scaturita da questa decisione ha portato all’unione dei partiti di sinistra, con la fondazione di un cartello elettorale chiamato Nouveau Front Populaire. L’economia è però uno dei temi che sta premiando l’estrema destra, di cui, secondo alcuni sondaggi, i francesi si fiderebbero di più in caso di vittoria. I temi sono molti, dall’approccio alla spesa pubblica fino al supporto all’Ucraina, passando per il rapporto con l’Unione europea e il Green Deal.

Le elezioni in Francia: come funzionano e cosa succederà

Il presidente della Francia Emmanuel Macron ha sciolto la camera bassa del parlamento, l’Assemblea nazionale, dopo i risultati delle elezioni europee che hanno sancito la sconfitta del suo partito, Renaissance. Il Paese dovrà quindi votare una nuova Assemblea a due anni dall’ultimo voto, ma questo non riguarda direttamente il ruolo del Presidente. In Francia infatti il Presidente della Repubblica è eletto direttamente e rimane in carica a prescindere dalla maggioranza in Parlamento.

A cambiare sarà la composizione della camera più importante del Parlamento, l’Assemblea nazionale, che deve dare la fiducia al governo del Paese. L’altra camera, il Senato, pur avendo poteri legislativi simili, non è eletta direttamente e non dà la fiducia al governo. L’Assemblea è composta da 577 seggi assegnati con la divisione del Paese e dei suoi Territori di Oltremare in altrettanti collegi elettorali uninominali.

Ogni votante esprime la preferenza per il candidato del suo collegio ma, se nessuno nel collegio raggiunge il 50% dei voti, si va al ballottaggio. A questo secondo turno sono ammessi non solo i primi due, ma tutti coloro che superano il 12,5% dei voti. Per questa ragione il secondo turno delle elezioni, che si terrà il 7 luglio, sarà altrettanto importante rispetto al primo.

Alle Elezioni europee, il partito Rasseblement National (Rn), di estrema destra, ha vinto nella maggioranza dei collegi uninominali. Questo potrebbe portare a una vittoria con largo margine della formazione di destra, che a livello nazionale ha raggiunto il 31%. La situazione però è molto più incerta, per due ragioni principali. La prima è la formazione di un cartello elettorale di sinistra, Nouveau Front Populaire (Nfp), dato dai sondaggi al 29,5%, che potrebbe sottrarre diversi collegi al RN, unitamente al sorprendente recupero di Renaissance (Re), il partito di Macron, ora dato al 19%.

In secondo luogo, c’è la tendenza della politica francese a contrastare l’estrema destra ai ballottaggi. Spesso, sia a livello di collegio che a livello presidenziale, tutte le forze politiche che si trovano opposte a una formazione di estrema destra si coalizzano per impedirle di vincere in quello che viene chiamato “Fronte repubblicano“. Questo rischia di rendere molto complessa la vittoria dei ballottaggi a due nei collegi elettorali per Rn. Tutte queste circostanze portano molti osservatori a prevedere un’Assemblea senza maggioranza che costringerà ad alleanze larghe per formare un governo.

La situazione economica in Francia

Sulle preferenze dei francesi, stando a un sondaggio di Ipsos per il Financial Times, pesa molto il tema economico. Secondo gli intervistati, Rn sarebbe il miglior partito a cui affidare le sorti del sistema produttivo francese (25%), seguito dal Nfp (22%) e da Macron (20%). Queste preferenze molto sfaccettate riflettono la complessa situazione economica della Francia.

Da ormai 20 anni la Francia vede salire il proprio debito in relazione al Pil. Dopo aver seguito per anni l’andamento austero della Germania, il Paese ha intrapreso una campagna di spesa pubblica che lo ha portato a stabilizzarsi per anni appena sotto al 100%. Poi è arrivato il Covid. Un picco di spesa pubblica ha portato il rapporto tra la ricchezza prodotta e i soldi presi in prestito dallo Stato a livelli “italiani”, con picchi vicini al 120%. Un’attenta operazione di rientro non ha impedito all’Ue di aprire una procedura di infrazione per debito eccessivo, che promette tagli alla spesa pubblica in diversi settori.

Uno degli effetti di questa riduzione della spesa è stata la riforma delle pensioni di Macron, criticissima, ma che permetterà l’equilibrio dei conti previdenziali entro il 2030. I dati macroeconomici però continuano ad essere negativi. La crescita tornerà sopra al punto percentuale soltanto nel 2025, la disoccupazione è stabile poco sotto l’8%, soltanto l’inflazione sembra sotto controllo.

La questione ambientale tiene però ancora banco. L’attuale presidente Macron ha provato a implementare alcune misure, come l’aumento delle tasse sui carburanti inquinanti, che hanno causato forti tensioni sociali. Il Green Deal europeo ha poi comportato la rivolta degli agricoltori, che in Francia producono il 3,1% del Pil (contro il 2% dell’interno primario italiano).

Infine, il sostegno all’Ucraina e le sanzioni alla Russia saranno un tema importante. Macron, dopo alcuni tentennamenti nel febbraio del 2022, è stato tra i più forti sostenitori di Kiev in Europa, fino a minacciare un intervento di truppe francesi nel Paese. Gli altri partiti non sembrano però pensarla allo stesso modo.

I programmi dei partiti: la spesa pubblica

La spesa pubblica è forse uno degli argomenti di maggior tensione all’interno della campagna elettorale francese. La Francia è il Paese europeo in cui lo Stato ha il maggior impatto sull’economia, più anche dell’Italia, terza in questa classifica dietro alla Finlandia. Un aumento della spesa pubblica avrebbe quindi un impatto sensibile sul sistema produttivo, così come una sua riduzione. Un eccesso di debito però potrebbe portare i tassi di interesse sui titoli di Stato a crescere, rendendo sempre più difficile ottenere soldi in prestito, in un circolo vizioso molto simile a quello in cui si trova l’Italia.

  • Il presidente Macron e il suo partito Renaissance hanno tenuto per lo più fede al loro orientamento liberista, cercando di ridurre i soldi in uscita dai conti dello Stato dopo le enormi spese dovute alla pandemia da Covid-19. In un momento di difficoltà per l’economia francese però, entrambi gli altri due partiti principali sembrano vedere un maggior impiego dei fondi pubblici, e quindi un maggior debito, come la soluzione.
  • La sinistra, riunita nel Neuveau Front Populaire, propone investimenti in sanità, scuola (rendendo l’educazione completamente gratuita), edilizia popolare revocando 1,4 miliardi di euro in tagli operati da Macron, ma soprattutto dichiarando lo Stato di Emergenza Sociale. Questa misura prevede: prezzi calmierati, abrogazione della riforma delle pensioni, aumento delle pensioni, 1.600 euro al mese di salario minimo nazionale, aumento del prezzo minimo dei prodotti agricoli e aumento del 10% degli aiuti per gli affitti. Tutto questo da operare nei primi 15 giorni di governo in una fase chiamata “La Rupture”, La Rottura.
  • In modo simile, anche il programma del Rassemblement National prevede ingenti spese. Per sostenere il potere d’acquisto il partito di estrema destra propone un taglio dell’Iva su gas, petrolio e carburanti. Ma gli investimenti più importanti saranno quelli in ambito della sicurezza, con un aumento del 10% del budget per le forze dell’ordine e una crescita fino al 3% del Pil della spesa militare. Nonostante ciò, nel programma è presente anche una promessa di risanamento delle finanze pubbliche.

I programmi di tutti i partiti parlano infine della reindustrializzazione, specialmente del settore tecnologico, in linea con le iniziative europee. La riduzione della dipendenza del Paese e di tutta Europa dall’estero, in particolare per quanto riguarda risorse ritenute strategiche, è vista come una priorità da tutti gli schieramenti.

I programmi dei partiti: l’Ucraina e la Russia

Non cambierà probabilmente, a prescindere dal risultato delle elezioni, l‘atteggiamento della Francia nei confronti dell’Ucraina e della Russia.

  • Macron è arrivato a minacciare un intervento di terra delle truppe francesi, una mossa che lo distingue in un dibattito altrimenti assente. Tutti i maggiori partiti infatti sembrano essere d’accordo sul proseguire negli aiuti a Kiev e nelle sanzioni a Mosca, in sintonia con gli alleati occidentali.
  • Anche il programma di Nfp cita l’Ucraina e la necessità di continuare a sostenere l’impegno di Kiev contro l’aggressione di Mosca. La coalizione quindi seguirà l’orientamento del principale partito che la compone, i Socialisti, ma al suo interno esistono voci molto discordanti. Jean-Luc Mélenchon, uno dei principali leader della sinistra populista, era stato molto accondiscendente con Putin al momento dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio del 2022.
  • Un atteggiamento per nulla scontato per entrambe le forze di opposizione. È infatti noto che in passato Marine Le Pen, tra le figure di spicco di Rn, era stata accusata di rapporti molto stretti con la Russia e con Putin. Un’alleanza che risale ai tempi in cui quello che allora si chiamava Front National era guidato da Jean-Marie Le Pen, padre di Marine.

La ragione di questo allineamento sta nel sentimento popolare diffuso in Francia sull’Ucraina. Non solo il 70% dei cittadini, stando a fonti Eurostat, ritiene la guerra un argomento importante. Il 62% degli uomini sarebbe disposto a prendere le armi per andare a combattere in difesa di Kiev, una percentuale che si mantiene alta, seppur non maggioritaria, anche a sinistra. Il 40% degli elettori di Nfp sarebbe disposto a supportare un intervento militare.

I programmi dei partiti: l’Ue e il Green Deal

Uno dei terreni di scontro più complessi nella campagna elettorale in Francia saranno i rapporti con l’Unione europea e con uno dei suoi programmi più ambiziosi, il Green Deal. La transizione ecologica e le sue conseguenze a livello sociale sono già state un problema nel Paese. La situazione del debito pubblico potrebbe poi inasprire ulteriormente i rapporti tra l’Eliseo e Bruxelles.

  • Renaissance, il partito di Macron, è sicuramente il più europeista in campo. Le sue proposte di maggiore integrazione sono state un elemento di rottura alla nascita del movimento che ha portato l’attuale presidente all’Eliseo. Tra i maggiori sostenitori del Green Deal, Macron ha tentato di implementare diverse soluzioni per far avanzare la transizione ecologica che però hanno spesso causato una reazione da parte delle classi sociali meno abbienti, colpite maggiormente dai costi di questa operazione.
  • La coalizione di sinistra del Nfp promette un maggior impegno dal punto di vista climatico. Questo però non significa un completo allineamento con le politiche europee. Al contrario, nel programma è presente una proposta di riforma sia del patto di stabilità, in modo da permettere alla Francia una maggiore spesa pubblica, che della Pac, la politica agricola europea.
  • Per quanto riguarda Rn, come già accennato il partito di estrema destra propone una diminuzione delle tasse sui carburanti, un approccio opposto riguardo alla questione ecologista rispetto agli altri partiti. Lo scontro con l’Ue è però più indirizzato su temi non economici, come l’immigrazione.

Nonostante le grandi differenze, c’è un tema ambientale su cui tutti i partiti in campo in Francia sono d’accordo: il nucleare. Nessuno schieramento si è esposto contro l’energia dell’atomo, che nel Paese rappresenta il 70% della fornitura di elettricità totale.