Tra i temi più caldi inseriti nell’agenda di Governo c’è sicuramente la prossima riforma pensioni: si pensa al post Quota 100, con proposte che spaziano dal ritorno alla legge Fornero all’introduzione di una nuova Quota 101. L’obiettivo è evitare il tanto temuto “scalone” di 5 anni a chi, dal prossimo anno, avrà tutti i requisiti per poter richiedere la pensione anticipata ma potrebbe dover aspettare il raggiungimento della pensione di vecchiaia prima di ricevere il proprio assegno.
Da qui, nasce l’ipotesi Quota 101, fortemente sostenuta dalla Lega, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 64 anni e con 39 anni di contributi (contro i 63 anni e 38 di contribuzione di Quota 100).
Quanto costerebbe il passaggio a Quota 100 a Quota 101
La proposta di riforma che vede il passaggio definitivo a Quota 101 è stata avanzata dal ministro dell’Economia, Daniele Franco. Secondo il programma presentato al tavolo del Governo, per portare l’età del ritiro a 63 anni e 39 di contributi servono tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro, per ogni anno a partire dal 2022 e fino al 2024.
Allo stanziamento per il mantenimento della risorsa, poi, andrebbero aggiunti i fondi necessari per il lancio e la sua introduzione. Il costo iniziale sarebbe di circa 400 milioni per il primo anno che, stando a quanto emerso dai primi report, crescerebbe poi il secondo e il terzo anno di applicazione.
Quota 101: il nodo delle risorse disponibili
Prima di ufficializzare il passaggio a Quota 101 o a qualsiasi altra forma previdenziale sostitutiva di Quota 100, l’Esecutivo e il Tesoro devono fare i conti. Attualmente, in vista dell’approvazione della prossima Legge di Bilancio 2022, è stato messo in programma lo stanziamento di 3 miliardi di euro da destinare alla riforma delle pensioni. Previsione questa che, di fatto, conferma quanto sostenuto recentemente dall’INPS, ovvero: non ci sarebbero abbastanza risorse.
Fino ad ora, Quota 100 è costata alla collettività 11,6 miliardi di euro (soldi con i quali lo Stato è riuscito a garantire la pensione anticipata 341 mila lavoratori, usciti dal lavoro all’età di 62 anni e con 38 anni di contributi).
Ogni proposta attuata dall’esecutivo mira principalmente a risolvere il problema delle risorse necessarie per il sistema pensionistico. Attualmente, il Governo sta prendendo in considerazione la possibilità di istituire un Fondo pensione dedicato ai lavoratori, oltre a valutare l’implementazione di un sistema a due quote. Questo sistema prevedrebbe il riconoscimento di una pensione contributiva a 62-63 anni e il riconoscimento della pensione retributiva solo al raggiungimento dei 67 anni. Tale approccio potrebbe offrire un’opzione flessibile per i lavoratori, consentendo loro di scegliere il momento più adatto per accedere ai diversi tipi di pensione in base alle proprie esigenze e preferenze individuali. Inoltre, potrebbe contribuire a garantire la sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo periodo, distribuendo in modo più equo le risorse disponibili e riducendo potenzialmente il peso sulle finanze pubbliche.
Tuttavia, è importante considerare attentamente gli impatti di tali proposte sulle pensioni e sulle condizioni dei lavoratori, nonché assicurare una transizione graduale e equa per coloro che sono già nel sistema pensionistico. Il Governo dovrà quindi valutare attentamente le varie opzioni disponibili e adottare misure che garantiscano un equilibrio tra la sostenibilità finanziaria, l’equità sociale e la sicurezza economica dei cittadini.