Torna da gennaio la pace contributiva, la misura che consente a una certa fascia di lavoratori di riscattare fino a 5 anni di mancati versamenti, utili al calcolo della pensione. Il provvedimento, già sperimentato nel trienno 2019-2021 e inserito nella legge di Bilancio 2024, riguarderà soltanto coloro che hanno iniziato a lavorare nel 1996, i cosiddetti “contributivi puri”, mentre esclude chi ricade nel sistema retributivo e nel misto. L’obiettivo è quello di consentire ai giovani occupati con carriere precarie e discontinue di ricevere in futuro un assegno un po’ meno povero, pagando al minimo gli anni scoperti del proprio montante contributivo ai fini pensionistici.
A chi è rivolta la pace contributiva
La pace contributiva può essere richiesta per recuperare i “vuoti contributivi” tra l’1 gennaio 1996 e il 31 dicembre 2023, fino a un massimo di cinque anni e non per forza consecutivi. La misura, che può essere inoltre associata al riscatto della laurea, permette di aumentare dunque l’importo del trattamento previdenziale, oppure di anticipare il pensionamento: il riscatto può far ritirare dal lavoro il richiedente fino a un massimo 5 anni rispetto ai 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) e rispetto ai 20 della vecchiaia (qui abbiamo spiegato perché il sistema pensioni è a rischio collasso).
La norma è rivolta ai lavoratori che risultano privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, per i periodi senza obblighi contributivi, tra gli iscritti:
- all’Ago (Assicurazione generale obbligatoria),
- al Fpld (fondo pensione lavoratori dipendenti);
- alla gestione speciale Commercianti;
- al fondo speciale della previdenza degli artigiani;
- al fondo speciale dei coltivatori diretti, degli imprenditori agricoli professionali, dei coloni e dei mezzadri;
- ai fondi esonerativi dell’Ago e alle forme sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria, come l’Inpdap e l’Enpals;
- alla gestione separata Inps;
Non rientrano nel provvedimento coloro che alla stessa data avevano più di 18 anni di contribuzione con il sistema retributivo, né i soggetti del sistema misto che ne avevano di meno (qui abbiamo riportato tutte le novità previste nel 2024 sulle pensioni).
Come si calcola
Il costo del riscatto degli anni di contributi è calcolato secondo quanto previsto dal comma 5 art. 2 del decreto 30.4.1997, che prevede l’applicazione dell’aliquota contributiva a seconda della gestione di appartenza del lavoratore:
- per un dipendente si tratta del 33% del proprio imponibile,
- per un autonomo in media il 24%,
- per un lavoratore iscritto alla gestione separata INPS il 25,72%
L’importo da pagare si ottiene moltiplicando gli anni da riscattare (anche di studio universitario) con l’imponibile pari alla retribuzione da lavoro percepita nei dodici mesi precedenti alla presentazione della domanda. Se non c’è alcuna retribuzione di riferimento, si considera il minimale INPS per artigiani e commercianti (17.504 euro per il 2023).
Come riportato dal ‘Corriere della Sera’, la cifra riscattata da diritto a una detrazione fiscale al 50% dai redditi nell’anno del versamento e nei 4 successivi e potrà essere versata in un’unica soluzione o in più tranche, fino a 120 rate mensili per 10 anni di importo non inferiore a 30 euro e senza interessi.
Il costo del riscatto per lavoratori può essere sostenuto dal datore di lavoro al posto i premi di produzione spettanti e in quel caso le somme versate dall’azienda saranno deducibili ai fini Ires.