Rivalutazione delle pensioni, a rischio il piano del Governo: 37 miliardi da pagare ai cittadini

La Corte Costituzionale potrebbe far scomparire 37 miliardi di euro risparmiati dal governo con la rivalutazione delle pensioni

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 15 Settembre 2024 12:14

La Corte Costituzionale potrebbe costringere il Governo a restituire 37 miliardi di euro ai cittadini, soprattutto pensionati con assegni alti. Due decisioni delle Corti dei Conti di Toscana e Campania hanno infatti rimandato alla Consulta la decisione sulla costituzionalità della norma che riduceva l’adeguamento all’inflazione per le pensioni più ricche.

Nella manovra finanziaria per il 2024 questa idea aveva fatto risparmiare al Governo moltissimi fondi utili per finanziare altre misure. L’esecutivo vorrebbe ripeterla anche nella legge di bilancio del 2025, anche se, dato che l’inflazione ha molto rallentato nell’ultimo anno, la sua efficacia sarebbe nettamente inferiore. Una sentenza sfavorevole potrebbe però non solo impedire l’introduzione di questa norma, ma stravolgere i piani per tutta la manovra.

Le sentenze che fanno paura al Governo

La Corte dei Conti della Campania ha rinviato un giudizio sulla rivalutazione delle pensioni all’inflazione alla Corte Costituzionale, per valutare se una norma presente nella legge finanziaria del 2024 sia compatibile con la legge fondamentale dello Stato. È già il secondo caso su ricorsi simili: in precedenza era stata la Corte dei Conti della Toscana a chiedere un parere della Consulta sullo stesso tema. Il Governo Meloni ha infatti trovato uno stratagemma per risparmiare, nella scorsa legge di bilancio, diversi miliardi di euro sulle pensioni degli italiani.

In tutto questo metodo ha permesso al Governo di non dover mettere a bilancio fino al 2032 ben 37 miliardi di euro. Una cifra fondamentale per consentire all’esecutivo di continuare a finanziare alcune delle più importanti norme che vuole inserire nella legge di bilancio per il 2025. Il prossimo 20 ottobre l’esecutivo dovrà mandare in Unione europea il piano strutturale di bilancio, per appianare il debito pubblico e migliorare la situazione finanziaria dello Stato come richiesto dalle nuove regole europee. Una sentenza contraria della Corte Costituzionale rischia di rendere molto più difficile il lavoro del Governo guidato da Giorgia Meloni.

La ricerca delle coperture per la prossima manovra finanziaria sta già inoltre creando tensioni all’interno della maggioranza. L’ultima riguarda la tassazione degli extraprofitti delle banche, che è emersa anche a livello Ue durante l’Ecofin di Budapest. Il problema principale è politico: Forza Italia è nettamente contraria a una legge di questo tipo e ha già chiarito la sua posizione. Inoltre lo scorso anno era già stata proposta una legge di questo tipo. Il compromesso interno al Governo aveva permesso alle banche di scegliere se pagare una tassazione maggiorata sugli extraprofitti o utilizzarli per consolidare i propri bilanci. Il risultato è stato un gettito nullo per lo Stato.

Cos’è l’adeguamento all’inflazione delle pensioni e quanto pesa in manovra

Ogni anno le pensioni degli italiani si adeguano automaticamente all’inflazione. L’Inps tiene un indice dei prezzi e a gennaio aumenta gli assegni degli Italiani in modo che le persone che non lavorano più, e che quindi non possono usufruire di rinnovi contrattuali al rialzo, non vedano eroso il proprio potere d’acquisto. Nel 2024 questa rivalutazione era stata particolarmente significativa, a causa dell’inflazione molto alta che si era verificata nel 2023. Questo avrebbe significato una grande spesa per lo Stato, ma il Governo Meloni aveva trovato un modo per risparmiare.

La rivalutazione delle pensioni era infatti stata tagliata per alcuni assegni, in particolare quelli più alti. Le persone che prendevano una cifra superiore al minimo tra le quattro e le cinque volte avrebbe beneficiato soltanto dell’85% della perequazione. Chi invece arrivava ad avere tra le cinque e le sei volte la pensione minima vedeva ridotto l’adattamento del suo assegno di quasi la metà. L’idea dietro a questa norma è che l’inflazione avrebbe gravato meno su chi è già in una situazione economica vantaggiosa grazie a un assegno pensionistico molto alto che deriva da uno stipendio altrettanto elevato.

Non si tratta peraltro soltanto di un risparmio immediato, ma di una decisione che avrebbe continuato a pagare fintanto che le persone coinvolte avrebbero ricevuto la pensione. Da qui l’enorme cifra di 37 miliardi di euro risparmiata entro il 2032. Anche se la perequazione è un diritto acquisito dei pensionati, il Governo può modificarla in alcuni casi specifici. Il taglio però non deve essere reiterato, e le finanze pubbliche devono giustificarlo. La Corte dei Conti ha dubbi che questi criteri siano stati rispettati. Anche la prossima legge di bilancio potrebbe essere influenzata da questa decisione. Anche se l’inflazione è stata molto più bassa che nel 2023, un taglio simile a quello dello scorso anno avrebbe permesso un risparmio di un ulteriore miliardo di euro.

Gli altri tagli a rischio: dai medici agli insegnanti

Quello alla rivalutazione delle pensioni sull’inflazione non è l’unico taglio che il Governo aveva applicato ad alcuni trattamenti pensionistici particolarmente onerosi per lo Stato. Un articolo molto contestato della legge di bilancio per il 2024, che tenne la legge in parlamento fino agli ultimissimi giorni di dicembre 2023, prevedeva infatti che il calcolo degli assegni di 732mila tra medici, insegnanti, infermieri e dipendenti degli enti locali fosse ricalcolato. Il problema erano le tabelle di riferimento, vecchie e inadatte ai nuovi sistemi che assegnavano pensioni troppo alte.

Una norma che fu contrastatissima, in particolare dai medici in pensione, ma che passò permettendo al governo di iscrivere a bilancio un risparmio netto di 21 miliardi di euro entro il 2043. Se la Corte Costituzionale dovesse decidere di annullare le riduzioni della perequazione delle pensioni alte però, anche questa norma potrebbe diventare oggetti di ricorsi. Condivide infatti alcune caratteristiche tecniche in comune con la riduzione della rivalutazione, come ad esempio il fatto di essere reiterata nel tempo proprio perché le persone che si vedono decurtato l’assegno continuano ogni anno a ricevere meno denaro di quanto previsto dallo Stato.

Il Governo guarda quindi con preoccupazione alle decisioni della Corte Costituzionale. I giudici delle Corti dei Conti di Toscana e Campania hanno già espresso il loro parere negativo sulle norme, ma non spetta a loro decidere della costituzionalità di una legge. Bisognerà quindi attendere una decisione che potrebbe arrivare già nel 2025. La manovra che va approvata entro la fine di dicembre in quel caso sarebbe salva, ma il problema verrebbe rimandato di un anno. E a quella per il 2026 potrebbero già mancare oltre 50 miliardi di risparmi.