Sulla riforma delle pensioni il governo Meloni non potrebbe essere più diviso: la Lega spinge per la cosiddetta Quota 41 light, Forza Italia chiede a gran voce l’aumento delle pensioni minime e Fratelli d’Italia valuta di tirare il freno a mano alle pensioni anticipate e di bloccare l’indicizzazione dell’assegno pensionistico all’inflazione. In gioco ci sono tendenze contrapposte: da una parte ogni partito di maggioranza punta a dare risposte al proprio elettorato, ma dall’altra parte le casse vuote impongono un doloroso bagno di realtà.
La Lega e Quota 41 light
La Lega di Matteo Salvini ha due obiettivi: trovare una deroga all’odiata legge Fornero e dare una risposta alle decine di migliaia di lavoratori precoci che già all’età di 60 anni hanno maturato ben più di 40 anni di contribuzione, spesso svolgendo mansioni impegnative come il lavoro nei cantieri edili, nella pesca, nell’agricoltura o fra le forze dell’ordine.
Quota 41 light si distingue dall’originale ipotesi di una Quota 41 perché viene messa da parte l’idea di puntare unicamente su 41 anni di contribuzione senza tenere in considerazione altri parametri. La versione light prevede, secondo la formulazione leghista, di ricalcolare l’assegno su base totalmente contributiva. I sindacati non ci stanno e annunciano battaglia: le simulazioni delle sigle prevedono un taglio degli assegni fra il 15 e il 30%.
Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro, ha già annunciato che gli italiani dovranno presto familiarizzare con la previdenza complementare per evitare assegni “da fame”. Il rischio di pensioni future dagli importi minimi è particolarmente forte per i giovani, che si barcamenano fra precariato, bassi stipendi e lavori intermittenti. Durigon e il collega Federico Freni vogliono istituire l’obbligo di versare “il 25% della quota mensile del Tfr ai fondi complementari di categoria o ai fondi aperti“. La previdenza italiana si avvierebbe così verso un sistema misto pubblico-privato.
Forza Italia e le pensioni minime
Quello di alzare le pensioni minime è un vecchio cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi. La battaglia viene oggi portata avanti dai suoi eredi azzurri. Nell’ultimo biennio gli aumenti delle minime ci sono stati: 579 euro per tutti e 600 euro per gli over 75. Le misure scadono il prossimo 31 dicembre, ma nel frattempo gli assegni sono stati rivalutati all’inflazione. Il costo per l’aumento delle minime è stato pari a quasi 650 milioni di euro.
Il nodo delle pensioni anticipate
Smarcandosi dal resto del partito, il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti si allinea a Fratelli d’Italia e punta a penalizzare chi sceglie la pensione anticipata: “Chi esce prima paga, lo dobbiamo alle nuove generazioni”, dice. Il ministro punta a “premiare chi resta al lavoro, non chi vuole anticipare l’uscita”.
E non è tutto: per risparmiare è possibile che arrivi un nuovo taglio alla rivalutazione delle pensioni all’inflazione. L’obiettivo è fare cassa per valutare i modi dei rinnovi delle misure in scadenza al 31 dicembre 2024: Ape sociale, Opzione donna, Quota 103 e aumento delle pensioni minime.