A parità di contributi versati, chi andrà i pensione nel 2023 riceverà un assegno mensile più alto di chi lo ha fatto nel 2022. L’Inps ha aggiornato i coefficienti di trasformazione, ovvero i valori attraverso cui si calcola il montante contributivo per trasformarlo nella pensione annua.
L’istituto di previdenza ha pubblicato un dossier su tutte le norme contenute in Manovra che riguardano pensioni, lavoro e Welfare. Vediamo dunque cosa accadrà nel 2023.
Rivalutazione pensioni
Per le pensioni fino a 2.101,52 euro lordi al mese ci sarà il recupero integrale dell’inflazione che è stato fissato per il 2023 al 7,3%. Lo ha chiarito l’Inps in una circolare spiegando che per gli assegni oltre questa cifra (pari a quattro volte il minimo) la perequazione arriverà una volta che sarà approvata la legge di Bilancio che chiarirà le percentuali di recupero dell’inflazione. Lo stesso Istituto di previdenza sociale ha fatto sapere che le pensioni saranno pagate il 3 gennaio, secondo giorno bancabile dell’anno. Il trattamento minimo rivalutato al 2023 è pari a 563,74 euro.
Inps ricorda che per l’anno 2023, l’età di accesso alla pensione di vecchiaia e all’assegno sociale è pari a 67 anni. Tale limite è stato applicato in sede di rinnovo alle fattispecie interessate.
Il nuovo meccanismo di perequazione degli assegni previsto dalla Manovra prenderà il posto di quello attuale basato su 3 fasce. Il nuovo meccanismo, invece, prevede 6 differenti scaglioni: per quanto riguarda le pensioni fino a 4 volte il minimo – cioè 2.100 euro lordi mensili – viene confermato l’adeguamento pieno del 100% all’inflazione, fissato al 7,3%. Per le pensioni fino a 5 volte il minimo (fino a 2.625 euro lordi) invece la rivalutazione sarà dell’85% contro l’80% precedentemente previsto. A scendere, però, è l’adeguamento per le restanti 4 fasce.
Le pensioni tra 5 e 6 volte il minimo (fino a 3.150 euro lordi) avranno una rivalutazione del 53%, quelle tra 6 e 8 volte il minimo (fino a 4.200 euro) riceveranno un adeguamento del 47%. Tra le 8 e le 10 volte il minimo (fino a 5.250 euro) si scende ancora al 37%, infine per quelle oltre a 10 volte il minimo la rivalutazione sarà del 32%. Ulteriori novità infine sono attese per gli over 75 che percepiscono la pensione minima: solo per il 2023, riportata ancora il quotidiano economico, il trattamento sarà di 600 euro mensili.
Quota 103
Prevede 41 anni di contributi e 62 anni di età da maturare entro il 31 dicembre 2023. Il trattamento non può superare cinque volte il minimo (2.818,65 euro al mese lordi), fino alla maturazione della pensione di vecchiaia. Si applicano le finestre mobili, pari a tre mesi per i dipendenti del privato e sei mesi per i lavoratori pubblici.
I lavoratori che, pur avendo maturato il requisito per la Quota 103, decidono di rimanere in servizio, possono chiedere una somma corrisposta direttamente in busta paga pari alla contribuzione normalmente a carico del lavoratore (9,19%). Viene quindi stabilito un esonero relativo al versamento da parte del datore di lavoro con la finalità di incentivare la prosecuzione dell’attività lavorativa (sull’esempio del cosiddetto bonus Maroni). Le modalità di attuazione saranno dettate da apposito decreto interministeriale.
Opzione Donna: come cambia
Viene prorogata l’Opzione Donna con una serie di modifiche. Accedono le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno 35 anni di contributi e il seguente requisito di età:
- 58 anni, per le lavoratrici con almeno due figli;
- 59 anni, per le lavoratrici con un figlio;
- 60 anni, per le lavoratrici senza figli.
E’ però necessario avere almeno uno dei seguenti altri requisiti:
- caregiver: assistono, al momento della richiesta, e da almeno sei mesi, il coniuge, parenti o affini con handicap in situazione di gravità 2;
- invalidità civile non inferiore al 74%;
- lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per crisi aziendale. In quest’ultimo caso, si applica il requisito anagrafico dei 58anni.
ApE sociale prorogato
Lo strumento dell’Anticipo pensionistico sociale, in vigore dal maggio 2017, continuerà ad essere permesso per alcune categorie di lavoratori in particolare difficoltà, come i disoccupati di lungo corso, i caregiver e gli invalidi civili. Esso consente di accedere a un’indennità ponte con 63 anni di età e 30 anni di contribuzione, o al raggiungimento del requisito per l’uscita anticipata.
Per gli addetti ad attività particolarmente pericolose, i cosiddetti lavoratori “gravosi” dettagliati dalla legge, l’Ape resterà ancora possibile con 63 anni di età e 36 anni di versamenti, i quali tuttavia dal 2022 sono scesi a 32 per gli operai edili, i ceramisti e i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta.