L’Istat fa i conti e registra un trend positivo sull’aspettativa di vita e sul progressivo invecchiamento della popolazione. Questo però si traduce in un aumento dell’età pensionabile che, da qui al 2067, toccherà i 70 anni.
La Manovra 2026 ha temporaneamente arginato l’aumento previsto per il 2027, fissando l’incremento a un mese invece che ai tre previsti. Questi però non scompaiono, ma saranno distribuiti nel corso degli anni. Allo stesso tempo, l’aspettativa di vita non si ferma e neppure il progressivo invecchiamento della popolazione.
Secondo le stime Istat, nel 2050 si andrà in pensione a 68 anni e 11 mesi rispetto ai 67 anni attuali. Con il passare degli anni, se non ci saranno sconvolgimenti demografici, l’età pensionabile salirà a 70 anni nel 2067.
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Come cambia il sistema pensionistico
Buone notizie per la popolazione italiana: continua a migliorare il trend dell’aspettativa di vita. Ma purtroppo anche il progressivo invecchiamento della popolazione. Questo significa che la qualità della vita cresce, ma pone un problema.
Si tratta di una sfida comune a tutti i Paesi sviluppati: da un lato l’aumento dell’età media è un segnale positivo, dall’altro comporta un cambiamento profondo nella struttura sociale. Ci sono sempre più persone anziane e sempre meno giovani, quindi meno lavoratori in grado di sostituire chi raggiunge l’età pensionabile.
Bilanciare questo equilibrio è fondamentale per non far collassare il sistema pensionistico, che deve quindi aumentare l’età di uscita dal lavoro in base all’aspettativa di vita. Il governo Meloni, nella Manovra 2026, ha però rallentato l’aumento dell’età pensionabile di tre mesi previsto per il 2027, misura che aveva sollevato diverse critiche.
Si tratta comunque solo di un rallentamento di un processo inarrestabile: al momento il sistema pensionistico cerca di reggere l’urto di questi cambiamenti, ma con sempre maggiore difficoltà.
L’aumento dell’età pensionabile
La diminuzione della popolazione tra i 15 e i 64 anni, cioè la fascia considerata attiva sul mercato del lavoro, incide sulla capacità produttiva del Paese e sulla sostenibilità del sistema pensionistico e di welfare.
L’allungamento della vita media è certamente un dato positivo, ma comporta più anni di pensione da erogare. Per questo il sistema previdenziale si adegua alle aspettative di vita, aumentando l’età pensionabile.
Non è un meccanismo popolare, perché significa lavorare più a lungo, ma è l’unico modo per mantenere in equilibrio i conti. Uscire oggi a 67 anni, con un’aspettativa di vita più alta, comporta pagare un assegno pensionistico per molti più anni rispetto al passato, e questo rende il sistema meno sostenibile.
Il metodo di calcolo dell’età pensionabile dipende dalle statistiche sulle aspettative di vita alla nascita, che risultano in aumento.
Nel 2050 la speranza di vita raggiungerà:
- 84,3 anni per gli uomini (rispetto agli 81,7 del 2024);
- 87,8 anni per le donne (rispetto agli 85,6 del 2024).
Quando si andrà in pensione?
Con queste nuove stime, la Ragioneria generale dello Stato prevede che i requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia dovranno necessariamente salire. Al netto di eventuali cambiamenti politici o economici, basandosi solo sui numeri, nel 2050 servirà raggiungere i 68 anni e 11 mesi per poter andare in pensione.
Le simulazioni indicano che:
- da qui al 2050, l’età pensionabile aumenterà di 1 anno e 11 mesi;
- nel 2067 l’età pensionabile raggiungerà i 70 anni, tre in più rispetto a oggi.
L’Enasc (Ente nazionale di assistenza sociale ai cittadini) sottolinea che gli adeguamenti riguarderanno anche le pensioni anticipate.
Se oggi servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, nel 2050, sulla base di un adeguamento di 1 anno e 11 mesi, la pensione anticipata si raggiungerà con 44 anni e 9 mesi per gli uomini e 43 anni e 9 mesi per le donne.
Applicando lo stesso schema al 2067, se il sistema non subirà modifiche, la pensione anticipata richiederà 45 anni e 10 mesi per gli uomini e 44 anni e 10 mesi per le donne.