“Il tema del potere d’acquisto dei salari e degli stipendi è di importanza centrale. Per favorire la dinamica salariale è certamente necessario intervenire sulla riduzione del cuneo fiscale e contributivo. Tra gli impegni di legislatura vi è la riduzione del 5% del cuneo e su questo lavoreremo”. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone intervistata da La Stampa.
Pensioni: si riparte il 19
Altro tema centrale resta quello delle pensioni rispetto al quale il ministro ribadisce che l’impegno è di dare un quadro chiaro ai cittadini.
“Cominceremo a discuterne il 19 gennaio con il primo incontro con le parti sociali. È necessario rendere più organica tutta la disciplina per dare certezze ai lavoratori che hanno il diritto di sapere in modo chiaro quali sono i requisiti per andare in pensione e a quali condizioni, eventualmente, possono anticipare il pensionamento. Oltre al primo pilastro pensionistico, è necessario intervenire per rendere più agevole il coordinamento con il secondo pilastro, con la previdenza complementare, su cui è importante investire anche in termini di semplificazione normativa e procedurale”.
Salario minimo: 2 anni di tempo
Quanto al salario minimo “abbiamo due anni di tempo per il recepimento della Direttiva europea sul salario minimo. In Italia la contrattazione collettiva di qualità ha dato nel tempo risposte adeguate. Questa può essere la strada da percorrere, riflettendo su come estenderne l’applicazione e valutando la possibilità di verificare che i contratti collettivi delle associazioni maggiormente rappresentative diventino oggettivamente di riferimento per le diverse categorie rispetto al salario”.
Ma i conti non tornano
Tuttavia la strada delle intenzioni è lastricata di ostacoli sotto forma di numeri, che rendono in realtà molto esiguo il margine di manovra su pensione anticipata e flat tax, due dei principali cavalli di battaglia della destra in campagna elettorale.
Si susseguono infatti continui aggiornamenti al rialzo nei calcoli sul peso degli interessi sul nostro bilancio pubblico. Nel 2023-2025, secondo il Def approvato lo scorso aprile dal governo Draghi, l’Italia avrebbe dovuto pagare per interessi 186,066 miliardi. Negli allegati alla legge di bilancio il conto sullo stesso triennio sale invece a 270,207 miliardi, con un aumento del 45,2% che in termini nominali vale 19,4 miliardi sul 2023, 30 sul 2024 e 34,7 sul 2025. La Bce ha smesso di comprere alte quantità di titoli, con PNRR e le sue scadenze che incombono, il sentiero per anticipare le pensioni e rendere opersativa qualsivoglia forma di flat tax è davvero stretto.