In pensione prima con l’integrativa, salta l’emendamento nella Manovra

Salta l’anticipo della pensione con la previdenza complementare: cosa cambia con la manovra, i nuovi tagli alle uscite anticipate

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Claudio Cafarelli

Giornalista e content manager

Giornalista pubblicista laureato in economia, appassionato di SEO e ricerca di trend, content manager per agenzie italiane e straniere

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Nel percorso di definizione della legge di Bilancio, il Governo ha depositato in Commissione Bilancio del Senato un nuovo emendamento che introduce modifiche rilevanti sul fronte previdenziale. Tra le misure più significative c’è lo stop alla possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia anticipata cumulando i trattamenti della previdenza complementare. Una scelta che incide direttamente sulle strategie di uscita dal lavoro previste per i prossimi anni e che consente allo Stato di ottenere risparmi crescenti sulla spesa pensionistica. L’intervento rientra in un pacchetto più ampio di correzioni alla manovra, messo a punto dopo il ritiro di una prima proposta che aveva incontrato forti resistenze politiche, in particolare sul tema delle penalizzazioni per l’anticipo pensionistico e sulle finestre di accesso alla pensione.

Cosa prevedeva la norma cancellata

La possibilità ora soppressa era stata introdotta con la legge di Bilancio dello scorso anno ed era entrata in vigore dal 2025. Consentiva, su richiesta del lavoratore, di sommare al trattamento pensionistico pubblico anche il valore di una o più rendite derivanti da forme di previdenza complementare, esclusivamente ai fini del raggiungimento dell’importo minimo mensile necessario per accedere alla pensione di vecchiaia.

La misura riguardava i lavoratori interamente nel sistema contributivo, con almeno 20 anni di contributi versati, e rappresentava un primo tentativo di integrazione più stretta tra pensione pubblica e previdenza integrativa. L’obiettivo era favorire una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro per chi aveva costruito nel tempo una posizione solida nei fondi pensione.

Perché l’anticipo con i fondi complementari viene eliminato

Con il nuovo emendamento, questa possibilità viene cancellata. Secondo le stime contenute nella relazione tecnica, lo stop permetterà di generare risparmi progressivi sulla spesa pensionistica, fino a oltre 130 milioni di euro annui a partire dal 2035.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato che la misura, pur introdotta di recente, non avrebbe suscitato un interesse significativo da parte dei lavoratori. Dal punto di vista dei tecnici del Tesoro, l’accumulabilità tra pensione pubblica e complementare rischiava inoltre di ampliare nel tempo la platea di chi raggiungeva i requisiti minimi, generando maggiori oneri futuri.

Anche dalla maggioranza arriva la conferma che si tratta di una scelta prudenziale. Secondo il relatore della manovra, l’anticipo tramite previdenza complementare era stato concepito come un esperimento, ma è stato ritenuto troppo oneroso in prospettiva. L’idea di fondo di una maggiore flessibilità resta però sul tavolo, con l’impegno a valutare in futuro una norma specifica.

Aumentano i tagli all’anticipo pensionistico per i lavoratori precoci

Lo stop all’anticipo con i fondi complementari si inserisce in un contesto più restrittivo per le uscite anticipate. L’emendamento rafforza infatti i tagli alle risorse destinate all’anticipo pensionistico dei lavoratori precoci. Per questa categoria, che può andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica se sono rispettati determinati requisiti, le decurtazioni aumentano nel tempo. Dopo i tagli già previsti nella versione originaria della manovra, le risorse vengono ridotte ulteriormente fino a raggiungere una decurtazione di 190 milioni di euro annui dal 2034.

Si tratta di lavoratori che hanno iniziato a versare contributi molto giovani e che rientrano in situazioni di particolare tutela, come disoccupazione, assistenza a familiari, invalidità o svolgimento di lavori usuranti. L’intervento riduce quindi lo spazio finanziario destinato a questa forma di pensionamento anticipato.

Silenzio assenso e previdenza complementare dal 2026

Paradossalmente, mentre viene cancellata la possibilità di usare i fondi complementari per anticipare la pensione di vecchiaia, la manovra rafforza il ruolo della previdenza integrativa su un altro fronte. Dal 1° luglio 2026 viene introdotto un meccanismo di adesione automatica, il cosiddetto silenzio assenso, per i lavoratori dipendenti del settore privato di prima assunzione.

In assenza di una scelta esplicita, il lavoratore verrà iscritto automaticamente a una forma di previdenza complementare, con la possibilità di rinunciare entro sessanta giorni. L’obiettivo è ampliare la platea degli iscritti ai fondi pensione, rafforzando il secondo pilastro del sistema previdenziale.