Che cos’è e come funziona il valore minimo del canone di affitto

Il valore minimo del canone d'affitto è stato introdotto dalla Legge Finanziaria 2005 e serve per escludere degli accertamenti fiscali automatici

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 2 Ottobre 2019 15:38Aggiornato: 15 Marzo 2024 14:56

Il canone minimo di locazione (affitto) è quella soglia che permette di non subire accertamenti fiscali automatici da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Scopriamo ora insieme quale è la formula per calcolare questo valore minimo del canone di affitto e come applicarlo all’interno del contratto di locazione, cioè quello stipulato tra un locatore (il proprietario dell’immobile, che metta a disposizione il godimento del bene per un determinato periodo) e un locatario (la persona che prende in affitto il bene e che, pertanto, lo sfrutta temporaneamente pagando un giusto corrispettivo).

Valore minimo del canone di affitto: in quali casi è applicabile

Il canone di affitto di un fabbricato è considerato un importante valore fiscale, sia ai fini delle imposte dirette che di quelle indirette. Il valore minimo del canone di locazione, che consente di escludere accertamenti fiscali automatici, è stato definito dalla Legge Finanziaria 2005 (Legge n. 344 del 30/12/2004) per limitare i casi di omissione di materia imponibile al fine di pagare imposte ridotte sull’abitazione e, inoltre, per evitare canoni al di sotto del valore immobiliare del locale in affitto.

Il mancato rispetto del canone di locazione minimo comporta l’accertamento degli affitti dichiarati sia per quanto riguarda le imposte di registro che l’imposta sul reddito delle persone fisiche e giuridiche.

Il valore minimo del canone d’affitto è applicabile agli immobili di tipo abitativo, cioè a tutti quelli inseriti nella categoria catastale A ad eccezione però degli immobili A10 (uffici e studi privati). Nello specifico, il canone minimo di locazione è applicabile per: abitazioni di tipo signorile; abitazioni di tipo civile; abitazioni di tipo economico; abitazioni di tipo popolare; abitazioni di tipo ultrapopolare; abitazioni di tipo rurale; abitazioni in villini; abitazioni in ville; castelli; palazzi di eminenti pregi artistici o storici; abitazioni e alloggi tipici dei luoghi.

Come si calcola il valore minimo del canone di affitto

Sulla base di quanto stabilito dalla Legge Finanziaria del 2005, come già abbiamo avuto modo di accennare, l’Amministrazione non è quindi autorizzata a esercitare attività di accertamento, né ai fini dell’imposta di registro né ai fini delle imposte sui redditi, quando la base imponibile risultante dal contratto di affitto di un immobile risulta superiore a determinate soglie.

Per quanto riguarda nello specifico l’imposta di registro, regolata dal nuovo articolo 52-bis, non è soggetto ad accertamento amministrativo quel canone di affitto annuo stabilito per contratto in misura non inferiore al 10% del valore catastale dell’immobile calcolato sulla base della valutazione automatica. Il valore dell’immobile viene calcolato moltiplicando la rendita catastale per i coefficienti di rivalutazione stabiliti dalla legge, i quali sono soggetti ad aggiornamento periodico da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze al fine di mantenere il valore dell’immobile allineato ai prezzi correnti.

A titolo puramente di esempio, quindi, in riferimento a un immobile con valore pari a 120 mila euro dato in locazione, l’Amministrazione non può esercitare la sua azione di accertamento se il canone di affitto è pari, da contratto, ad almeno mille euro mensili (12 mila euro annui, pari per l’appunto al 10% del valore dell’immobile).

Per quanto riguarda, invece, le imposte sui redditi, la procedura di accertamento da parte dell’Amministrazione non scatta qualora i redditi di fabbricati, derivanti da locazione, siano stati dichiarati in misura non inferiore alla cifra corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del 15% (cioè l’85% del canone di locazione risultante da contratto) e il 10% del valore dell’immobile.

È bene precisare che, in presenza di canoni di affitto inferiori alla soglia minima individuata dalla Legge Finanziaria del 2005, si dà facoltà all’Ufficio delle Entrate di procedere ad accertamento, utilizzando i metodi ordinari, ai fini sia dell’imposta di registro che delle imposte sui redditi.

In caso di adeguamento o stipulazione di contratti con “canoni concordati” (cioè con un tetto massimo stabilito in base ad accordi territoriali tra le principali organizzazioni dei proprietari e degli inquilini), la legge ha specificato che le disposizioni precedenti sopracitate non si applicano.

Infine, nell’eventualità di un accertamento di locazione la cui registrazione sia stata omessa, salvo l’opportuna documentazione di una prova contraria, si presume che il rapporto di locazione sia esistito anche nei quattro periodi di imposta precedenti l’accertamento sopracitato, con un canone di affitto presunto fissato al 10% del valore catastale dell’immobile (valore ai fini dell’imposta di registro).