Case abusive, un fenomeno in crescita: quante sono e dove si concentrano

L'abusivismo edilizio cresce in Italia e i dati forniti dagli indicatori Bes parlano chiaro, Legambiente contrasta il condono, chiedendo azioni concrete come gli abbattimenti

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 5 Aprile 2024 10:39

In Italia, secondo i dati, l’abusivismo edilizio torna a crescere e il Ministro Salvini ha di recente promesso il condono con la pace edilizia. Legambiente non ci sta e si fa portavoce della necessità di contrastare questa piaga con azioni concrete. Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, in una nota diffusa sul sito, sottolinea che la vera pace edilizia si raggiunge affermando la legalità e accelerando gli abbattimenti delle case abusive, oltre a dare maggiori ruoli e responsabilità ai prefetti.

Abusivismo edilizio: l’allarme di Legambiente

La recente crescita dell’abusivismo edilizio in Italia è evidenziata non solo dai dati dell’Istat nel suo ultimo rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes), ma anche dai dati delle attività svolte dalle forze dell’ordine contro il ciclo illegale del cemento, raccolti nel Rapporto Ecomafia di Legambiente. Quest’ultimo segnala una crescita del 28,7% nel 2022 rispetto all’anno precedente.

È una situazione allarmante che richiede azioni decise. Legambiente ha espresso rammarico per il fatto che il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini non abbia coinvolto l’associazione nel dibattito sulla lotta all’abusivismo edilizio. Secondo l’associazione ambientalista, infatti, in un paese dove le ordinanze di demolizione degli immobili abusivi spesso faticano ad essere attuate, annunciare una nuova pace edilizia per sanare piccole difformità anziché combattere le cause profonde dell’abusivismo rischia solo di alimentare il fenomeno.

Le regioni del centro-sud, in particolare Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia, sono quelle più colpite dall’abusivismo edilizio. Il rapporto “Abbatti l’abuso” evidenzia che dal 2004 a dicembre 2022, solo il 15,3% delle demolizioni previste è stato effettivamente eseguito. Nei comuni costieri, il fenomeno del mattone illegale è diffuso, con un abuso registrato ogni 12 abitanti nelle isole minori.

La situazione delle regioni meridionali, definita insostenibile anche dall’Istat nel suo ultimo report, richiede interventi mirati e una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Legambiente ha ribadito la necessità di agire con fermezza e determinazione, accelerando gli interventi di demolizione delle case abusive e rafforzando il ruolo dei prefetti nel contrastare questo fenomeno diffuso e dannoso per l’ambiente e il territorio.

I dati sull’abusivismo edilizio nel rapporto del Bes

L’Indice di Abusivismo Edilizio (Abe) si configura come uno dei parametri fondamentali nel monitoraggio del dominio del “paesaggio e patrimonio culturale” del benessere socio-economico. Offre una misura diretta del deterioramento del paesaggio e rappresenta un’approssimazione del fenomeno più ampio del consumo di suolo, che costituisce una delle sfide più rilevanti per la sostenibilità ambientale e territoriale.

L’Abe viene definito come il numero di costruzioni abusive realizzate nell’anno di riferimento per 100 costruzioni autorizzate dai comuni. Questo indicatore è fornito dal Centro ricerche economiche sociali di mercato per l’edilizia e il territorio (Cresme), istituzione che svolge un ruolo chiave nel monitoraggio e nell’analisi del settore edilizio e territoriale.

L’indice di abusivismo edilizio fornisce una stima delle abitazioni abusive rispetto al totale di quelle regolarmente autorizzate ogni anno dai comuni, senza dare una valutazione diretta del numero assoluto di abitazioni illegali nell’intero Paese. Tale indice riflette solamente le nuove abitazioni costruite, tralasciando il conteggio complessivo delle abitazioni esistenti in Italia.

Visto il recente documento fornito dal Ministero dell’Economia, nella relazione sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (Bes), si è analizzata l’evoluzione dell’Abe nel periodo 2008-20022. Nel 2022, il dato provvisorio fornito dall’Istat ha indicato una marginale crescita dell’indicatore rispetto all’anno precedente (+0,1 punti), interrompendo così la tendenza decrescente osservata dal 2017 al 2021. Questo aumento, seppur modesto, è attribuibile principalmente alla variazione del numero di abitazioni illegali, che ha registrato una crescita significativa rispetto all’anno precedente (+9,1%).

L’effetto negativo legato al marcato aumento delle abitazioni illegali è stato mitigato solo parzialmente dalla crescita del numero di abitazioni legali autorizzate dai comuni (+8,2%). Questo ha portato ad una riduzione complessiva dell’indicatore, sebbene l’incremento delle costruzioni abusive abbia limitato tale miglioramento. L’analisi geografica dell’Abe ha evidenziato differenze significative nelle varie macro-aree del Paese, con una concentrazione maggiore di abusivismo edilizio nel Mezzogiorno, in contrasto con una maggiore impermeabilizzazione del suolo nelle regioni settentrionali.

La connessione con lo sfruttamento del suolo

L’analisi condotta, tra l’altro, riflette non solo il rispetto delle leggi edilizie, ma anche il fenomeno più ampio del consumo di suolo. L’urbanizzazione e la costruzione di nuovi edifici contribuiscono significativamente alla perdita di superfici agricole e naturali, con conseguenti impatti sull’ambiente e sul paesaggio. L’Abe fornisce solo una parte del quadro complessivo del consumo di suolo, che include anche la sua impermeabilizzazione, la perdita di habitat naturali e il degrado ambientale. Secondo i dati, l’indice di abusivismo è di circa tre volte superiore al centro rispetto al nord e di quasi 10 volte al sud e sulle isole.

Quante sono le case abusive in Italia e dove si trovano

Non esistono numeri ufficiali che quantifichino con precisione la portata di questa problematica. Stime risalenti al 2018 indicano che ci potrebbero essere circa 50,000 abitazioni occupate illegalmente, principalmente concentrate nei centri urbani più popolosi.

Secondo i dati forniti da Confedilizia nel 2023, l’occupazione abusiva è diffusa in tutto il Paese, anche se ci sono alcune città che presentano un numero maggiore di casi. A Roma, ad esempio, si stima che ci siano quasi 12,000 occupazioni illegali, di cui oltre 6,800 riguardano appartamenti di proprietà dell’edilizia pubblica. La situazione non è migliore in altre città: a Catania si contano circa un centinaio di occupazioni di immobili pubblici, 200 a Genova, 3,000 a Palermo, 24 a Torino e 19 a Venezia. A Reggio Calabria sono 110 gli alloggi occupati abusivamente da famiglie Rom.

A questa situazione si aggiunge il problema dei tempi lunghi per gli sfratti. In Italia, i tempi per rimuovere gli occupanti abusivi o per affrontare casi di morosità nell’affitto possono variare da due a sei anni, arrivando fino a sette anni se coinvolte famiglie con figli minori. Questa lentezza ha portato ad un cambiamento nel mercato immobiliare, soprattutto nelle città turistiche come Roma e Firenze, dove il 90% delle case in affitto sono state convertite in affitti turistici, meno rischiosi e più redditizi.

I dati emersi dal report “Abbatti l’abuso 2023” di Legambiente offrono uno sguardo inquietante sulla situazione dell’abusivismo edilizio in Italia, concentrandosi nelle regioni a rischio come Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia. Secondo questo studio, solo il 15,3% degli immobili abusivi soggetti a demolizione è stato effettivamente abbattuto dal 2004 a dicembre 2022.

Questo rappresenta solo il 24,5% del totale dei casi individuati dai 485 Comuni che hanno partecipato al monitoraggio civico promosso dall’associazione ambientalista. Considerando anche le risposte parziali, il numero totale delle ordinanze di demolizione emesse raggiunge quota 83.430, con una media di un’ordinanza ogni 310 cittadini.

Il rapporto mette in luce anche la significativa presenza del fenomeno del “mattone illegale” nei comuni costieri, dove si registra una media di 395,9 ordinanze di demolizione per comune, cinque volte superiore a quella nei comuni dell’entroterra. Nelle isole minori, l’abusivismo raggiunge livelli preoccupanti, con un caso ogni 12 abitanti, sebbene la percentuale di risposta attraverso le demolizioni si attesti al 20,5%.

La situazione non migliora nei sette Municipi di Roma che hanno fornito dati sull’abusivismo edilizio nei loro territori. Nonostante le 2.676 ordinanze di demolizione emesse, solo il 12,2% di esse è stato effettivamente eseguito

Bisogna andare indietro di qualche anno per avere una contezza del divario tra nord e sud rispetto al tema. Il rapporto Bes dell’Istat reso noto nell’aprile 2022 fa riferimento all’abusivismo edilizio rilevato nel 2021. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, è considerato un segnale positivo il calo dell’indice di abusivismo edilizio registrato nel 2020 e nel 2021, nonostante l’impatto negativo della pandemia sul settore delle costruzioni.

Scendendo nel dettaglio, nel 2021, la regione italiana con il più alto tasso di abusivismo edilizio era la Campania, con 48,8 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate dai comuni. Al secondo posto, con una percentuale pari, figuravano la Basilicata e la Calabria (47,7), seguite dalla Sicilia al terzo posto (45,8). Le regioni con l’indice più basso, invece, risultavano il Friuli-Venezia Giulia (3,2), il Trentino-Alto Adige (3,2), il Piemonte (4,1) e la Valle d’Aosta (4,1). Complessivamente, le regioni settentrionali presentavano una media di 4,3, quelle centrali 13,8 e quelle meridionali 39,2. Dai dati si evince quindi una disparità notevole distribuita regionalmente delle costruzioni abusive.