Crolla il valore delle abitazioni nei quartieri dove si estende la desertificazione commerciale. Gli effetti della chiusura, in numero crescente, dei negozi delle città italiane si fanno sentire inevitabilmente sul mercato immobiliare, soprattutto nelle aeree in cui l’impoverimento del tessuto economico è più evidente. Cala del 16% il prezzo delle case, secondo un nuovo studio di Confcommercio, che sottolinea le ripercussioni del fenomeno sulla sicurezza e la vita sociale dei contesti urbani.
La differenza di prezzo può arrivare anche al -39% se si paragona alle zone con una presenza maggiore di attività commerciali.
La desertificazione commerciale
La perdita di valore degli immobili nei quartieri in cui aumenta la desertificazione commerciale va di pari passo con la cessazione di 140mila esercizi nell’arco degli ultimi 12 anni, registrata dall’associazione delle imprese.
Lo studio di Confcommercio prevede entro il 2035 la chiusura di altri 114mila negozi nelle città italiane, per un totale del 20% di attività in meno, come sottolineato dal presidente Carlo Sangalli:
Il sistema distributivo italiano continua a pagare un prezzo alto per la fragilità della spesa delle famiglie: la domanda interna resta vulnerabile. Le attività economiche di prossimità sono parte dell’identità delle città e dei territori, generano lavoro, relazione sociale, qualità della vita. Bisogna reagire alla desertificazione commerciale, perché il declino urbano non è una battaglia di categoria, ma è una responsabilità condivisa tra territori, imprese, istituzioni. Serve una visione strategica e coordinata che consideri commercio, turismo e servizi nelle città come ‘bene comune’. Chiediamo al governo un’agenda urbana sul modello di altri Paesi
Il numero uno dell’associazione delle imprese è tornato a lanciare l’appello di politiche di incentivazione delle economie di prossimità, intervenendo a Bologna nella prima giornata dell’evento InCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono, con la presenza, tra gli altri, il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue Raffaele Fitto e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi
Il calo del valore delle case
Secondo l’indagine realizzata da Confcommercio, in collaborazione con la società di sondaggi e ricerche di mercato Swg, la scomparsa dei negozi nell’ultimo decennio è saltata all’occhio tra i residenti: il 55% degli italiani intervistati hanno infatti notato la chiusura di negozi di articoli sportivi, librerie e giocattoli, il 49% di abbigliamento, profumerie e gioiellerie, il 46% di ferramenta e arredamento, il 45% di alimentari.
Uno scenario che provoca tristezza nell’80% dei partecipanti al sondaggio, che nel 73% dei casi collega la desertificazione commerciale a un calo della qualità della vita.
Per il 64% dei rispondenti infatti attività di quartiere sono riconosciute come attivatori di socialità, garanzia di cura degli spazi pubblici (secondo il 62% delle persone interpellate) e presidi di sicurezza (60%).
Il 67% degli italiani ha affermato di preferire un numero maggiore di negozi di vicinato per ridurre gli spostamenti e il 68% vorrebbe una combinazione di piccole e medie attività così da avere più opzioni.
Circa metà degli intervistati, residenti in città con pressione turistica medio-alta, infine, denuncia l’impatto del turismo sulla presenza sbilanciata di attività del settore della ristorazione e sull’aumento dei prezzi per gli abitanti a causa degli affitti brevi.