Vino, frutta e verdura più cari: perché i prezzi continuano a salire in Italia e in tutta Europa

Crisi climatica e agricoltura: la scarsità d'acqua e i costi di adattamento mettono sotto pressione il Made in Italy e i consumatori

Foto di Federica Petrucci

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Pubblicato:

Si sta registrando progressivamente un aumento dei prezzi di vino, frutta e verdura, che non può essere letto soltanto come effetto immediato dell’inflazione o dei rincari energetici. Si tratta infatti di un trend che affonda le proprie radici in un cambiamento strutturale, legato alla crisi climatica, alla scarsità idrica e ai costi crescenti di adattamento delle aziende agricole.

I beni che un tempo erano considerati primari nelle tavole europee – vino a basso prezzo, frutta di stagione e verdure disponibili in abbondanza – oggi sono difficili da produrre e costano di più. E a pagarne le conseguenze sono inevitabilmente i consumatori.

Come la crisi climatica sta facendo aumentare i prezzi di vino, frutta e verdura

La crisi climatica non è più una proiezione futura: è in corso da tempo. Ondate di calore, siccità prolungate, precipitazioni irregolari e incendi hanno un impatto diretto sulle coltivazioni. Secondo le analisi della Banca Europea per gli Investimenti (EIB) e della Commissione Europea, entro il 2050 le perdite annuali medie dei raccolti nell’Unione europea potrebbero crescere fino a due terzi, raggiungendo un valore di 24,8 miliardi di euro.

Le aree più colpite saranno proprio quelle del Mediterraneo – Italia, Spagna e Grecia – dove i giorni di siccità estrema rischiano di aumentare di nove volte rispetto al 1990.

Il caso del vino

Il settore vitivinicolo, simbolo del Made in Italy e delle economie agricole mediterranee, è in prima linea in questa trasformazione. L’esempio di Boutaris, produttore greco, è emblematico: ha investito 250.000 euro in sistemi di irrigazione e ora prevede ulteriori 200.000 euro per progetti di adattamento su 40 ettari di vigneti a Santorini.

Le strategie spaziano dall’installazione di sistemi di irrigazione e bacini di accumulo d’acqua, alla piantumazione di vegetazione per trattenere umidità e abbassare le temperature, fino alla ricerca di terreni più alti o varietà di uva resistenti al caldo estremo. Ma ogni innovazione ha un costo, e per i produttori la soluzione è una sola: trasferire questi costi sui consumatori.

Non a caso, gli stessi operatori del settore avvertono che – proprio per questi motivi – il vino a basso prezzo sarà sempre più raro. Paesi che storicamente hanno garantito bottiglie accessibili – come Spagna, Grecia e sud della Francia – non riescono più a competere sui listini.

Cosa c’è dietro al caro-prezzi di frutta e verdura

Anche frutta e verdura soffrono gli effetti delle siccità ricorrenti. In Spagna, Italia e Portogallo – che riforniscono gran parte dell’Europa, soprattutto durante l’autunno e l’inverno – le temperature elevate e la scarsità d’acqua hanno fatto schizzare i prezzi.

Gli esperti sottolineano che adattarsi è possibile, ma estremamente oneroso. Dai sistemi di irrigazione alle serre tecnologiche, dalle nuove varietà di semi alla costruzione di infrastrutture di stoccaggio, ogni passo comporta nuovi investimenti.

Le grandi aziende e i marchi internazionali possono reggere la sfida, ma per le piccole aziende familiari (tra le più diffuse in Italia), soprattutto nel Mediterraneo, le spese sono insostenibili. Molte fattorie vengono abbandonate, altre riconvertite a colture meno idro-esigenti, mentre alcuni terreni finiscono nelle mani di fondi d’investimento che li trasformano in impianti fotovoltaici.

L’effetto sui consumatori: più caro tutto il carrello della spesa

Per i cittadini la conseguenza è chiara: i prezzi degli alimenti freschi e delle bevande aumentano più dell’inflazione generale. Nei prossimi cinque anni il costo di vino, olio d’oliva, frutta e verdura continuerà a crescere.

Questo significa che non saranno più beni “popolari”, ma prodotti da pagare sempre più a caro prezzo.