I danni alla salute dello smart working: cosa si rischia

Secondo un'analisi del giornale statunitense 'The Hill' l'aumento della sedentarietà provocato dal lavoro da remoto porta a danni alla vista e altre malattie

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

L’inevitabile esplosione dello smart working durante la pandemia ha rivoluzionato il mondo del lavoro, portando a un’accelerazione sull’adattamento dei modelli organizzativi delle aziende all’attività da remoto. Un fenomeno che ha avuto una crescita sempre più rapida, ma spesso senza essere accompagnato dall’adozione di adeguate precauzioni rispetto alla nuove condizioni lavorative, che hanno portato invece ad assumere abitudini dannose per la salute, dalla postura davanti al pc alla sedentarietà. Secondo un’analisi della testata statunitense ‘The Hill’, questi comportamenti potrebbero presto presentare il conto in termini di conseguenze sul peso, sulla vista e nello sviluppo di altre malattie.

L’analisi sui danni alla salute dello smart working

Dall’approfondimento del giornale politico americano emerge, infatti, come il lavoro a distanza sia collegato a disturbi del sonno, trombosi, accumulo di stress e problemi di natura mentale.

Basandosi sui dati del Pew Research Center, ad esempio, a marzo del 2023 ancora circa 22 milioni di americani lavoravano completamente da remoto (qui abbiamo parlato della proroga dello smart working dallll’1 luglio, ma solo per i lavoratori fragili). Una condizione che negli Usa come nel resto del pianeta si somma a una sedentarietà diffusa e che a lungo termine è causa di diverse malattie.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, già nel 2008, circa il 31% delle persone nel mondo di età pari o superiore a 15 anni erano “insufficientemente attive fisicamente” e ogni anno sono circa 3,2 milioni le morti correlate alla sedentarietà.

Stando a un sondaggio compiuto nel 2022 da Upright, un’app che promuove comportamenti corretti per la salute della schiena, in media un lavoratore da remoto percorre solo 16 passi dal proprio letto alla sua postazione e la metà degli intervistati appartenenti a questa categoria ritiene che il proprio movimento durante la giornata lavorativa si sia ridotto del 50% o più nell’ultimo anno.

Dati in linea con un’analisi del 2021 della Stanford University, che ha rilevato come tra il 2007 e il 2016 il tempo medio trascorso stando seduti dagli adulti negli Stati Uniti è aumentato da 5,5 a 6,4 ore al giorno, arrivando ad aprile del 2020 a più di otto ore al giorno per il 40% degli americani.

I maggiori rischi per la salute

Tra i rischi maggiori per salute derivati da uno stile di vita prevalentemente sedentario, riportati dal quotidiano ‘The Hill’, ci sono i coaguli di sangue: stare seduti per troppo tempo può aumentare la possibilità di sviluppare problemi come trombosi venose, che può viaggiare fino ai polmoni causando anche embolie polmonare o un blocco del flusso sanguigno.

Un’altra conseguenza per la salute dei lavoratori da remoto è rappresentata dall’aumento di peso che può portare ad accrescere la resistenza all’insulina, con le conseguenti possibilità di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete.

Una delle prime ripercussioni del passare troppo tempo di fronte a uno schermo, infine, riguarda il peggioramento della vista e l’insorgenza di frequenti emicranie. Secondo un’indagine condotta dall’azienda ‘All About Vision’, una persona che lavora da casa trascorre in media 13 ore al giorno a guardare uno schermo al giorno, che si tratti di laptop, telefono o televisione, oltre due ore in più rispetto a quello che il lavoratore medio trascorre ne suo ufficio fissando uno schermo. Questo si può spiegare soprattutto con la necessità di chi è in smart working di dover comunicare con superiori, colleghi e clienti attraverso un uso maggiore di videochiamate, rispetto a chi in sede può parlare con il proprio interlocutore in presenza.

Da quanto emerge da un sondaggio condotto su 2mila lavoratori a domicilio e ibridi, come riportato dalla testata statunitense ‘The Hill’, la metà dei lavoratori da remoto ha riferito di aver sperimentato un aumento dell’affaticamento degli occhi durante il primo anno della pandemia (qui le novità sullo smart working nel Dl lavoro).