In una recente sentenza la Corte di Cassazione ha ribadito che le aziende possono legittimamente licenziare i lavoratori che non dimostrano una produttività e un impegno minimi. Il licenziamento per scarso rendimento è quindi legale, anche se ha dei precisi limiti che le imprese devono rispettare perché sia accettabile.
Spesso però questi parametri risultano difficili da individuare, soprattutto perché il lavoratore dipendente difficilmente è unico responsabile del risultato da anche soltanto una parte dell’impresa in cui lavora. La Cassazione ha comunque ribadito alcune linee guida per orientare le imprese che vogliono intraprendere questo tipo di iniziativa nei confronti di un proprio dipendente.
La sentenza della Cassazione sul licenziamento per scarso rendimento
La Corte di Cassazione ha ribadito in una recente sentenza che per le imprese italiane è possibile licenziare un proprio dipendente per “pigrizia”. Il nome tecnico di questa procedura è “licenziamento per scarso rendimento”, una pratica solitamente molto complessa da applicare. Nelle aziende infatti è difficile individuare i precisi parametri di produttività di un singolo lavoratore e, di conseguenza, diventa complesso dimostrare la “pigrizia” del dipendente che si vuole licenziare.
Nel caso specifico trattato nella sentenza, il lavoratore si era assentato per lunghi periodi chiedendo un’esenzione dal lavoro per malattia. Sul posto di lavoro inoltre, aveva una produttività bassa data da una prestazione lavorativa ritenuta insufficiente dai suoi datori di lavoro. Questo ha comportato un licenziamento per scarso rendimento contro cui è stato fatto ricorso fino al terzo grado di giudizio.
I giudici hanno quindi ritenuto legittimo il licenziamento, confermando che questa norma è applicabile, anche se i casi in cui le aziende possono usufruirne sono pochi e molto specifici. La stessa sentenza della Cassazione ha ricordato, precisandoli, quali siano i parametri che identificano lo scarso rendimento di un lavoratore dipendente, tale da giustificarne il licenziamento.
Quali sono i parametri per licenziare i lavoratori pigri
Secondo quanto scritto nella sentenza dalla Corte di Cassazione quindi, alla firma di un contratto un lavoratore dipendente si impegna: “Alla messa a disposizione del datore delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti, con la conseguenza che il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento. Ove, tuttavia, siano individuabili dei parametri per accertare che la prestazione sia eseguita con la diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore il discostamento dai detti parametri può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione.”
Non esistono quindi parametri esatti. Il mancato raggiungimento di un risultato ad esempio non costituisce giusta causa per un licenziamento per scarso rendimento. Si tratta quindi di un concetto leggermente più vago, con margini sia da parte del dipendete che da parte dell’azienda nell’interpretazione di cosa significhi il rendimento richiesto.
L’Italia ha comunque un problema di produttività del lavoro. Tra il 1995 e il 2022 ad esempio, in Europa questo dato è cresciuto del 1,3%, mentre in Italia soltanto dello 0.5%. Cifre che assumono un’ulteriore gravità nel contesto globale in cui l’Ue sta perdendo terreno proprio in fatto di produttività. Negli ultimi mesi sembra che le aziende italiane vogliano recuperare in questo campo soprattutto aumentando le assunzioni.