Abolire il precariato? Si se puede. L’ esempio arriva proprio dalla Spagna che con la riforma del lavoro dichiara guerra alla precarietà. I numeri non lasciano spazio ad interpretazioni: ad aprile è record di contratti stabili, 700 mila, in pratica quasi un contratto su due, il 48%.
Abolire il precariato? Se puede
Nel mese di dicembre erano il 10%, il 15% a gennaio, il 22% febbraio per arrivare al 31% a marzo. Nei primi quattro mesi sono triplicati sul 2021. “La riforma del lavoro funziona e ha cambiato il paradigma delle assunzioni nel Paese”, sottolinea con soddisfazione la ministra del Lavoro e vicepremier Yolanda Díaz che parla di “dati senza precedenti. Ci hanno detto che non era possibile. E invece, sí se puede! “
Dopo aver sistemato la questione rider con la definizione di una legge nel 2021, l’introduzione nel 2020 di un reddito minimo vitale e l’aumento del salario minimo legale, la Spagna gioca d’anticipo anche sulla ridefinizione di un quadro di regole nel mercato del lavoro, messo a durissima prova dalla pandemia.
Dati senza precedenti
Quattro, in particolare, gli obiettivi della riforma (che pur non abrogando completamente la precedente “Rajoy” del 2012 la rivede negli aspetti fondamentali), frutto di un lungo lavoro di mediazione tra sindacati maggioritari Ugt e Ccoo e l’associazione degli industriali spagnoli Ceoe: riconfigurare la gerarchia dei processi di contrattazione; definire regole più stringenti sui lavoratori impiegati medianti processi di esternalizzazione; ridurre drasticamente la quantità di lavoro temporaneo; normalizzare lo strumento delle integrazioni salariali (Erte).
Roma guarda a Madrid
Asse portante della riforma, appunto, la riduzione della precarietà del mercato del lavoro spagnolo, sulla quale Bruxelles spingeva da tempo tanto da vincolarlo all’approvazione del Next generation plan (Madrid destinerà il 3,4 per cento dei fondi del PNRR spagnolo, pari a oltre 2,300 miliardi). Triplice il piano di intervento: ossia netta limitazione delle forme di esternalizzazione del lavoro mediante appalti a imprese multiservizi (contratti interinali), adeguamento dei salari dei lavoratori esternalizzati a quelli dei lavoratori interni coinvolti e riduzione a tre delle precedenti molteplici forme contrattuali a tempo determinato.
La riforma stuzzica non poco il Ministro del Lavoro Orlando che ha più volte incontrato la collega spagnola ma sa di dover fare prima i conti con una maggioranza tutt’altro che coesa ma soprattutto con il record di contratti a termine che si registrano nel nostro Paese, più di 3 milioni. Segno che bisogna intervenire. E anche in fretta.