Pensiamo ai giovani che, dopo aver ottenuto il diploma, cercano qualche lavoretto estivo con cui mettere da parte i primi guadagni personali, ma pensiamo anche a chi – dopo aver perso l’occupazione o non trovando proposte di lavoro più attrattive come un contratto a tempo determinato e full time – opta per effettuare prestazioni occasionali.
La domanda potrebbe sorgere spontanea, magari dopo essersi consultati con un amico o conoscente e non aver trovato una risposta esauriente o in grado di fugare ogni dubbio: al superamento del fatidico limite dei 5.000 euro di compensi, colui o colei che svolge prestazioni occasionali deve aprire la partita Iva? Inoltre, vi sono obblighi di natura previdenziale in gioco?
Nel quotidiano frequentemente si sente dire che, se non si superano i 5mila euro lordi di ricavi annui, non c’è bisogno di aprire la partita Iva, ma è davvero così? E, come appena accennato, superata questa ‘asticella’ ci si deve iscrivere a una gestione previdenziale?
Di seguito ne parleremo, proprio per capire entro quali limiti il prestatore può muoversi, rispettando la legge ed evitando così rischi di sanzioni per non aver adempiuto agli obblighi normativi. Ma, anche per inquadrare il contesto di riferimento, coglieremo l’occasione per ricordare, in estrema sintesi, cosa sono partita Iva e prestazioni occasionali. Ecco cosa sapere.
Indice
Cos’è la p. Iva in breve e a cosa serve
Specialmente i giovanissimi o coloro che intendono cambiare occupazione dopo anni di lavoro alle dipendenze, potrebbero non sapere esattamente cos’è la partita Iva. Quest’ultima altro non è che un codice alfanumerico e identificativo, attribuito dall’Agenzia delle Entrate alle società e alle persone fisiche, ossia a chi svolge un’attività di impresa o di lavoro autonomo. Grazie al possesso della partita Iva il titolare dell’attività può lavorare in piena conformità alla legge e pagare le tasse.
Nel nostro paese la partita Iva è obbligatoria per effettuare qualsiasi attività di impresa o di lavoro autonomo in modo continuativo – pensiamo ad es. alle attività degli architetti, dei medici, degli avvocati o dei negozianti.
In altre parole, bisogna aprirla se si vuole svolgere un’attività abituale o periodica in quanto, in Italia, chiunque abbia un’attività economica di questo tipo deve essere soggetto al versamento delle imposte sui redditi che scaturiscono da tale attività. Ed infatti la partita Iva ha la funzione di gestire e dichiarare i redditi prodotti, in maniera conforme alla legge.
Inoltre, non dimentichiamo che il Fisco impone che tutte le attività economiche abituali siano registrate e monitorate. La partita Iva infatti permette alle autorità di effettuare controlli e verifiche, al fine di contrastare l’evasione fiscale e altri abusi.
Cos’è il lavoro occasionale in breve
Le prestazioni occasionali costituiscono una forma di lavoro autonomo, che si caratterizza per la saltuarietà e la sporadicità. Sul piano normativo, tali prestazioni trovano disciplina all’art. 2222 del Codice Civile. In esse non troviamo il vincolo tipico del lavoro subordinato, in quanto il prestatore deve operare in maniera autonoma, senza obblighi di orario ed eterodirezione. Inoltre il lavoratore decide in libertà modalità e tempi di lavoro, conservando indipendenza operativa. Per questo le prestazioni occasionali non vanno mai confuse con il part time o con il co.co.co.
Tra le possibili prestazioni occasionali abbiamo ad esempio quelle di chi studia ingegneria informatica e, durante l’anno, per pagarsi l’università, realizza siti web con compensi di alcune centinaia di euro. Ma è anche il caso del fotografo che viene ingaggiato per scattare foto a un evento singolo, come un matrimonio o una festa aziendale, o dell’artista che realizza una singola opera d’arte su commissione, come un dipinto, una scultura o un’illustrazione. Anche i lavori di giardinaggio, manutenzione o pulizia, e le ripetizioni private rientrano in questa categoria, a patto di essere svolte con il carattere della saltuarietà.
In questi casi, inoltre, non è richiesta la fattura, infatti anche se nel linguaggio comune spesso si parla di fattura senza partita Iva, il documento da rilasciare al cliente/committente è una semplice ricevuta di pagamento.
Sopra il tetto dei 5.000 euro di ricavi bisogna aprire la partita Iva?
Dopo queste precisazioni utili ad inquadrare il contesto di riferimento, rispondiamo alla domanda iniziale: in caso si svolgimento di una prestazione occasionale per un certo committente o azienda cosa succede se durante l’anno sono superati i 5.000 euro? Il prestatore deve aprire una partiva Iva per non rischiare multe o sanzioni?
Ebbene, il limite dei 5.000 euro è un falso mito, un vincolo in realtà inesistente visto che superarlo in sé non fa scaturire il dovere di apertura della partita Iva. A definire lo spartiacque tra obbligo e assenza di obbligo è infatti non il compenso, ma il carattere della saltuarietà e non continuatività.
In altre parole, la necessità di munirsi della partita Iva sorge al di là dell’ammontare dei compensi percepiti, che infatti potrebbero anche essere più bassi di 5mila euro. A far scattare l’obbligo è invece la stabilità, l’abitualità e la continuità dell’attività autonoma di chi – professionalmente e in modo organizzato (ad es. aprendo un sito web ad hoc o uno studio) – di fatto diventa un soggetto Iva, a prescindere dall’entità dei ricavi conseguiti.
Obbligo iscrizione Gestione separata Inps
Tuttavia ricevere compensi per attività occasionali al di sopra dei 5mila euro annui, anche per prestazioni verso più committenti, fa scaturire un diverso obbligo di natura previdenziale. Ci riferiamo all’iscrizione alla Gestione Separata Inps, necessaria per il prestatore.
In particolare, sui compensi che superano la citata soglia dei 5.000 euro annui lordi – e non sull’intero importo dei redditi da prestazioni occasionali – dovrà essere pagata la contribuzione previdenziale, con quota pari a:
- 1/3 a carico del lavoratore
- 2/3 a carico del committente/azienda
Gli importi inferiori a 5.000 euro lordi percepiti nell’anno a titolo di prestazione di lavoro autonomo occasionale sono, quindi, esclusi dalla contribuzione previdenziale ed il limite dei 5.000 euro lordi è da intendersi cumulativo rispetto ai compensi percepiti da più committenti.
Per completezza, ricordiamo infine altresì che il contratto di lavoro autonomo occasionale non ha un limite massimo di durata del rapporto nell’anno, corrispondente a 30 giorni – come spesso erroneamente si crede.