Uno studio della Cgia fotografa le condizioni dei lavoratori in Italia, misurando il “benessere aziendale” attraverso 10 indicatori chiave. Dallo studio emergono forti differenze tra le regioni italiane. Per farlo, sono stati analizzati 10 parametri, dal tasso di occupazione alla precarietà, dagli infortuni mortali alla soddisfazione per il lavoro svolto. Ad ogni regione è stato assegnato un punteggio da 0 a 100 per ciascun indicatore, creando poi una classifica finale tramite una media semplice.
Gli indicatori
La Cgia ha analizzato quali sono le regioni più “felici” dal punto di vista lavorativo, con Valle d’Aosta e le Province Autonome di Trento e Bolzano in testa mentre quelle del Sud sono in coda alla classifica. Ma cosa rende una regione più attraente per il benessere lavorativo? Il Centro Studi ha misurato il “benessere aziendale” attraverso 10 indicatori chiave:
- occupati in lavori a termine da almeno 5 anni;
- tasso di occupazione (20-64 anni);
- occupati sovraistruiti;
- occupati non regolari;
- soddisfazione per il lavoro svolto;
- percezione di insicurezza dell’occupazione;
- part time involontario;
- occupati che lavorano da casa;
- tasso di mancata partecipazione al lavoro;
- tasso di infortuni mortali e inabilità permanente.
Lavoro stabile, precario e irregolare in Italia
In relazione al numero di precari le situazioni più critiche registrate nel 2023 hanno interessato la Calabria e la Puglia entrambe con il 25,5 per cento, la Basilicata con il 25,7% e la Sicilia con il 27,9%. La Lombardia, invece, è la regione che con il 10,7% è la meno interessata da questo fenomeno.
Il tasso di occupazione più elevato è in capo alla Provincia Autonoma di Bolzano che è pari al 79,6%, in Valled’Aosta al 77,3 e in Emilia-Romagna al 75,9. Le situazioni meno virtuose le scorgiamo in Sicilia con il 48,7%, in Campania e in Calabria entrambe con il 48,4.
Il lavoro irregolare è presente soprattutto nel Mezzogiorno, con punte ogni 100 occupati del 16% in Sicilia, del 16,5% in Campania e addirittura del 19,6% in Calabria. Il livello più contenuto, invece, lo scorgiamo nella Provincia Autonoma di Bolzano con il 7,9%.
Le regioni migliori per soddisfazione e sicurezza del posto di lavoro
La soddisfazione per il proprio lavoro – vale a dire l’appagamento per il livello di retribuzione ottenuto, le ore lavorate, la stabilità del posto, l’opportunità di carriera, la distanza casa/lavoro, etc. – tocca la punta più elevata del 61,7% in Valle d’Aosta. Seguono con il 61,1% nella Provincia Autonoma di Trento e con il 60,5% nella Provincia Autonoma di Bolzano.
Il livello di soddisfazione più basso si attesta al 41,2% e riguarda la Campania. In Italia praticamente un occupato su due non è soddisfatto del lavoro che svolge (per la precisione il 51,7% del totale).
Dove si trova maggior flessibilità
Il tema della flessibilità racconta due storie opposte. Da una parte, c’è il part-time involontario, accettato per mancanza di alternative, che rappresenta una realtà diffusa e critica in regioni come la Sicilia (14,8%), la Sardegna (14,7%) e il Molise (13,8%); all’estremo opposto, la Provincia Autonoma di Bolzano, con un misero 3,8%, si conferma la realtà più virtuosa di questa triste classifica.
Dall’altra parte, c’è una flessibilità più desiderata, come lo smart working, che rimane però un’opportunità per pochi e concentrata al Centro-Nord: è il Lazio a farne maggior ricorso (20,9%), seguito da Lombardia (15,6%) e Liguria (14,9%), mentre in Puglia ne beneficia appena il 5,4% degli occupati.
Infine, il tasso di rinuncia al lavoro – che indica chi non lavora né cerca occupazione – è un termometro della sfiducia: in Sicilia (32,6%), Campania (32,3%) e Calabria (32,1%) circa un terzo della forza lavoro potenziale è inattiva, un dato che a Bolzano crolla a un minimo del 3,5%.